Il “diritto d’autore” rappresenta in verità, nel mondo contemporaneo, la mera sintesi concettuale di un coacervo di “diritti” e posizioni giuridiche, poste a presidio di un bene immateriale ma strategico, soprattutto nella moderna economia globalizzata e devitalizzata.
Il contenuto intellettuale, che in tale contesto è fatto oggetto di possesso, privativa, cessione, trasmissione, eccetera, rappresenta, senza alcun giudizio in ordine al carattere “artistico” delle opere (che può sussistere o no), un
quid pluris d’autenticità e originalità, suscettibile di protezione giuridica e di valutazione economica.
Il bene in oggetto può essere veicolato da mezzi di comunicazione e trasmissione diversi tra loro, in grado – come avviene nel caso dei contenuti resi disponibili
on line – di garantirne la diffusione e la riproduzione in tutto il mondo.
Prima di prendere in considerazione gli aspetti tributari delle questioni che involgono le “opere dell’ingegno”, si tenterà nelle pagine che seguono di fare una sintesi ragionata delle numerosissime disposizioni che ne regolano l’esistenza, sul piano interno e internazionale.

Il diritto d’autore nel Codice civile
In via generalissima, l’ordinamento italiano disciplina e classifica le opere intellettuali nel capo I del titolo IX del V libro (“Del lavoro”) del Codice civile.
In particolare, l’articolo 2575 stabilisce che formano oggetto del diritto d’autore "
le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia qualunque ne sia il modo o la forma di espressione".
E’ evidente che i redattori del codice non potevano in alcun modo prevedere l’avvento di ulteriori “opere” tutelabili, quali il
software, le quali avrebbero però ricevuto tutela dapprima in via giurisprudenziale, e quindi attraverso integrazioni alla normativa speciale.

Il diritto d’autore si acquisisce a titolo originario con la creazione dell’opera (articolo 2576), e si scinde in tre ulteriori “diritti”, che potrebbero essere intesi anche quali “partizioni” di un “diritto” unitario:

1.      il diritto esclusivo di pubblicare l’opera

2.      il diritto esclusivo di utilizzarla economicamente

3.      anche dopo la cessione dei diritti di cui sopra, il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione della stessa che possa essere pregiudizievole per il suo onore o la sua reputazione (articolo 2577).

I primi due hanno soprattutto carattere patrimoniale; il terzo, si configura, invece, come diritto morale inalienabile e imprescrittibile.

L’opera è protetta solamente in presenza dei requisiti fondamentali della creatività (deve infatti trattarsi di opere “nuove”, anche in misura minima, e non di mere ripetizioni di altre opere esistenti), dell’originalità (l’opera deve quindi essere anche sostanzialmente, e non solo formalmente, “non riproduttiva” del contenuto di altre), e della concretezza (dovendosi trattare di prodotto concreto idoneo a essere pubblico e riprodotto).
Le disposizioni del codice sono integrate e precisate soprattutto dalla legge 633/1941, “Protezione del diritto d’autore e d’altri diritti connessi al suo esercizio”, e da una serie ormai numerosa di altri atti normativi di rango legislativo e regolamentare, succedutisi nel tempo.

Gli accordi internazionali
Ma la piena disciplina delle posizioni giuridiche connesse ai diritti su opere dell’ingegno non può rinvenirsi nella sola legislazione italiana: il quadro normativo internazionale sui diritti intellettuali si compone infatti di numerose convenzioni, tra le quali possono rammentarsi:

·       la convenzione di Parigi per la protezione della proprietà intellettuale del 1883, più volte riveduta nel corso del XIX e del XX secolo

·       la convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma nel 1967

·       la convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886, anch’essa più volte riveduta in seguito

·       la convenzione universale sul diritto d’autore, firmata a Ginevra nel 1952 e riveduta a Parigi nel 1971

·       la convenzione di Roma per la protezione degli artisti interpreti ed esecutori, dei produttori di fotogrammi e degli organismi di radiodiffusione, firmata a Ginevra nel 1971

·       l’accordo Trips sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, ratificato con legge 747/1994

·       il Wipo Performances and Phonograms Treaty, adottato il 20.12.1996.

Le direttive comunitarie
Anche a livello europeo, la regolamentazione risulta alquanto fitta; tra i numerosi atti normativi emanati dalle istituzioni comunitarie, possono rammentarsi:

·       la direttiva n. 91/250/Cee del Consiglio, del 14/5/1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore

·       la direttiva n. 96/9/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11/3/1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati

·       la direttiva n. 2001/29/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22/5/2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione

·       la direttiva n. 84/2001/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/9/2001, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale

·       la risoluzione del Consiglio del 14/5/1992, sul rafforzamento della tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi.

La legge sul diritto d’autore
La succitata legge 633/1941 costituisce ancora, con tutte le modificazioni e le integrazioni apportate per adeguarla al mutato contesto economico, sociale e tecnologico, il riferimento normativo più diretto e generale in materia di diritto d’autore nell’ordinamento italiano.
Tale normativa, assai complessa e articolata, tiene conto delle numerose “filiazioni” del diritto d’autore, cioè delle forme di tutela e di particolare considerazione che sono attribuite all’opera dell’ingegno in ragione della peculiare “originalità” connessa alla personalità dell’autore.
Senza per ora tener conto delle ultime innovazioni, può rammentarsi che la legge del 1941 disciplina i seguenti aspetti:

·       all’articolo 2, la tutelabilità delle elaborazioni - di vario genere espressivo - che di per sé costituiscono “opera originale”, ma anche delle "opere coreografiche o pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti", e, ad esempio, delle opere figurative "...anche se applicate all’industria, sempreché il loro valore artistico sia scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate"

·       all’articolo 12, il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in qualunque forma e modo, originale e derivato

·       all’articolo 13, il diritto esclusivo di riprodurre, che consente "la moltiplicazione in copie dell'opera con qualsiasi mezzo"

·       all’articolo 14, il diritto esclusivo di trascrivere, relativo alla trasformazione dell’opera orale in opera scritta o riprodotta attraverso altri mezzi

·       all’articolo 15, il diritto esclusivo di eseguire, rappresentare o recitare in pubblico le opere musicali, drammatiche, cinematografiche o comunque "di pubblico spettacolo" e l’opera orale

·       all’articolo 16, il diritto esclusivo di diffondere il “contenuto intellettuale”, attraverso mezzi di diffusione quali il telefono, la televisione e simili

·       all’articolo 17, il diritto esclusivo di distribuzione, relativo al commercio, alla circolazione e in genere alla “messa a disposizione” del pubblico dell’opera e dei suoi esemplari, che comprende anche il diritto esclusivo di introdurre a fini di distribuzione all’interno della Ue le riproduzioni formate negli Stati extracomunitari

·       all’articolo 18, il diritto esclusivo di tradurre, di elaborare (che consente ogni forma di modificazione, elaborazione e trasformazione dell’opera), di pubblicare le opere in raccolta e di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione (successiva, atteso che le modificazioni in sede d’esecuzione dell’opera sono ricomprese nel diritto esclusivo d’elaborazione)

·       all’articolo 18-bis, commi 1 e 2, il diritto esclusivo di noleggiare a fini di "beneficio economico o commerciale", nonché di dare in prestito.

