Al centro della controversia esaminata dai giudici Ue l’applicazione delle disposizioni sull’Iva comunitaria. In particolare, gli articoli 2, paragrafo 1, lettera c), 26, 62 e 63 della direttiva 2006/112/CE.
La società ricorrente, protagonista del contenzioso comunitario, in contrasto con quanto sostenuto dalla Amministrazione finanziaria della Bulgaria, afferma che la concessione a titolo gratuito di due appartamenti a due persone fisiche, che si impegnano a effettuare a proprie spese lavori di ristrutturazione e di provvedere al necessario arredamento, non costituisce base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Il procedimento principale
La società ricorrente è una società unipersonale a responsabilità limitata di diritto bulgara. Nel 2009, il socio amministratore acquistava, a titolo personale, due appartamenti a Varna. Successivamente concludeva contratti di locazione degli appartamenti in base ai quali venivano concessi dietro diritto reale di usufrutto alla società ricorrente. Quest’ultima, però, non era tenuta alla corresponsione di alcun canone di locazione, si impegnava a effettuare opere di ristrutturazione compreso l’arredamento che restavano a miglioria dell’immobile anche alla restituzione al proprietario. Nell’ottobre del 2010, l’ufficio delle Entrate emetteva un avviso di accertamento con cui sosteneva che la prestazione di servizi, di cui ai contratti di locazione, costituisse una operazione a titolo oneroso e pertanto soggetta all’imposta sul valore aggiunto, la cui base imponibile era costituita dal prezzo di mercato dei servizi resi. Ecco che allora, la società ricorrente proponeva un ricorso amministrativo per sostenere il titolo gratuito della prestazione e di conseguenza la non sussistenza degli elementi impositivi. A sua volta l’Amministrazione finanziaria bulgara eseguiva una ulteriore tornata di controlli per stabilire se fossero o meno fondate le osservazioni poste nel ricorso amministrativo. Un ulteriore risultato che ne è scaturito stabilisce che la data di effettuazione dell’operazione imponibile, in questo caso la prestazione di servizi, è quella di effettuazione della prestazione stessa. La questione controversa è tale anche in quanto il giudice del rinvio ha ritenuto errata la qualificazione effettuata ad opera dell’Ufficio delle Entrate in quanto il carattere oneroso della locazione non viene comprovato dalle condizioni stabilite negli stessi contratti. Per queste considerazioni il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione ai togati europei.

La questione pregiudiziale
Il giudice nazionale nel rivolgersi alla Corte di giustizia europea chiede di risolvere il dubbio interpretativo della normativa Iva, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c) della direttiva 2006/112/CE, circa l’assoggettamento a tale imposta nel caso di un contratto di locazione nel quale non venga previsto alcun corrispettivo e laddove l’appartamento concesso sia arredato e migliorato con opere di ristrutturazione. Migliorie e arredo che alla data di scadenza del contratto restano a beneficio dell’appartamento di cui il proprietario rientra in possesso.

Le osservazioni della Corte
I giudici europei hanno sottolineato che, per qualificare una prestazione di servizi come prestazione a titolo oneroso, occorre la sussistenza di un nesso diretto tra la prestazione di servizi e il corrispettivo, espresso in denaro, percepito dal soggetto passivo. Nella fattispecie della causa esaminata, trattandosi di una prestazione di servizi equivalente a una prestazione in natura,  si applica il ragionamento di cui alle attività con corrispettivo.  Nel caso di specie, una prestazione di servizi che andrà comunque a vantaggio del proprietario dell’appartamento, anche se soltanto dopo la scadenza del contratto di locazione, non può che essere assimilato a un contratto sinallagmatico secondo cui una parte si impegna nei confronti dell’altra a effettuare prestazioni reciproche.

Il verdetto finale
I giudici comunitari, al termine delle argomentazioni esaminate sui fatti di cui al procedimento principale, sono giunti alla conclusione che, secondo l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva del Consiglio 2006/112/CE, una prestazione di servizi che contempli la ristrutturazione e l’arredamento di un appartamento deve necessariamente considerarsi come effettuata a titolo oneroso. Questo laddove, come nel caso di specie, il prestatore di detti servizi, effettui gli per utilizzare l’appartamento per l’esercizio della propria attività commerciale. Non confuta tale posizione il fatto che non sia pattuito il pagamento di un canone mentre rileva che il proprietario alla scadenza del contratto recupera l’appartamento compreso di opere di ristrutturazione e di arredamento.


Fonte: Agenzia Entrate

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