La domanda di pronuncia pregiudiziale ha preso le mosse nell’ambito di una controversia tra l’Amministrazione finanziaria del Belgio e una società la cui attività principale è costituita dalla assunzione e gestione di partecipazioni societarie. Il punto controverso è il trattamento, sul piano contabile-fiscale, delle quote societarie che una volta acquistate vengono poi immesse di nuovo nel mercato a un valore nettamente superiore.

La causa principale
La vicenda processuale nasce da un ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria la quale contravviene a quanto sostenuto da una società, i cui proprietari sono cittadini svedesi e residenti nel Regno Unito, il cui oggetto sociale è costituito dalla assunzione e gestione di partecipazioni societarie. Proprio in merito ad una di tali operazioni, era realizzata una plusvalenza che non era dichiarata, in quanto fiscalmente esente in Belgio, come reddito imponibile. Con successivo avviso di rettifica si affermava la percezione di redditi imponibili in ragione di una plusvalenza realizzata in virtù dell’acquisto e successiva dismissione di quote societarie. L’asserita plusvalenza sarebbe scaturita, come sostenuto dalla stessa autorità finanziaria, proprio sulla valutazione dei valori di dismissione al valore di mercato in luogo di una valutazione al prezzo di acquisto o al costo. Con successivo ricorso al tribunale di prima istanza, la società convenuta otteneva uno sgravio dell’imposta controversa con conseguente condanna alla restituzione dell’imposta indebitamente percepita. Successivamente veniva presentato ricorso alla Corte di Appello che confermava il verdetto di primo grado. Infine, lo Stato belga presentava ricorso per Cassazione nel corso del quale i giudici di questo grado di giudizio, ritenendo doveroso dirimere i dubbi interpretativi sull’articolo 2, paragrafo 3 e 5, della quarta direttiva decidevano di sospendere il procedimento e sollevare la questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

La questione pregiudiziale
Il giudice del rinvio, nel rivolgersi ai giudici europei, chiede di sapere se, nel caso in cui sia generata una plusvalenza dovuta alla differenza tra il prezzo di acquisto, o il costo, di taluni elementi dell’attivo patrimoniale e il loro valore effettivo, sia possibile derogare al principio del quadro fedele ex articolo 2, paragrafi da 3 a 5, quarta direttiva 78/660/CEE. In caso di risposta affermativa la suddetta valutazione dovrebbe essere effettuata al valore di mercato delle quote azionarie.

Il giudizio della Corte
Occorre considerare che la controversia, oggetto del procedimento principale, sfocia in una questione di carattere fiscale in quanto, in base alla decisione sul tipo di contabilizzazione, al prezzo di acquisto o al valore effettivo, ne scaturisce o meno materia imponibile. A tale proposito, i giudici europei hanno già chiarito come anche se le disposizioni di cui alla quarta direttiva riguardano aspetti prettamente contabili  gli stessi Stati membri possono intervenire su tali disposizioni qualora dalle stesse ne scaturissero effetti fiscali di maggior favore per i soggetti contribuenti. Si deve ricordare come la direttiva in questione ha il precipuo compito di garantire un coordinamento tra le disposizioni contabili nazionali. Nell’ambito di tale ruolo di coordinamento il riferimento ai principi comunitari è costituito da quello del quadro fedele. Suddetto principio, in virtù di un interpretazione comprensiva delle varie disposizioni comunitarie in materia, non può ammettere che una società adotti una valutazione degli elementi dell’attivo patrimoniale in base al valore effettivo in luogo di una valutazione al costo storico. Anche qui, giurisprudenza costante della Corte, ha affermato come a tale interpretazione di principio sarebbe possibile derogare nel momento in cui sussistano condizioni eccezionali quale appunto una valutazione sottostimata degli attivi patrimoniali. Al riguardo, l’impronta normativa che il legislatore dell’Unione ha voluto dare è quella di voler che gli elementi dell’attivo patrimoniale siano calcolati sulla base del costo storico e non sui valori effettivi di mercato. Questa posizione è stata ribadita anche dal governo tedesco, intervenuto a sostegno della società convenuta, laddove è stato ribadito come il valore di sottostima sarebbe conforme a un altro importante principio di redazione del bilancio, il principio della prudenza.

La decisione finale
Gli eurogiudici si sono pronunciati sulla questione di cui alla causa principale, stabilendo che, in ottemperanza al principio del quadro fedele di cui all’articolo 2, paragrafi da 3 a 5, della quarta direttiva 78/660/CEE, non è possibile basare una valutazione degli elementi dell’attivo del patrimonio di una società, nella fattispecie la ricorrente, sul valore effettivo di mercato delle quote. Ecco che, gli elementi dell’attivo dovranno essere valutati al loro prezzo di acquisto o al loro costo di produzione. Pertanto, nel caso di acquisto e successiva dismissione di quote societarie, non sopraggiunge nessuna plusvalenza di valore imponibile.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top