Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis del Dlgs 74/2000), che punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun periodo d'imposta, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai dipendenti/sostituiti, può essere fornita dal Pm anche mediante prove documentali, testimoniali o indiziarie.
In questi termini si è espressa la Cassazione penale, nella sentenza n. 20778 del 22 maggio, ribadendo, così, un principio della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenze 19454/2014, 33187/2013 e 1443/2012).

Un soggetto condannato a sette mesi di reclusione, perché ritenuto colpevole del reato di cui all'articolo 10-bis del Dlgs 74/2000, impugna in Cassazione la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello territoriale, per violazione del richiamato articolo 10-bis, atteso che i giudici del gravame avrebbero errato nel ritenere integrato il reato de quo, avendo il controllo fiscale interessato il solo modello 770/2014 (modello che contiene i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati, nonchè i dati contributivi previdenziali e assicurativi e quelli relativi all'assistenza fiscale prestata nell'anno 2013).
Invero, il ricorrente ritiene che la fattispecie delittuosa si realizza con il rilascio, ai dipendenti/sostituiti, della certificazione prevista dall'articolo 4 del Dpr 322/1998 (Cud), la cui assenza, nel caso di specie, comporta, pertanto, l'esclusione della fattispecie contestata per mancata integrazione del requisito oggettivo del reato.

La decisione della Cassazione
Per i giudici di piazza Cavour, il ricorso è infondato, nella considerazione che, sulla base dell'insegnamento delle sezioni unite della Corte suprema (sentenza 37425/2013), il rilascio della certificazione ai sostituiti da parte del sostituto d'imposta non è un elemento costitutivo del reato previsto dall'articolo 10-bis del Dlgs 74/2000, ma un mero presupposto.
Il meccanismo di riscossione dell'imposta mediante sostituzione - sistema attraverso cui l'Amministrazione finanziaria, in luogo della riscossione dell'imposta direttamente dal percettore del reddito (sostituito di imposta), incassa il tributo da un altro soggetto (sostituto d'imposta), che è quello che eroga gli emolumenti da tassare e che è tenuto al pagamento del tributo, in luogo del primo, da versare all'Erario - comporta l'adempimento di alcuni obblighi strumentali a carico del sostituto.

In particolare, quest'ultimo deve rilasciare ai propri dipendenti il Cud, previsto dall'articolo 4 del Dpr 322/1998, che certifica l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate, in modo da permettere al soggetto passivo di documentare e di dimostrare il prelievo subìto, nonché presentare, annualmente, una dichiarazione unica di sostituto d'imposta, dalla quale risultano tutte le somme pagate e le ritenute operate nell'anno precedente (modello 770).
Ne consegue che, trattandosi di un reato omissivo proprio, istantaneo e di mera condotta, integrato dal mero mancato compimento di un'azione dovuta, la fattispecie penalmente rilevante è integrata con la sola condotta omissiva, che si realizza con il mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun periodo d'imposta.

Tuttavia, anche laddove si dovesse ritenere necessario il rilascio del Cud per l'integrazione del reato de quo, la Corte di appello ha ritenuto che, nel caso di specie, il rilascio della certificazione fosse provato dalla testimonianza resa dal funzionario che ha relazionato sul contenuto delle dichiarazioni annuali, ossia sul modello 770, attribuendone espressamente la paternità all'imputato.
Pertanto, con riferimento alle attestazioni contenute nel modello 770, "…provenienti dallo stesso sostituto d'imposta nelle quali sono puntualmente indicate le certificazioni rilasciate ai sostituiti e sono riportati i dati circa le ritenute operate…non si pone tanto una questione di mancato rilascio delle certificazioni, quanto di ripartizione degli oneri probatori, incombendo al pubblico ministero di provare i fatti costitutivi dell'addebito contestato, tra cui, per quanto qui interessa, il rilascio delle certificazioni (onere che può assolvere pervia documentale, testimoniale o indiziaria)".

Di contro, è onere dell'imputato di provare, qualora il Pm abbia assolto alle proprie incombenze, come nel caso di specie, "…i fatti (estintivi o modificativi) che paralizzino la 'pretesa punitiva', con la conseguenza che la pura e semplice affermazione di non avere rilasciato le certificazioni ai sostituiti o di non aver retribuito i dipendenti, e di conseguenza neppure operato le ritenute, non è idonea all'assolvimento dell'onere probatorio a suo carico e dunque non lo esonera dalle responsabilità, al cospetto di prove documentali provenienti dallo stesso imputato o testimoniali, che a queste si riferiscano, che comprovino l'esatto contrario".

Osservazioni
Come è noto, a norma dell'articolo 23 del Dpr 600/1973, i sostituti d'imposta che corrispondono redditi di lavoro dipendente, di cui all'articolo 51 del Tuir, sono tenuti a operare, all'atto del pagamento, una ritenuta d'acconto dell'Irpef dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa e, a tal fine, rilasciano - entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte - un'apposita certificazione unica (Cud) attestante l'ammontare complessivo di dette somme, delle ritenute operate, e degli altri elementi indicati nell'articolo 4 del Dpr 322/1998.
La circostanza che il datore di lavoro non rilasci il Cud, se da un lato, non esonera il contribuente dal dichiarare, in base ai dati in proprio possesso, i redditi di lavoro dipendente e, conseguentemente, dall'eseguire il versamento delle imposte (se dovute), dall'altro, non tiene indenne il datore dall'eventuale incriminazione penale per omesso versamento di ritenute certificate, disciplinata dall'articolo 10-bis del Dlgs 74/2000 (in vigore dal 1° gennaio 2005), laddove venga fornita la prova documentale, testimoniale o indiziaria, dell'avvenuto rilascio della certificazione in parola.

Per completezza, si ricorda che la Cassazione ha recentemente precisato come, nel reato di omesso versamento delle ritenute certificate, la situazione di difficoltà finanziaria dell'imprenditore non costituisca una causa di forza maggiore tale da escludere la responsabilità penale prevista dal citato articolo 10-bis (sentenza 37528/2013).


Fonte: Agenzia Entrate

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