La Corte richiama il proprio orientamento in base al quale la dichiarazione dei redditi del contribuente è in linea di principio emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Ciò in quanto la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria (Cfr. Cass. S.U. 15063/02). Il principio valido in linea generale non lo è peraltro in senso assoluto, dal momento che esso non consente la riformulazione ex novo della dichiarazione, non attribuisce al contribuente un potere illimitato di modificare e financo di revocare e sostituire la precedente dichiarazione. Esso deve più correttamente circoscriversi alla indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali (ad es. errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi), ovvero anche formali (concernenti la esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta) (cfr. Cass. 7294/14).

Sentenza n. 18757 del 5 settembre 2014 (udienza 10 giugno 2014)
Cassazione civile, sezione V – Pres. Piccininni Carlo – Est. Marulli Marco
Emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione dei redditi – Principio non valido in senso assoluto – Impossibilità di riformulare ex novo la dichiarazione – Individuazione dei limiti entro i quali è consentita l’emendabilità della dichiarazione

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