Gli uffici dovranno riesaminare le violazioni da "omessa regolarizzazione" degli obblighi di fatturazione compiute al 31 marzo 1998, quando, cioè, era in vigore la vecchia normativa. Alla luce dell'orientamento della Cassazione, infatti, "il pagamento dell'imposta" nel caso in cui il cessionario o committente non abbia provveduto a mettere in regola le fatture inesatte o inesistenti, ha natura meramente sanzionatoria. Di conseguenza deve essere comparato con le sanzioni della nuova normativa al fine di individuare la disposizione più favorevole al contribuente.
E' questo, in sintesi, il chiarimento fornito dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 52/E del 2 dicembre, a seguito delle numerose pronunce della Corte di cassazione.

Vecchia e nuova disciplina
Fino al 1° aprile 1998 la sanzione applicata al cessionario o committente che aveva acquistato beni o servizi senza fattura (o con fattura irregolare) e non aveva provveduto a regolarizzare l'operazione, prevedeva "le pene pecuniarie previste dai primi tre commi, oltre al pagamento della imposta, salvo che la fattura risulti emessa" (articolo 41, comma 6, Dpr 633/1972).

Dopo tale data, a seguito della soppressione del citato articolo, è stata introdotta una nuova disciplina delle sanzioni in esame, in base alla quale "Il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell'altro contraente, è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al cento per cento dell'imposta, con un minimo di lire cinquecentomila, sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione" (articolo 6, comma 8, Dlgs 471/1997). La vigente disposizione, rispetto alla precedente, non contempla "il pagamento della imposta", quindi l'ufficio non deve più procedere al recupero del tributo nei confronti del cessionario (con un evidente minore aggravio per il contribuente).

La prassi
A chiarire la portata applicativa della nuova norma era intervenuta la circolare 23/E del 25 gennaio 1999, con cui l'Agenzia aveva precisato che per le violazioni commesse quando erano in vigore le precedenti disposizioni (fino al 31 marzo 1998), l'obbligo del "pagamento dell'imposta" permaneva a carico del cessionario, in quanto il recupero del tributo andava considerato un'imposizione fiscale e non una sanzione, per la quale si renderebbe applicabile il principio del favor rei.
(Si ricorda che tale principio prevede che se la legge in vigore al momento in cui è commessa una violazione stabilisce una sanzione di entità diversa dalla legge emanata successivamente, si applica la disposizione più favorevole al contribuente, a meno che la pena non sia definitiva).

L'orientamento della Cassazione
I giudici di legittimità, tuttavia, con numerose pronunce hanno espresso un diverso orientamento, da cui è emerso che il pagamento dell'imposta, in caso di fatture irregolari o inesistenti, ha natura sanzionatoria e, di conseguenza, non può essere sottratto alla disciplina del favor rei (Sezioni Unite 26126/2010 e 26217/2011; Cassazione 16437/2011, 14068/2011, 6149/2009, 16490/2008 e 5268/2005 ).
Sulla base del quadro giurisprudenziale, quindi, il fisco, nel caso di omessa regolarizzazione delle fatture, non deve procedere con l'avviso di rettifica per il recupero dell'imposta, ma deve comparare detto importo (insieme alle vecchie pene pecuniarie) con le sanzioni previste dalla nuova normativa (articolo 6, comma 8, Dlgs 471/1997) per individuare la disposizione più favorevole al contribuente.

La circolare in esame, di conseguenza, prendendo atto dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, invita gli uffici a riesaminare i contenziosi pendenti, al fine di applicare il principio del favor rei.


Fonte: Agenzia Entrate

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