Diritto di coabitazione con l'animale domestico.
Il nuovo art. 1138 cod. civ. dichiara espressamente che il regolamento condominiale non può contenere norme che vietino il possesso o la semplice detenzione di animali domestici in casa o, comunque, all'interno del condominio. Dal momento della sua entrata in vigore, la nuova norma non si limiterà a disciplinare i regolamenti condominiali futuri, ma al contrario si applicherà anche a quelli già in essere, facendo caducare tutti i divieti e le limitazioni vigenti.
Con la Riforma sul condominio (legge n. 220/2012) è stato modificato l’art. 1138 cod. civ., con l’introduzione un nuovo ultimo comma secondo cui «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici».
Dal momento in cui entrerà in vigore la nuova normativa (il 18 giugno 2013), nei regolamenti di condominio non potranno più essere inserite disposizioni volte a limitare il diritto di ciascun condomino a possedere o a detenere un animale familiare.
Ogni eventuale futura introduzione di clausole in contrasto con detto divieto si considererà come non apposta. Dubbi sono stati sollevati in ordine alla portata applicativa della nuova norma (se, cioè, essa possa valere anche per i regolamenti condominiali approvati prima della Riforma e tuttora in corso) ed alla sua derogabilità con delibere condominiali approvate all’unanimità. Nonostante la tesi contraria sia stata autorevolmente sostenuta, diverse ci sembrano le ragioni che inducono a sostenere l’inderogabilità e l’applicabilità anche ai regolamenti condominiali vigenti del nuovo art. 1138 cod. civ. Prima di procedere con la loro analisi, appare opportuno chiarire lo status quo anteriore all’approvazione della Riforma.
Divieti agli animali domestici nei condominii: la situazione ante Riforma
Prima dell’approvazione della Riforma in materia condominiale, spesso accadeva che i regolamenti contenessero limitazioni - più o meno estese - alla detenzione di animali all’interno delle abitazioni. L’opinione prevalente espressa in giurisprudenza le inquadrava nella categoria delle servitù, e più precisamente delle servitù reciproche, in quanto si trattava di clausole volte ad incidere sui diritti soggettivi dei singoli condomini, con la reciproca limitazione di poteri e facoltà sulle proprietà esclusive.
Da ciò conseguiva che tali disposizioni avessero natura contrattuale e, come tali, dovessero essere approvate e potessero essere modificate solo con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo ne cessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica.
Per tale ragione, il divieto di tenere animali domestici negli appartamenti non poteva essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti - non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva - ma poteva essere previsto solo in regolamenti condominiali di natura contrattuale, pena la loro inefficacia.
Fonte: IPSOA
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