Può essere infine rammentata l’ampia tutela civile (articoli 168-170) e penale (articoli 171-174) sia dei diritti morali, che di quelli a carattere patrimoniale, e l’affidamento dell’attività d’intermediazione "... comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta d’intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, d’esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica d’opere tutelate" alla Siae (Società italiana degli autori e degli editori).

La legge sul diritto d’autore è stata sottoposta di recente ad alcune sensibili integrazioni normative:

·       la prima, recata dal Dlgs 68/2003, ha dato attuazione alla direttiva 2001/29/Ce del 22/5/2001 e ha inciso maggiormente sulla “filosofia” del testo legislativo del 1941

·       la seconda, apportata dal Dl 72/2004 (“decreto Urbani”), convertito dalla legge 128/2004, ha previsto alcuni Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo

·       la terza, recata, in attuazione della direttiva 2004/48/Ce, dal Dlgs 140/2006, si è occupata più nello specifico dell’adeguamento della normativa interna italiana alle nuove esigenze di tutela della proprietà intellettuale.

L’apporto del Dlgs 68/2003
Seguendo il filo logico della relazione di accompagnamento, può osservarsi che il decreto legislativo del 2003 è intervenuto in primissimo luogo ridefinendo i diritti di riproduzione, comunicazione e distribuzione del contenuto intellettuale.
In particolare:

·       l’articolo 1 modifica l’articolo 13 della legge 633/1941 relativo al diritto di riproduzione degli autori, fornendo una più ampia definizione dello stesso in ottemperanza a quanto esposto dall’articolo 2 della direttiva. Nel definire tale diritto come "diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte", ne rende inoltre esplicita la portata in tutta la sua interezza, rendendolo espressamente applicabile a tutte le forme di riproduzione, comprese quelle on line, e riconoscendolo, oltre che a favore degli autori, per quanto riguarda le loro opere, anche per gli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche

·       l’articolo 2 sostituisce il previgente articolo 16 della legge 633/1941, in attuazione dell’articolo 3, comma 1, della direttiva, che riconosce agli autori "il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente"

·       l’articolo 3 involge il diritto di distribuzione riconosciuto agli autori e modifica l’articolo 17 della legge 633/1941 in applicazione a quanto disposto dall’articolo 4, comma 2, della direttiva, ove è stabilito che il diritto di distribuzione dell’originale o di copie dell’originale si esaurisce quando la prima vendita o il primo atto di trasferimento di proprietà dell’originale dell’opera o del supporto nella comunità è effettuato dal titolare del diritto con il suo consenso.

Può essere altresì evidenziato che l’articolo 6 del decreto del 2003 ha apportato le necessarie modifiche all’articolo 61 della legge del 1941, consentendo l’adozione di una definizione generale di “supporto”, utile a comprendere qualunque materiale su cui vengano incorporati fonogrammi e videogrammi. Inoltre, la relazione introduttiva precisa che il diritto esclusivo dell’autore in relazione all’adattamento o alla riproduzione di un’opera sussiste qualsiasi tecnologia venga a tal fine impiegata.
Per effetto di tali modificazioni, anche i nuovi supporti, generati dalla “rivoluzione” informatica e telematica, sono quindi accolti tra i media atti a contenere la
res tutelata (ossia i diritti connessi alla proprietà intellettuale).

L’articolo 9 del decreto ha poi sostituito l’intero capo V del titolo I della legge 633/1941, ridefinendo le “utilizzazioni libere” come “eccezioni” e “limitazioni”.
Queste ultime sono previste dall’articolo 5 della direttiva Ue, ove - al comma 1 - è disposta l’esenzione dal diritto di riproduzione per gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio, che siano transitori o accessori, e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario, o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali.
Il comma 2 del medesimo articolo 5 della direttiva disciplina alcune eccezioni di carattere facoltativo al diritto di riproduzione, mentre il successivo comma 3 riguarda eccezioni sia al diritto di riproduzione, sia al diritto di comunicazione e a quello di messa a disposizione del pubblico.
Le eccezioni e le limitazioni devono essere applicate solamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o dei materiali protetti e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare.

Il decreto-legge “Urbani”
Il decreto legge 72 è stato emanato nella primavera del 2004 in funzione “anti-pirateria”, ossia nella prospettiva del contrasto al fenomeno dello “scarico”
peer-to-peer di contenuti digitali attraverso Internet, che a livello europeo si incanalava nella direttiva 2004/48/Ce.
Il Governo italiano si è in tale occasione occupato della problematica del
file sharing, con un provvedimento che, nella sua versione definitiva, prevede:

·       all’articolo 1, una specifica misura di contrasto di tipo preventivo alla diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno (obbligo da parte di coloro che mettono a disposizione su Internet opere dell’ingegno di comunicare con un idoneo avviso all’utente di aver assolto gli obblighi di legge in materia di protezione dei diritto d’autore

·       all’articolo 2, una precisazione della nomenclatura dell’articolo 171-ter, comma 1, legge 633/1941, mediante la sostituzione della locuzione “a scopo di lucro” con quella di “per trarne profitto” (la norma incriminatrice può quindi ora aderire a una qualsiasi forma di vantaggio patrimoniale)

·       all’articolo 3, l’inserimento nell’articolo 171-ter, comma 2, di una nuova fattispecie penale costituita dalla lettera a)-bis, che prevede la punibilità di chi, per trarne profitto, comunica al pubblico un’opera tutelata dal diritto d’autore o parte di essa, immettendola in reti telematiche

·       all’articolo 4, l’attribuzione al dipartimento della Pubblica sicurezza della raccolta informativa delle segnalazioni di interesse per la prevenzione e la repressione delle fattispecie penali sopra indicate

·       agli articoli 5 e 6, la previsione della collaborazione degli Internet provider con la magistratura e con le autorità di polizia mediante la comunicazione delle informazioni in loro possesso, finalizzate all’individuazione dei gestori di siti web e degli autori degli illeciti perseguiti, come fase prodromica alla successiva inibizione all’accesso ai contenuti illegali e alla loro rimozione

·       all’articolo 7, le sanzioni amministrative conseguenti all’inosservanza delle prescrizioni di cui ai precedenti articoli 5 e 6 a carico degli operatori della rete.

