Si verifica l’abolitio criminis in relazione agli illeciti connessi all’accertamento e alla riscossione di un’imposta, con la conseguente applicazione del principio del favor rei – ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 3, del Dlgs 472/1997, secondo cui “…nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile…” (comma 2) “…se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo” (comma 3) – solo quando tale imposta venga radicalmente meno, di modo che lo Stato non può più incassarla neppure in riferimento alle annualità pregresse.
Quando, invece, la legge istitutiva di un’imposta è abrogata a far tempo da una data stabilita dal legislatore, ma l’imposta medesima continua a essere dovuta per i fatti accaduti prima, in relazione a questi, l’obbligo di versamento rimane in vigore, cosicché non sono abrogate le norme sanzionatorie relative all’obbligazione tributaria.
In questi termini si è espressa la sezione tributaria della Cassazione nella sentenza n. 22833 dell’8 ottobre 2013, che ha accolto le doglianze dell’Agenzia delle Entrate.

I fatti di causa
Con la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte, accogliendo l’appello presentato da un contribuente – in proprio e quale legale rappresentante di una Spa – ha annullato l’avviso di contestazione e l’irrogazione delle sanzioni, riformando la decisione di primo grado.
Nello specifico, il contribuente, per l’anno 1999, aveva compensato un credito in misura superiore al limite previsto dall’articolo 25, comma 2, del Dlgs 241/1997 (pari a 500 milioni di lire per ciascun periodo di imposta), col conseguente omesso versamento dell’eccedenza. Questa omissione è stata sanzionata dall’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997 (ritardati od omessi versamenti diretti).

I giudici di appello, tuttavia, hanno ritenuto che – secondo il principio di legalità di cui al citato comma 2, dell’articolo 3, del Dlgs 472/1997 – la violazione non fosse più punibile perché, prima della notifica dell’impugnato avviso di contestazione, l’articolo 34, comma 1, della legge 388/2000, aveva elevato, a decorrere dall’1 gennaio 2001, il limite massimo dei crediti compensabili fino a 516.456,90 euro (aumentabile, con decreto ministeriale, fino a 700mila euro, a partire dall’1 gennaio 2010), realizzandosi pertanto la fattispecie della abolitio criminis per effetto della sopravvenuta “disposizione integratrice” del divieto.

Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione, eccependo, tra le altre, la violazione e la falsa applicazione dei richiamati articoli 13 del Dlgs 471/1997, e 3 del Dlgs 472/1997.

La sentenza della Corte suprema
Per i giudici di piazza Cavour, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Nel merito, la Cassazione richiama i suoi precedenti giurisprudenziali, secondo cui, per realizzarsi la fattispecie della abolitio criminis (articolo 3, comma 2, Dlgs 472/1997) “…che stabilisce, salvo contraria previsione, che non possa esser irrogata sanzione per un fatto che, a seguito di una legge posteriore, non costituisce più violazione punibile, occorre che l’imposta sia stata abrogata (cfr Cassazione, sezione tributaria, 21168/2008 e 25053/2006)”.
Nel caso di specie, prosegue la Corte, non c’è dubbio che l’imposta non versata – sub specie di compensazione oltre il limite prescritto dalla legge – non è mai stata abrogata, per cui permane la violazione di omesso versamento, tutt’ora sanzionata dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997.
Tale interpretazione, conclude la Cassazione, “…corrisponde all’esigenza, di cui alle disposizioni in tema di bilancio pubblico, di garantire le entrate stabilite, ciò che impone di mantenere le imposte che non vengono immediatamente sostituite con altri flussi”.

Osservazioni
Resta sempre di grande attualità la questione della punibilità o meno della compensazione mediante modello F24 di crediti tributari e contributivi oltre il limite massimo annuo, attualmente fissato in 516.456,90 euro per anno solare.
A tal proposito, si osserva che l’Agenzia delle Entrate più volte ha ribadito la propria posizione restrittiva al riguardo, confortata anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Infatti, nella circolare 8/E del 2009, così come nella risoluzione 452/E del 2008, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che – nelle ipotesi di crediti esistenti, ma utilizzati in compensazione orizzontale in misura eccedente l’importo stabilito dall’articolo 34 della legge 388/2000 – trova applicazione la sanzione prevista dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997.


Fonte: Agenzia Entrate

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