Duplice rivoluzione, nel ddl finanziaria 2008, per i paradisi fiscali. Cambia il criterio per la loro individuazione (che diviene esclusivamente quello dello scambio di informazioni) e cambia l'impostazione metodologica, con l'adozione di elenchi ( «white list») che individuano i Paesi "critici" per esclusione, anziché per espressa menzione come avviene attualmente. Le novità sono destinate a incidere sulle ormai numerose materie nelle quali il legislatore tributario fa rinvio alle vigenti «black list»: al termine di un periodo transitorio di cinque anni, risulteranno sensibilmente mo-dificati, sul piano territoriale, la disciplina di dividendi esclusi e plusvalenze esenti; le presunzioni di residenza fiscale dei trust e dei cittadini italiani trasferiti all'estero; il regime delle «Cfc» e quello della deducibilità dei costi per operazioni intercorse con imprese o professionisti esteri.
L'innovazione più sostanziale è rappresentata dall'adozione di un criterio unico –quello dell'esistenza di un «effettivo scambio di informazioni» – per l'individuazione di quegli Stati o territori che, per decreto ministeriale, entreranno a far parte della nuova «white list». Scompare, cioè, il criterio del «livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia» e, con esso, il riferimento ad altri criteri equipollenti. In questo senso, la posizione italiana si allinea a quella adottata dall'Ocse in materia di Harmful Tax Competition, a partire dal Progress Report del 2001, e consistente nell'attribuire un ruolo centrale ai requisiti della trasparenza e della collaborazione amministrativa. Potrebbero risultarne premiati i Paesi che, pur connotati da una fiscalità più favorevole, siano legati all'Italia da una convenzione fiscale bilaterale che preveda lo scambio di informazioni senza alcun limite. È il caso, ad esempio, di Malta, Mauritius, Corea del Sud ed Emirati Arabi Uniti, che compaiono attualmente nel Dm 21 novembre 2001 (riferito alle «Cfc») ma che potrebbero invece rientrare nella futura «white list», su basi analoghe a quelle che hanno condotto alla loro inclusione nel Dm 4 settembre 1996,relativo all'esonero da ritenute alla fonte su taluni redditi di capitale. Viceversa, ne risulterebbero penalizzati quegli Stati – come la Svizzera – che, per il livello "ordinario" del prelievo, sono inclusi solo parzialmente nelle attuali «black list» ma che, in presenza di uno scambio di informazioni limitato o escluso, potrebbero essere in futuro considerati alla stregua di paradisi fiscali "integrali".
Una seconda innovazione consiste nell'adozione di due «white list»: una riferita alla presunzione di residenza delle persone fisiche, l'altra a tutte le altre materie. I nuovi elenchi saranno destinati a sostituire integralmente, al termine del periodo transitorio,l'attuale sistema,fondato sulle «black list» adottate fra il 1999 e il 2002. La modifica, solo apparentemente formale, potrebbe incidere sui rapporti commerciali e finanziari con i numerosi Stati (Albania, Arabia Saudita, Giordania, Libia, Senegal, Nigeria, Cile e Perù, per fare solo qualche esempio) che non sono attualmente ricompresi in alcuna «black list» ma che, in assenza di accordi sullo scambio di informazioni, rischiano di essere esclusi dal futuro elenco dei Paesi "virtuosi".
L'impostazione delineata dal ddl sarà applicabile a partire dal periodo d'imposta successivo all'adozione delle nuove liste. È stato tuttavia previsto un periodo transitorio di cinque anni, nel corso del quale viene mantenuto, nella sostanza, l'assetto attuale. Il quinquennio consentirà agli operatori di adeguarsi allo scenario tracciato dalle nuove regole ma, soprattutto, si presta a favorire la stipula di nuove convenzioni, la modifica di quelle esistenti o, infine, a dare impulso all'adesione di nuovi Stati alla convenzione sull'assistenza reciproca in materia fiscale.


Fonte: Il Sole 24 Ore

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