Il Dlgs 140/2006
Il Dlgs 140/2006 ha “allineato” l’ordinamento giuridico italiano alle stringenti previsioni comunitarie in materia di tutela della proprietà intellettuale, con riferimento sia ai diritti d’autore, sia alle opere immateriali che sono oggetto della “proprietà industriale”.
Le innovazioni normative sono di seguito sintetizzate:

·       sono apportati importanti cambiamenti alla normativa italiana, permettendo all’Autorità giudiziaria di ordinare che vengano fornite informazioni (con la previsione di sanzioni penali per il mendacio o l’omissione delle informazioni) circa l’origine e le reti di distribuzione delle merci o delle prestazione di servizi che violano un diritto di proprietà industriale

·       è considerato autore della violazione chi sia stato trovato in possesso di merci, o abbia fornito o utilizzato servizi, oggetto di violazione di un diritto su scala commerciale, nonché ogni altra persona che sia stata indicata da tali soggetti come persona coinvolta nella produzione o distribuzione dei prodotti o nella fornitura dei servizi

·       può essere disposta, su richiesta di parte, l’esibizione della documentazione bancaria, finanziaria e commerciale che si trovi in possesso della controparte (con l’evidente finalità di consentire al titolare dei diritti di ottenere informazioni significative sull’effettiva portata delle violazioni, nella prospettiva della miglior tutela dei propri diritti di privativa industriale e/o intellettuale)

·       è prevista la possibilità di richiedere un risarcimento dei danni morali patiti dal titolare a seguito della violazione del suo diritto

·       tra i criteri di risarcimento, in alternativa a quello del lucro cessante (il quale in ogni caso costituisce il “minimo risarcibile”), è prevista la possibilità che la sentenza possa stabilire una cifra globale forfettaria, valutata in base ai "canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso"

·       se la parte lesa fa valere l’esistenza di circostanze atte a pregiudicare il soddisfacimento del risarcimento del danno, l’Autorità giudiziaria può disporre il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili del preteso autore della violazione, compreso il blocco dei suoi conti bancari e di altri beni, fino alla concorrenza del presumibile ammontare del danno

·       il procedimento giudiziario dev’essere iniziato entro il termine di 20 giorni lavorativi (dalla pronuncia o dalla comunicazione dell’ordinanza), o di 31 giorni di calendario, se questi rappresentano un periodo più lungo.

Dopo aver parlato per sommi capi del diritto d'autore come esso risulta nell'ordinamento giuridico civilistico italiano (nell'ambito del quale si enucleano in verità più diritti connessi all'opera dell'ingegno: di riproduzione, di utilizzazione, eccetera), prendiamo in esame i riflessi tributari, con specifico riferimento alla situazione dei privati, ossia dell'autore e dei terzi che potrebbero realizzare proventi a seguito dell'utilizzazione dei diritti, al di fuori dell'ambito del reddito d'impresa.
A tale proposito, è utile osservare che i proventi derivanti dall'utilizzazione di opere dell'ingegno non sempre sono agevolmente distinguibili da quelli originati in conseguenza di prestazioni professionali in senso proprio, inquadrabili tra i redditi di lavoro autonomo professionali od occasionali.

Il trattamento fiscale in capo agli autori: le imposte sui redditi
Dal punto di vista fiscale, i redditi derivanti dall'utilizzazione economica da parte dell'autore sono considerati redditi di lavoro autonomo, anche se in via residuale.
Non si verifica però nessuna "commistione" tra gli eventuali altri redditi di lavoro autonomo percepiti dall'artista o professionista, né con gli altri redditi di lavoro autonomo non professionale incassati anche dai soggetti che non si qualificano come "lavoratori autonomi", ma nondimeno effettuano prestazioni occasionali indicabili nel quadro RE del modello Unico (è il caso, tipicamente, dei lavoratori dipendenti che effettuano sporadiche attività di formazione o partecipano a convegni retribuiti).
Ciò si spiega in considerazione del particolare trattamento cui soggiaciono i redditi in esame, per i quali è inibita la deduzione analitica delle eventuali spese inerenti sostenute, ma che fruiscono, ai fini del concorso al reddito imponibile complessivo, della deduzione forfettaria del 25 per cento (40 per cento per i giovani autori sotto i 35 anni, secondo l'ultima Finanziaria).

Modelli fiscali
Con riferimento ai modelli fiscali del 2007, utilizzabili per la dichiarazione dei redditi del 2006, il "destino" dei proventi da cessione di diritti intellettuali saranno i seguenti:

·       modello Unico 2007 - persone fisiche: i proventi lordi devono essere indicati al rigo RL24, che si trova nella sezione III del quadro RL, utilizzato per l'indicazione dei redditi diversi, dei redditi di capitale, di quelli derivanti dalle attività sportive dilettantistiche e degli "altri redditi di lavoro autonomo"; se essi derivano da diritti acquisiti per successione o donazione, oppure sono stati acquisiti a titolo oneroso da terzi, devono essere invece indicati nel rigo RL12. Nel rigo RL28 andrà invece inserita la somma delle deduzioni forfettarie del 25 per cento (40 per cento per i giovani autori), mentre il rigo RL30 è riservato all'ammontare delle ritenute d'acconto, le quali non sono calcolate sul totale lordo ma sui proventi al netto della deduzione forfetaria, cioè sul 75 per cento (60 per cento per i giovani) di quanto percepito

·       modello 730/2007: sempre trattandosi di diritti ceduti dall'autore (e non dai suoi aventi causa), si dovrà far riferimento al rigo D3, colonna 1 (codice 1) per i proventi, e colonna 2 per l'indicazione dei compensi al lordo della deduzione forfettaria. La colonna 4 è invece riservata alle ritenute d'acconto subite. Nel caso di cessione a opera degli eredi, legatari o acquirenti, vi sarà l'"attrazione" alla categoria dei redditi diversi e l'inclusione nel rigo D5, codice 6.

La deduzione forfettaria
Relativamente alla deduzione forfettaria, precisiamo che essa è prevista dall'articolo 53, comma 8, del Tuir, e che la sua misura è più volte stata variata (dal 30 al 25 per cento, quindi al 20 per cento e successivamente ancora al 25).
Essa rappresenta, secondo l'evidente
voluntas legis, il miglior modo di includere nella determinazione del reddito netto da cessione dei diritti effettuata dall'autore i costi inevitabilmente collegati alla produzione dei beni (immateriali).

