L'articolo 3, comma 7-bis, del decreto legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46(1), recante disposizioni volte a dare attuazione agli obblighi comunitari e internazionali, sembra aver risolto definitivamente l'annosa questione della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese.

La "vertenza" era sorta nel 1993, allorché la Corte di giustizia Ce aveva dichiarato l'incompatibilità con la normativa comunitaria della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel Registro delle imprese - "tassa sulle società" - prevista dall'articolo 3 del decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853, che doveva essere pagata annualmente in misura fissa da tutte le società, indipendentemente dall'effettiva iscrizione di uno o più atti societari.

In ottemperanza alla pronuncia del giudice comunitario, il legislatore statale aveva previsto che, a partire dal 1993, la tassa sulle società fosse dovuta solo per l'iscrizione nel Registro delle imprese dell'atto costitutivo della società e degli altri atti sociali, abolendo la previsione del pagamento della tassa fissa annuale. Successivamente, per sanare la situazione relativa agli anni durante i quali era stata in vigore la norma censurata, è intervenuto l'articolo 11 della legge 448/1998, che non ha previsto la completa abolizione del tributo per il periodo 1985-1992, ma solo la riduzione degli importi dovuti.
In particolare la norma disponeva:

che gli importi della tassa in questione fossero notevolmente ridotti, prevedendo il rimborso della differenza tra quanto effettivamente pagato dalle società negli anni in questione e i nuovi importi fissati dallo stesso articolo 11
che gli interessi sulle somme da rimborsare fossero calcolati nella misura del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della legge medesima, pari al 2,5 per cento annuo
che i rimborsi spettassero solo a coloro che avevano presentato regolare istanza di rimborso entro il termine triennale previsto dall'articolo 13 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 641, che reca la disciplina generale in materia di tasse sulle concessioni governative.
La Corte di giustizia Ce, con sentenza 10 settembre 2002, ha ritenuto incompatibili con la direttiva comunitaria n. 69/335/Cee anche i nuovi importi della tassa sulle società, fissati dall'articolo 11 citato, in quanto non correlati al costo del servizio reso dallo Stato alle imprese. L'Organismo, inoltre, ha:

stabilito che gli interessi da rimborsare dovessero essere calcolati nella misura - più elevata del tasso legale - prevista dalla legge n. 29/1961, in quanto disposizione applicabile a tutti i rimborsi in materia di tassa sulle concessioni governative
confermato che la presentazione dell'istanza di rimborso entro il termine triennale dal versamento fosse condizione imprescindibile per ottenere il rimborso.
A seguito di tale pronuncia, l'Agenzia delle entrate aveva emanato la circolare n. 20 del 1° giugno 2004, con la quale gli uffici erano stati invitati a provvedere "all'esecuzione dei rimborsi, senza coltivare ulteriormente le controversie in cui sia in discussione il diritto delle società al rimborso della tassa di concessione governativa e/o la misura degli interessi relativi". Dovevano, invece essere proseguite le controversie relative a istanze di rimborso presentate oltre il termine di decadenza triennale, ritenuto legittimamente applicabile al caso di specie anche da parte della Corte di giustizia.

Anche la giurisprudenza nazionale, sia di merito che di legittimità, ha sempre sostenuto che l'articolo 11 citato non potesse trovare applicazione, in quanto la tassa forfetaria retroattiva che aveva istituito non poteva annoverarsi tra quei "diritti di carattere remunerativo" che la normativa comunitaria ritiene applicabili dagli Stati membri, non essendo in alcun modo connessa al costo del servizio reso (da ultimo, Cassazione, sentenza n. 6210 del 20 marzo 2006).

