L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 56/E del 30 maggio, fornisce alcuni chiarimenti in merito al trattamento Iva relativo all’attività di riscossione e pagamento delle imposte. L’intervento si è reso necessario in seguito all’evolversi della disciplina e, in particolare, alle modifiche apportate dall’articolo 38 del Dl 179/2012, agli articoli 4 e 10 del Dpr 633/1972 (“decreto Iva”).

Per semplificare e introdurre l’argomento, possiamo intanto dire che sono tre le problematiche affrontate e, di conseguenza, tre i dubbi risolti:

l’eventuale esenzione Iva per il servizio svolto da società a capitale interamente pubblico (società in house), partecipate dagli stessi enti impositori per conto dei quali agiscono
gli ambiti operativi dell’attività di riscossione e conseguente imponibilità
esenzione per le operazioni connesse al pagamento delle imposte.
Prima di scendere nello specifico, c’è da dire che le nuove regole e, tra queste, l’abolizione dell’esenzione d’imposta per la riscossione dei tributi, è conseguente al recepimento dei principi indicati nella direttiva Ce del 28 novembre 2006, n. 112.

Società ed ente locale, due soggetti distinti
Il primo interrogativo a cui la risoluzione risponde riguarda l’esenzione Iva relativa all’attività di riscossione (articolo 4, quinto comma, del Dpr 633/1972) nel caso essa sia svolta da società in house ovvero con capitale interamente pubblico, partecipate da enti locali per i quali lavorano.
Già dalle prime righe, il documento chiarisce che tali aziende mancano del requisito soggettivo, richiesto dall’articolo 13 della direttiva Ce 112/2006, per beneficiare dell’agevolazione. Le operazioni in questione, infatti, non sono, imponibili soltanto se effettuate direttamente dagli enti impositori. Viceversa, le società che svolgono il servizio per conto di quest’ultimi, anche se controllate al 100%, rappresentano imprese commerciali e soggetti giuridicamente distinti.
Tale interpretazione è supportata da numerosi documenti di prassi, nonché dalla disciplina e dalla giurisprudenza comunitaria. Né la questione, di carattere strettamente tributario, può essere mutuata dal diritto pubblico e in particolare dalla normativa e dalla giurisprudenza riguardanti gli appalti, che equiparano, in certi casi, queste società agli enti pubblici.

Focus sulle attività imponibili
Cancellata l’esenzione e modificato l’articolo 10, primo comma, n. 5, del Dpr 633/1972, l’Agenzia precisa che sono diventate imponibili tutte le attività connesse alla riscossione di entrate tributarie e patrimoniali di enti pubblici o privati.
Di conseguenza, partendo dal presupposto che lo schema operativo seguito è sempre lo stesso, la risoluzione individua come imponibili, tra gli altri, i compensi percepiti per la gestione di ruoli e liste, la notifica di cartelle e avvisi di pagamento, la ricezione di pagamenti, il riconoscimento di eventuali dilazioni o sospensioni, l’esecuzione forzata della riscossione, senza fare alcuna distinzione, mette in chiaro la risoluzione, tra riscossione coattiva e riscossione spontanea.

Niente Iva per il tributo solo in transito
Ancora sotto i riflettori, per il terzo chiarimento, il novellato articolo 10 del Dpr 633/1972 (combinato disposto dei numeri 1 e 5 del primo comma), che fa esenti i corrispettivi ricevuti per operazioni di pagamento delle imposte o altri tipi di entrate (come il canone Rai e bollo auto), effettuate “a norma di specifiche disposizioni di legge, da aziende e istituti di credito” per conto dei contribuenti.
Qui il dubbio poteva nascere dai margini ristretti che, in apparenza, presenta la norma, indicando tra i soggetti coinvolti dall’esclusione soltanto “aziende e istituti di credito”.
In realtà, per l’Agenzia delle Entrate, l’esenzione si riferisce alle operazioni e non agli operatori che le compiono che, naturalmente, devono essere però abilitati al servizio.
In particolare, a sostegno di tale conclusione, la risoluzione ricorda l’articolo 135 della direttiva 112/2006, “le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni ed altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti”, e la decisione con la quale la Corte di giustizia Ce chiarisce che tali attività sono esenti anche se non realizzate da una banca: “l’esenzione non è soggetta alla condizione che le operazioni siano effettuate da un certo tipo di istituti di credito, da un certo tipo di persona giuridica o, in tutto o in parte, in una determinata maniera, elettronica o manuale”.

Tornando alla normativa nazionale, in armonia con la linea Ue, l’articolo 10 considera esenti, tra l’altro, “le dilazioni di pagamento, le operazioni, compresa la negoziazione, relative a depositi di fondi, conti correnti, pagamenti, giroconti, crediti e ad assegni o altri effetti commerciali, a eccezione del recupero dei crediti (…) e il servizio bancoposta” e la circolare 205/2001 precisa che anche i connessi servizi informatici utilizzati per eseguire tali movimenti non scontano l’Iva.
In definitiva, l’imposta non si applica quando il servizio riguarda un mero transito di mezzi finanziari, a prescindere dall’operatore incaricato.

In pratica, sono esenti i corrispettivi ricevuti per i servizi di versamento effettuati tramite modello F24 e F23, gli eventuali diritti o commissioni percepiti in relazione al pagamento di altre entrate (canone Rai, tassa automobilistica regionale, eccetera), anche se riscossi non da istituti di credito ma da agenti della riscossione, uffici postali, tabaccai, Aci o altri intermediari autorizzati.
L’esenzione viene meno e l’aliquota è quella ordinaria (risoluzione 25/2003) se il corrispettivo è unico e cumulativo per più servizi, alcuni dei quali imponibili, come la riscossione, l’accertamento o la liquidazione di tributi. In tal caso, l’Iva è dovuta e va calcolata sull’intero compenso.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top