Sul punto, vi è stata una presa di posizione dell'Amministrazione in risposta al quesito di chi avrebbe invece inteso ricavare analiticamente il reddito netto: "
Il prof. ... ha fatto presente che in occasione della stampa e della diffusione di una sua pubblicazione ha dovuto versare all'editore un contributo di lire 2.160.000 che difficilmente potrà essere recuperato, tenuto conto che l'opera, dal contenuto altamente scientifico, non potrà interessare che un numero esiguo di studiosi. Poiché la deduzione forfettaria delle spese prevista dall'ultimo comma dell'art. 50 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per i redditi conseguiti nell'esercizio delle professioni intellettuali (diritti di autore) nella misura del 30 per cento, appare del tutto insufficiente specie in quei casi in cui l'autore è costretto ad anticipare all'editore ingenti spese, regolarmente documentate, per la stampa e la pubblicazione dell'opera, il predetto prof. ... ha chiesto che venga esaminata l'opportunità di una revisione della vigente normativa che consenta, ove l'operazione dovesse risolversi in perdita, la deduzione per intero di tutte le spese sostenute, in armonia con gli artt. 9, primo capoverso, 35, primo capoverso, e 53, primo capoverso della Costituzione. Al riguardo devesi far presente che i compensi derivanti dalla utilizzazione economica delle opere dell'ingegno rientrano fra i redditi di lavoro autonomo e trovano la loro specifica collocazione e disciplina nelle disposizioni di cui all'art. 49, lettera b), e art. 50, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Lo speciale sistema di determinazione forfettaria previsto per detto particolare tipo di redditi assimilati al reddito di lavoro autonomo rispetto alla determinazione analitica prevista per quelli propri di lavoro autonomo, si ricollega alle oggettive difficoltà, tenute presenti dal legislatore, che incontrerebbe il contribuente produttore dei redditi della specie per tenere una regolare contabilità occorrente per la determinazione analitica dei redditi. E ciò in relazione alla speciale natura dei redditi in questione che non consente, in ogni caso, una esatta e puntuale documentazione di tutti gli oneri o spese sostenute. Le suesposte considerazioni escludono la possibilità di aderire alle richieste sopra avanzate, in quanto l'attuale formulazione delle norme richiamate ha riguardo alle esigenze della generalità dei titolari dei redditi della specie di quelli realizzati dal prof. ..." (risoluzione del 23 dicembre 1977 del ministero delle Finanze).

L'esame della pronuncia richiamata consente di affermare che i redditi derivanti dall'utilizzazione economica di opere dell'ingegno da parte dell'autore rappresentano una peculiare e distinta sub-categoria reddituale, distinta dalla categoria generale dei redditi di lavoro autonomo.
Può, a tale proposito, osservarsi che:

·       i redditi di lavoro autonomo stricto sensu derivano dall'esercizio di un'attività lavorativa della persona fisica, artista o professionista, ossia dal personale impegno profuso nell'ambito di una prestazione d'opera, avente o meno natura intellettuale

·       i redditi di lavoro autonomo occasionali conservano la stessa natura degli altri redditi di lavoro autonomo, venendo meno solamente la "professionalità" degli stessi (dato che si tratta di manifestazioni isolate, sporadiche)

·       i redditi derivanti dall'utilizzazione di opere dell'ingegno da parte dell'autore vedono invece prevalere non la componente lavoro, bensì l'originalità dell'opera relativamente alla quale sono concessi a terzi dei diritti: dal punto di vista giuridico, l'autore non si obbliga a un facere, ma attribuisce dietro compenso a terzi delle posizioni giuridiche, comprendenti il diritto di utilizzazione e pubblicazione dell'opera. Ciò fa sì che, effettivamente, rispetto alla determinazione analitica appaia più opportuno, dal punto di vista del legislatore, il riconoscimento forfettario di una deduzione da scomputare dal provento lordo.

Riflessioni
Non ponendo in discussione la diversa natura giuridica rivestita dalla cessione dei diritti sull'opera dell'ingegno, come sopra evidenziata, può rilevarsi che la produzione dell'opera richiede normalmente un'"attività", che è posta in essere mediante il lavoro dell'autore, la disponibilità di determinati mezzi strumentali, eccetera.
Si pensi, ad esempio, all'attività dello scrittore (inteso come autore di testi): essa presuppone un momento di riflessione ed elaborazione puramente intellettuale, certo, ma anche l'assunzione di documentazione, la visione di altri testi (magari la frequentazione di biblioteche, l'acquisto di libri e giornali, eccetera), l'impiego di determinati strumenti (un tempo la penna e la macchina da scrivere, ora certamente il
personal computer, che assai facilmente attraverso la connessione a Internet potrebbe garantire l'acquisizione di ulteriori dati e informazioni).
Nell'ambito di un sistema di determinazione analitica del reddito, si tratterebbe certamente di spese inerenti alla produzione del reddito medesimo.

A parere di chi scrive, tuttavia, il legislatore ha inteso riconoscere la realtà di un particolare settore, quello della produzione intellettuale, che non necessariamente presuppone l'esercizio da parte dell'autore di un'attività in via esclusiva: si trattava quindi, probabilmente, di evitare le complicazioni che sarebbero certamente derivate - quanto alla dichiarazione e all'accertamento - dall'individuazione di un'ulteriore categoria reddituale, o dall'assimilazione piena ai redditi di lavoro autonomo. Senza considerare il fatto che, per tipologie di soggetti come gli artisti e professionisti, sarebbero sorte ulteriori difficoltà, in relazione all'inerenza delle spese, rispetto all'attività artistico-professionale ovvero a quella di "produzione intellettuale".

In definitiva, si ritiene dunque che la forfettizzazione degli oneri connessi alla produzione dei redditi in esame rappresenti un sicuro vantaggio, anche nell'ottica di un sistema tributario che non deve gravare eccessivamente, oltre che sulla "creazione intellettuale", sulle invenzioni industriali (prodotto dell'attività di ricerca che risulta strategica per l'economia).