Da ultima, è intervenuta la sentenza 11 maggio 2006, con la quale la Corte di giustizia Ce ha ribadito i principi già espressi nella precedente pronuncia del 10 settembre 2002: la tassa sulle società è stata nuovamente considerata in contrasto con l'articolo 10 della direttiva che vieta agli Stati membri la possibilità di applicare alcuna imposizione, sotto qualsiasi forma, alle formalità preliminari a cui sia sottoposta una società per poter esercitare la propria attività. Né, d'altronde, il tributo in questione poteva essere considerato un diritto remunerativo, ai sensi dell'articolo 12 della direttiva medesima, che consente, in deroga al precedente articolo 10, l'applicazione di un'imposizione solo in quanto la stessa costituisca il corrispettivo di un costo sostenuto dallo Stato per svolgere un determinato servizio a favore del contribuente stesso.

A questo punto dell'intricata vicenda, il legislatore italiano ha inteso adeguarsi con un intervento normativo, anche al fine di evitare un'eventuale procedura d'infrazione da parte degli organi comunitari. E' così intervenuto il citato comma 7-bis dell'articolo 3 del Dl 10/2007, che ha previsto l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 11 della legge 448/1998, che fissava i nuovi importi della tassa sulle società.

Pertanto, è ormai espressamente sancito che per gli anni 1985-1992 nessuna tassa era dovuta, né per l'iscrizione delle società nel Registro delle imprese, né per gli anni successivi alla costituzione stessa, indipendentemente dall'avvenuta iscrizione di altri atti societari.
Il comma 7-bis, poi, ha modificato il comma 2 dell'articolo 11 più volte citato, riconoscendo alle società il diritto a conseguire il rimborso dell'intero tributo versato negli anni 1985-1992, non essendo più possibile, come già rilevato dall'Amministrazione finanziaria con la citata circolare n. 20/E del 2004, la parziale restituzione della tassa nei limiti normativamente previsti.
In ultimo, la novella in esame ha previsto che gli interessi sulle somme da rimborsare devono essere calcolati non più al saggio legale vigente al 1° gennaio 1999, data di entrata in vigore dell'articolo 11 della legge 448/1998, ma nella misura prevista dall'articolo 1 della legge 29/1961, disposizione che prevede espressamente l'entità degli interessi che devono essere applicati alle tasse e alle imposte indirette sugli affari dovute all'Erario e, per espresso richiamo del successivo articolo 5, ai rimborsi di tali tributi al contribuente.
Attualmente la misura degli interessi è fissata all'1,375 per cento, da computarsi per ogni semestre compiuto.

Nessuna modifica, invece, è intervenuta in ordine all'ultima parte del comma 2 dell'articolo 11 della legge 448/1998, laddove il rimborso della tassa sulle società è subordinato alla presentazione di apposita istanza, entro il termine triennale previsto dall'articolo 13 del Dpr 641/1972.
Anche la Corte di Giustizia, infatti, ha affermato che "il diritto comunitario non vieta a uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza triennale che deroga al regime ordinario dell'azione di ripetizione dell'indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole, purché detto termine di decadenza si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi basate sul diritto comunitario e a quelle basate sul diritto nazionale".
Resta fermo, quindi, il principio per cui entro tre anni dalla data di ciascun versamento la società doveva produrre istanza di rimborso, pena l'esclusione dal diritto al rimborso stesso.

NOTE:
1) La legge n. 46 del 2007 ha introdotto, all'articolo 3 del Dl n. 10 del 2007, il comma 7-bis che così recita: "Al fine di adeguare la normativa nazionale alle prescrizioni della giurisprudenza comunitaria di cui alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee C-197/03 dell'11 maggio 2006, all'articolo 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è abrogato;
b) al comma 2, le parole: "indicati al comma 1" sono sostituite dalle seguenti: "1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992" e le parole: "della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del citato comma 1" sono sostituite dalle seguenti: "delle somme versate";
c) al comma 3, le parole: "nella misura del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della presente legge" sono sostituite dalle seguenti: "nella misura stabilita dall'articolo 1 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, e successive modificazioni"; nella rubrica, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee C-197/03 dell'11 maggio 2006".


Fonte: Cristiana Usai – Agenzia Entrate.

0 commenti:

 
Top