La rendita catastale si ottiene moltiplicando la consistenza dell’unità immobiliare (vani, mq o mc) per

la tariffa d’estimo.

Se abbiamo un appartamento di categoria catastale A/2, di classe 5, situato in un Comune medio con

zona censuaria unica, è possibile individuare sulla Gazzetta Ufficiale una tariffa che, moltiplicata per

il numero di vani, fornisce la rendita catastale dell’immobile.

Per esempio, se la tariffa è di 300 euro e i vani sono 4 la rendita è pari a 1.200 euro.

Per tener conto dell’andamento del costo della vita, le rendite catastali possono “essere rivalutate”, ossia

aumentate di una determinata percentuale, incrementando così la base per l’applicazione delle imposte.

Dal 1997 le rendite catastali sono state aumentate del 5 per cento.

Nell’esempio visto sopra, la rendita catastale rivalutata sarebbe di 1.260 euro (1.200 + 5 per cento).

La rendita catastale rivalutata rappresenta anche il reddito imponibile ai fini Irpef.

La stessa rendita, moltiplicata per 100 nel caso delle abitazioni (nell’esempio, per un totale di 126 mila

euro), costituisce il valore “fiscale” di riferimento ai fini dell’applicazione dell’ Ici.

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