Applicazione della ritenuta d'acconto
Per coloro che cedono diritti su opere intellettuali, la misura della ritenuta è quella del 20 per cento, stabilita dall'articolo 25, comma 1, del Dpr 600/1973, e applicabile anche alla generalità dei proventi per prestazioni di lavoro autonomo.
Il corretto trattamento tributario dei compensi percepiti dall'autore fiscalmente residente in Italia è dunque il seguente: i proventi sono prima ridotti in misura forfettaria del 25 per cento, e successivamente assoggettati a ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 20 per cento. Il rimanente confluirà nel reddito imponibile dell'autore, entro la particolare categoria individuata dall'articolo 53, comma 2, lettera
b), del Tuir. Ad esempio: un compenso di 1.000 euro risulta fiscalmente imponibile per 750 euro, e la misura della ritenuta sarà di 150 euro, sicché l'autore percepirà effettivamente 850 euro, ma pagherà l'Irpef e le relative addizionali solamente su 750, e la ritenuta operata verrà portata in diminuzione del carico tributario complessivo).

Autori non residenti
Le caratteristiche di spiccata "immaterialità" dei proventi esaminati inducono a dedicare un breve passaggio alla situazione degli autori che hanno il proprio domicilio fiscale al di fuori dei confini nazionali.
Per coloro che, risiedendo all'estero, effettuano in generale prestazioni di "lavoro autonomo minore" in Italia, il reddito si considera prodotto in Italia e per questo dev'essere assoggettato a ritenuta a titolo di imposta del 30 per cento (articolo 25, comma 2, Dpr 600/1973).
La maggior parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia prevede che i redditi che un soggetto non residente ritrae dall'esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente siano imponibili soltanto nello Stato di residenza, a meno che il lavoratore autonomo non disponga abitualmente in Italia di una base fissa per l'esercizio delle sue attività. In tale ultimo caso, i redditi sono imponibili in Italia ma unicamente nella misura in cui siano imputabili a detta base fissa (analogamente a quanto avviene per le stabili organizzazioni delle imprese).

Fattispecie "dubbie"
Alcuni problemi interpretativi, quanto alla qualificazione di talune tipologie reddituali, e alla conseguente inclusione delle stesse tra i redditi di lavoro autonomo determinati in via analitica, ovvero tra i redditi qui considerati (determinati attraverso le deduzioni forfettarie), potrebbero emergere in relazione a particolari casistiche, di seguito brevemente esaminate.
Innanzi tutto, sembra sussistere un'area di incertezza connessa alle prestazioni di chi, collaborando con un giornale, non si limiti a proporre degli articoli per la pubblicazione, ma, a titolo esemplificativo, rediga risposte a specifici quesiti formulati dai lettori, e per tale attività sia contrattualmente vincolato alla testata:

·       nel primo caso (pubblicazione di articoli), si tratterebbe di cessione di diritti su opere dell'ingegno

·       nel secondo caso (risposte a quesiti), si tratterebbe di una prestazione generica, relativamente alla quale potrebbe porsi la questione dell'eventuale inquadramento tra i redditi di lavoro autonomo, ovvero tra quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera c-bis, Tuir), sempre se non si tratta di prestazioni oggetto di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato o para-subordinato.

La risoluzione dei dubbi, evidentemente, si impernia sulla distinzione tra:

·       prestazione "libera" e rapporto "eterodiretto"

·       momento intellettuale e prestazione di servizi vera e propria

·       singolarità/occasionalità e continuità/professionalità della prestazione.

In passato, l'Amministrazione si è espressa sulla differenza tra collaborazione a testate giornalistiche e cessione di diritti d'autore: "nell'ambito della redazione di articoli occorre distinguere l'ipotesi in cui viene ceduta un'opera dell'ingegno, la cui riproduzione sia tutelata dalle norme sul diritto d'autore (art. 2575 del codice civile e L. n. 633 del 1941), da quella in cui si instaura un rapporto di collaborazione a giornali e riviste in relazione al quale l'oggetto complessivo della prestazione esula dalla disciplina relativa alla tutela del diritto d'autore, quale è, ad esempio, l'ipotesi dei correttori di bozze o delle persone che si limitano a fornire alla redazione del giornale notizie utili per la redazione dell'articolo. E' soltanto nella prima ipotesi che il reddito derivante dalla redazione di articoli elaborati dall'autore può essere considerato rientrante tra i redditi di cui all'art 49, comma 2, lettera b), del Tuir, mentre gli altri casi rientrano tra i redditi di cui all'art. 49, comma 2, lettera a)" (cfr circolare ministeriale 3/5/1996, n. 108).

Ciò nonostante, risultano potenzialmente controverse tutte le ipotesi in cui non siano nettamente distinte la parte di prestazione riferibile al "momento intellettuale" e quella riferibile all'opera "lavorativa".
Un'ulteriore casistica "ambigua" potrebbe essere quella delle prestazioni rese nell'ambito degli spettacoli artistici genericamente intesi, ove bisognerebbe guardare alle singole fattispecie per stabilire se la data attività possa qualificarsi come collaborazione professionale (autonoma ovvero para-subordinata), oppure come cessione di diritti su opere dell'ingegno.

Redditi diversi
A norma dell'articolo 67, comma 1, lettera g), del Tuir, lo sfruttamento economico di un bene immateriale o di un diritto da parte di soggetti diversi dall'autore o dall'inventore genera redditi diversi, che, in ragione della collocazione delle norme di puntuale riferimento nell'ambito del Testo unico, sono "assimilati" alle plusvalenze. Ciò induce a ritenere che, per il legislatore tributario, lo sfruttamento della
res immateriale costituita dai diritti dell'autore e dell'inventore è sostanzialmente analogo, dal punto di vista concettuale, allo "sfruttamento" di un bene materiale o immateriale, suscettibile di incrementare il proprio valore rispetto al momento in cui esso è entrato nelle disponibilità del contribuente.
Come per altre fattispecie reddituali (ad esempio, i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e sublocazione di immobili, dall'affitto dell'unica azienda dell'imprenditore individuale, eccetera), anche per questa può affermarsi che, in realtà, si tratta di tutt'altro: non di un cespite che incrementa il proprio valore in virtù di fenomeni di mercato, bensì della percezione - per così dire - dei "frutti" del bene giuridico costituito dai diritti. Si tratta, insomma, di proventi simili più che ai
capital gains agli interessi attivi.

A norma dell'articolo 71, comma 1, del Tuir, i redditi qui considerati, che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente come redditi diversi, risultano imponibili:

·       per intero, se i relativi beni immateriali e diritti sono stati acquisiti a titolo gratuito

·       nella misura del 75 per cento di quanto percepito, se i relativi beni immateriali e diritti sono stati acquisiti a titolo oneroso.

In tale contesto, il trattamento fiscale è quindi allineato a quello previsto per i compensi ricevuti dall'autore, anche se evidentemente, per i terzi, non può parlarsi del riconoscimento forfettario delle spese relative alla produzione del reddito. Tale allineamento opera però solamente nel caso dell'acquisizione onerosa dei diritti, mentre, evidentemente, gli eredi dell'autore vengono a essere tassati sull'intero provento percepito.

I giovani autori: innovazioni della Finanziaria 2007
Il comma 318 dell'articolo 1 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) è intervenuto modificando l'articolo 54 del Tuir, in materia di reddito di lavoro autonomo, elevando al 40 per cento, per i soggetti di età inferiore a 35 anni, la deduzione forfetaria del 25 per cento spettante per i proventi derivanti dall'utilizzazione economica, da parte dell'autore o dell'inventore, di opere dell'ingegno e di brevetti industriali e di processi.
La determinazione del reddito in esame dovrà eseguirsi quindi, per tali soggetti, effettuando i calcoli di seguito esposti in tabella.

compenso liquidato      A       euro    1.500,00       
deduzione forfettaria (Ax40%)   B       euro    600,00 
parte imponibile (A-B)  C       euro    900,00 
ritenuta (Cx20%)        D       euro    180,00 
compenso percepito (A-D)        E       euro    1.320,00       

Dopo aver brevemente esaminato la normativa generale disciplinante i "diritti d'autore" in senso lato, ossia i confini della tutela giuridica delle opere dell'ingegno (che in Italia è in gran parte riflesso di un coacervo normativo-convenzionale sviluppato a livello internazionale ed europeo), nonché lo specifico trattamento tributario, in capo all'autore, dei redditi generati dall'utilizzazione di tali diritti, è opportuno considerare le caratteristiche della relativa imposizione (ai fini delle imposte sui redditi e dell'Iva) in capo alle imprese.
Va infatti rimarcato che la cessione dei diritti in questione (generalmente comportanti la possibilità di utilizzazione economica e pubblicazione) avviene dall'autore (cedente) nei confronti di un'impresa editoriale (cessionaria), la quale dispone dei mezzi necessari a produrre, a riprodurre e a diffondere l'opera, sul supporto prescelto (ad esempio, per un'opera letteraria, cartaceo, informatico
on-line o su cd, dvd, eccetera).
Oltre, quindi, al negozio tra autore ed editore, che avviene nella forma del contratto di edizione e può avere o meno forma scritta, esiste un rapporto tra editore e il "mercato", composto dai fruitori/acquirenti del prodotto editoriale, con le consequenziali problematiche civilistiche e tributarie.

Il documento OIC 24
Per comprendere in modo più preciso quali siano le caratteristiche che i diritti in argomento devono rispettare - quanto alla loro parte patrimoniale - per poter essere considerati entità negoziabili e rilevabili anche dal punto di vista della contabilità aziendale, oltre che da quello fiscale, risulta utilissimo l'esame delle elaborazioni sviluppate nel documento n. 24 dell'Oic (Organismo italiano di contabilità), che sostituisce il precedente Pcdc n. 24.

La definizione del diritto
Il documento dell'Oic richiama l'articolo 2575 cc, secondo il quale sono oggetto del diritto d'autore le opere dell'ingegno di carattere creativo, che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, o altri mezzi multimediali di espressione qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
La tutela giuridica accordata al diritto presuppone che l'opera abbia come destinazione specifica la rappresentazione intellettuale diretta a una comunicazione, poiché ciò che è oggetto di protezione non sono i principi scientifici o artistici contenuti, bensì la forma di espressione (libro, opera cinematografica, esecuzione).

Il diritto è acquisito con la creazione dell'opera, momento dal quale all'autore compete il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla in ogni forma e modo nei limiti fissati dalla legge.
L'unica caratteristica che le opere dell'ingegno devono presentare per poter essere oggetto di tutela è costituita dall'originalità effettiva della forma espressiva, a prescindere dall'utilità pratica (economico-patrimoniale) che esse possono avere.
L'acquisto del diritto di autore, che non è subordinato alla registrazione o ad altri adempimenti formali, è attuato con la creazione dell'opera. La tutela giuridica (morale e patrimoniale) ha una durata molto lunga, estendendosi alla durata della vita dell'autore e sino al settantesimo anno solare dopo la sua morte, e attuandosi a prescindere da qualsiasi utilizzazione pratica dell'opera.

Il trasferimento del diritto può attuarsi in particolare, secondo il documento Oic, attraverso i seguenti atti
inter vivos:

·       contratto di edizione: con esso l'autore, contro un compenso pattuito, concede all'editore il diritto di pubblicazione dell'opera e l'editore si obbliga a riprodurre l'opera e a metterla in vendita a un prezzo convenuto. Con tale contratto, l'autore non cede in realtà il proprio diritto d'autore, ma costituisce a favore dell'editore un nuovo diritto, quello relativo all'utilizzazione economica dell'opera nei limiti fissati dal contratto, ossia per un certo numero di edizioni o entro un certo periodo temporale, che non può eccedere i venti anni. Il compenso è normalmente legato al risultato delle vendite (compartecipazione)

·       contratto di rappresentazione, per le opere teatrali, coreografiche, eccetera; con esso l'autore concede la facoltà di rappresentare o eseguire in pubblico l'opera, contro un determinato corrispettivo

·       contratto di esecuzione; equivalente al precedente per le opere musicali.

Il diritto d'autore in sé considerato, atteso anche che la tutela della legge prescinde da ogni utilizzazione pratica dell'opera, non può mai costituire ragione sufficiente per l'iscrizione all'attivo di un valore immateriale.
Tale regola vale, in linea di principio, anche per i programmi di
software, ai quali - attraverso convenzioni e atti comunitari - tale tutela è stata estesa (anche se il carattere "prevalentemente utilitaristico" di tali beni - rispetto a quello "creativo" che caratterizza le altre opere tutelate - induce l'Oic alla trattazione in un paragrafo del documento in esame specificamente dedicato alle "Altre Immobilizzazioni Immateriali: costi di software") (1).

Le caratteristiche del diritto
Conformemente a quanto enunciato nella parte generale del principio, le caratteristiche delle immobilizzazioni immateriali iscritte nella categoria in oggetto sono le seguenti:

·       titolarità di un diritto esclusivo di edizione, rappresentazione ed esecuzione derivante da un diritto d'autore o da un contratto che attui la traslazione dei diritti stessi (contratto di edizione, di rappresentazione, di esecuzione, eccetera)

·       possibilità di determinazione attendibile del costo di acquisizione dei diritti

·       recuperabilità negli esercizi successivi dei costi iscritti tramite benefici economici che si svilupperanno dallo sfruttamento dei diritti stessi.

Le possibilità che un diritto d'autore ha di generare benefici economici nel futuro, dipendono:

·       dalle caratteristiche intrinseche dell'opera e del favore che essa può incontrare presso il pubblico

·       dall'effettiva pianificazione del suo concreto sfruttamento

·       dalle disponibilità di adeguate risorse finanziarie e produttive idonee a sostenere lo sfruttamento economico.

I benefici futuri per l'impresa possono configurarsi sia in termini di ricavi diretti, sia in termini di ricavi indiretti.
I primi sono quelli connessi alla commercializzazione dell'opera derivante da un contratto di edizione, dalla sua rappresentazione o dalla sua esecuzione diretta a un pubblico identificato (teatri, concerti, eccetera), se è pagato un corrispettivo specifico (acquisto della riproduzione, acquisto di biglietti o abbonamenti) direttamente per quell'opera o anche per quell'opera nel contesto di una più ampia fruizione (libri, dischi, cassette,
pay-tv, spettacoli dal vivo, rappresentazioni teatrali, esposizioni in mostre o musei, concerti, pubblicazioni antologiche, eccetera).
I ricavi indiretti sono invece connessi alla rappresentazione al pubblico attraverso radio, televisione e altri mezzi di diffusione sonora e visiva, quando il pubblico non versa per tali rappresentazioni alcuna somma specifica, ovvero versa abbonamenti annuali connessi a una molteplicità indeterminata di spettacoli e quindi non riconducibili neanche indirettamente a quell'opera specifica.

L'iscrizione in bilancio del diritto d'autore tra le immobilizzazioni immateriali si giustifica alla luce della previsione anche di una sola delle due tipologie di sfruttamento (ricavi diretti / indiretti), collegata alla formazione di piani e programmi e alla quantificazione dei costi e dei ricavi attesi in misura congrua.
La natura incerta e "transeunte" della fruizione da parte dell'"utenza" - e, quindi, della possibilità di utilizzazione economica - dell'opera dell'ingegno, legata alla mutevolezza dei gusti e delle mode, rende difficile, secondo quanto osservato dall'Oic, l'effettuazione di una stima attendibile dei flussi economici attesi.
A ciò si aggiunga, la suscettibilità del "contenuto intellettuale" a perdere di attualità: con riferimento a monografie e articoli orientati a rendere una certa rappresentazione della realtà politica, sociale, economica, giuridica, eccetera, evidentemente, l'interesse dei lettori sarà massimo all'uscita del testo, scemando poi, fino a spegnersi del tutto, nei periodi successivi.
Più nello specifico, trattandosi di pubblicazioni "tecniche", si pensi a una brillante opera monografica sull'Ilor e i suoi presupposti, alla vigilia della soppressione dell'imposta, oppure a un lavoro sugli ultimi condoni fiscali che si fosse trovato in libreria nell'anno 2003. E' evidente che, in tali ipotesi, salva la possibilità di aggiornamento generalmente concessa agli editori per la redazione di successive edizioni (che pero non sempre sono tecnicamente possibili, come si evince dai due esempi sopra indicati), l'opera - concluso il proprio "ciclo di vendita" - non troverà più acquirenti.

La possibilità di ottenere un ricavo X attraverso la proposizione di una certa opera, pur adeguatamente pubblicizzata, si lega comunque a un "atto di fiducia" dell'editore più che a una convinzione fondata, dipendendo sempre, in ultima analisi, dal gradimento espresso dagli acquirenti reali e potenziali.
Secondo l'Oic, per un'opera dotata di "
caratteristiche artistiche tali da giustificare aspettative di adeguati ricavi per il titolare del diritto e tali da legittimare l'iscrizione all'attivo di un valore immobilizzato", dovrebbe essere facile la dimostrazione:

·       che all'opera è attribuito un ruolo specifico nelle future attività (editoriali, rappresentative, eccetera) dell'impresa e che gli effetti del suo utilizzo sono inclusi nei budget e/o nei programmi aziendali

·       che vi sono studi di fattibilità in merito alla sua edizione, rappresentazione o esecuzione

·       che l'impresa ha già avviato i programmi per procurarsi le risorse tecniche, umane e finanziarie necessarie al suo sfruttamento.

Si osserva a tale proposito che, comunque, non sempre l'"opera dell'ingegno" può risultare apprezzabile sotto il profilo dell'"artisticità".

I criteri di rilevazione
Dato che i diritti che traggono origine dall'utilizzazione delle opere dell'ingegno sono autonomamente trasferibili, i costi iscrivibili alla voce B.I.3 possono essere rappresentati sia dai costi di produzione interna, sia da costi di acquisizione esterna.
Nel caso della produzione interna, per la capitalizzazione devono essere seguiti i criteri illustrati in tema di ricerca e sviluppo: valgono, a tale proposito, le osservazioni fatte nel paragrafo del documento Oic relativo ai brevetti; nel caso dell'acquisto da terzi, il costo iscrivibile è invece rappresentato dal costo diretto di acquisto e dagli oneri accessori.
E' quindi opportuno brevemente rammentare che, nel caso dei brevetti acquisiti a titolo originario, ossia per "produzione interna", così come per i costi di ricerca e sviluppo (anche con riferimento ai costi indiretti e agli oneri finanziari), ai costi iscrivibili potranno aggiungersi soltanto i costi accessori relativi alla domanda e all'ottenimento del brevetto, nei limiti in cui anche tali costi potranno essere recuperati attraverso l'utilizzo dello stesso. Eventuali costi successivi all'iscrizione iniziale del brevetto, quali quelli dovuti a modifiche progettuali e implementazioni diverse, potranno invece essere capitalizzati solo e nella misura in cui da tali costi potranno scaturire ulteriori e dimostrabili benefici economici rispetto a quelli originariamente previsti.
Se il diritto d'autore è acquistato da terzi ed è previsto un pagamento di importi annuali commisurati agli effettivi volumi delle vendite, può essere capitalizzato il solo costo pagato inizialmente
una tantum.
Se l'opera, infine, è "riproducibile" per la vendita attraverso supporti materiali (libri, cassette musicali, videocassette, oltre a cd, dvd, eccetera), la determinazione del costo di eventuali quantità in rimanenza al termine dell'esercizio dev'essere effettuata secondo le indicazioni del principio contabile 13 ("
Le rimanenze di magazzino").

L'ammortamento civilistico
Revisionando e integrando il principio contabile nazionale n. 24, l'Oic ha inserito alcune precisazioni relative alle informazioni da fornire in nota integrativa, secondo il nuovo n. 3-
bis dell'articolo 2427 cc, che ha introdotto la nozione di immobilizzazioni immateriali di durata indeterminata.
A norma dell'articolo 2426, n. 2, cc, il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, va sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Il tradizionale criterio contabile che serve a tener conto della perdita di valore delle immobilizzazioni immateriali in genere, è quindi rappresentato dal tradizionale sistema degli ammortamenti, al quale si contrappone - nell'orizzonte dei principi contabili internazionali - quello dell'"
impairment test".

Il principio contabile n. 24 distingue tra:

·       immobilizzazioni immateriali costituite da costi pluriennali

·       avviamento

·       immobilizzazioni costituite da beni immateriali (brevetti, concessioni, diritti, eccetera).

La distinzione tra costi pluriennali e beni immateriali assume rilevanza ai fini della determinazione del criterio di valutazione e del periodo di ammortamento da adottare. Mentre, infatti, per i costi pluriennali (la cui iscrizione nell'attivo patrimoniale è discrezionale) il periodo di ammortamento dev'essere il più breve possibile e, in ogni caso, non eccedere i limiti temporali imposti dalla normativa, per i beni immateriali (la cui iscrizione nell'attivo è obbligatoria) il periodo di ammortamento è determinato dalla residua possibilità di utilizzazione del bene.
Se dovesse risultare non prevedibile un limite al periodo durante il quale l'immobilizzazione immateriale è ritenuta capace di generare flussi di cassa positivi, la vita utile dell'immobilizzazione è considerata di durata indeterminata.
La vita utile dell'immobilizzazione immateriale è stimata ipotizzando che in futuro saranno sostenuti solo i costi di manutenzione necessari per mantenerne la capacità di partecipazione alla produzione del reddito a un livello pari a quello esistente al momento in cui è effettuata la stima e sono accertate la capacità e la volontà dell'impresa a mantenere tale livello di produttività.
Anche se la durata dell'immobilizzazione è indeterminata, essa sarà comunque ammortizzata in base ai criteri indicati nel documento Oic n. 24.

Con particolare riferimento al diritto d'autore, il medesimo documento Oic precisa che la legge - diversamente da quanto accaduto per la durata dell'ammortamento dei costi di impianto, delle spese di ricerca e sviluppo e pubblicità, nonché dell'avviamento - non ha posto alcun vincolo per i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno.
Vale pertanto la regola generale in base alla quale la vita utile dell'immobilizzazione è determinata con riferimento alla residua possibilità di utilizzazione (durata economica) del diritto. In considerazione dell'aleatorietà connessa allo sfruttamento di tali diritti, l'Oic ritiene però che l'ammortamento debba essere effettuato in un periodo ragionevolmente breve.

Le riduzioni di valore
Secondo il principio Oic n. 24, nel corso del periodo di vita utile di un'immobilizzazione, le condizioni di utilizzo della stessa o l'operatività della società possono subire mutamenti rilevanti, e da ciò deriva la necessità di riesaminare le condizioni della residua possibilità di utilizzazione dell'immobilizzazione.
Oltre alle sistematiche riduzioni di valore costituite dall'ammortamento, ogni immobilizzazione immateriale (e quindi anche i diritti d'autore) è pertanto soggetta a un periodico riesame finalizzato a determinare se il suo valore di bilancio ha subito una perdita durevole di valore: in tale ipotesi, dovrà essere effettuata in bilancio una svalutazione e una stima aggiornata della vita utile residua, con conseguente effetto, negli esercizi successivi, sull'ammortamento.

Può anche accadere che l'impresa sia in perdita, ma esponga al contempo in bilancio immobilizzazioni immateriali quali "oneri pluriennali", che rappresentano costi iscritti nell'attivo dei quali va dimostrata la recuperabilità.
La svalutazione deve recepire i seguenti criteri:

·       il valore delle immobilizzazioni iscritto in bilancio non deve superare quello recuperabile, definito come il maggior valore tra quello realizzabile attraverso l'alienazione del cespite e quello effettivo d'uso

·       scopo dell'ammortamento è la ripartizione del costo dell'immobilizzazione tra gli esercizi della sua vita utile stimata.

Del valore recuperabile delle immobilizzazioni dev'esser già tenuto conto al momento della capitalizzazione dei costi sostenuti per il loro acquisto o la loro realizzazione; può però verificarsi una perdita durevole di valore successiva alla prima iscrizione, ovvero negli esercizi di utilizzazione, ed è in tale evenienza che devono essere obbligatoriamente effettuate le svalutazioni.
La svalutazione è subordinata alla verifica, alla data del bilancio, del valore inferiore rispetto al costo d'acquisto ridotto dell'ammortamento, considerando non il solo valore di mercato, ma principalmente il valore funzionale nell'economia dell'azienda, nella prospettiva della continuazione dell'attività. Tale "valore effettivo" è quindi quello il cui ammortamento negli esercizi futuri troverà - secondo una ragionevole aspettativa - adeguata copertura con i ricavi correlati all'utilità dei costi.
La svalutazione di un'immobilizzazione immateriale deve inoltre essere duratura, in base a un esame informato a una "ragionevole valutazione" delle cause (le quali devono avere carattere di straordinaria gravità, e non possono quindi essere fatti dei quali può esser tenuto conto nel riesame periodico dei piani di ammortamento).



NOTE
1. La forma sicuramente più attuale e innovativa di prodotto nel quale possono essere incorporati i diritti "generatori" di royalties, è quella del prodotto digitale, ovvero di quell'entità - "materiale"" solo per convenzione - che può essere rappresentata dal software (non necessariamente installato su elementi fisici, come floppy disk, cd rom, dvd, ma anche liberamente disponibile e "captabile" su Internet), ovvero da ogni flusso di dati con qualsiasi mezzo trasmesso, captato e decifrato. Il software racchiude i dati necessari all'utilizzo del "sapere informatico"; in ambito Ocse, il Commentario al modello di convenzione ha precisato che esso può essere oggetto dei seguenti negozi:
- trasferimento di una parte dei diritti relativi al software, ma non del diritto di proprietà; i relativi pagamenti possono essere qualificati, in taluni casi, come
royalties;
- cessione di tutti i diritti collegati al
software; i pagamenti non vengono considerati "canoni"
- acquisto del
software per "personal or business use"; i corrispettivi sono ricondotti, rispettivamente, agli utili d'impresa (articolo 7 del modello di convenzione), ovvero a quelli derivanti da attività di lavoro autonomo (articolo 14).

Fonte: Fabio Carrirolo Agenzia Entrate

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