Domanda
Una società si occupa di esposizioni e dei relativi rinnovi a scadenza di cartelli pubblicitari per conto della propria clientela. Quest'ultima autorizza in forma scritta la società, a svolgere le pratiche necessarie presso i comuni al fine di ottenere le autorizzazioni all'esposizione pubblicitaria. La società dovendo presentare a suo nome, presso i comuni, la richiesta di autorizzazione, indica la propria ragione sociale sul bollettino con il quale anticipa l'imposta di pubblicità per conto del cliente. Il rimborso della suddetta imposta viene fatturato escludendolo dalla base imponibile ai sensi dell'art. 15, D.P.R. n. 633/1972, allegando alla fattura il bollettino versato. Diversamente la prestazione di servizio per lo svolgimento della pratica risulta essere imponibile IVA. Si chiede se, sulla base di tali presupposti, sia corretta l'esclusione, ai sensi dell'art. 15, dalla base imponibile dell'imposta di pubblicità anticipata, pur in assenza del nominativo del cliente sul bollettino pagato.

Risposta
Secondo quanto disposto dall'art. 6, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il soggetto passivo dell'imposta comunale sulla pubblicità è colui che, a qualsiasi titolo, dispone del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso. Il titolare del mezzo pubblicitario, pertanto, è il soggetto tenuto al pagamento dell'imposta in via principale, mentre solidalmente obbligato al pagamento è colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità, cioè il soggetto pubblicizzato.

Nel caso in esame, pertanto, non è corretto richiamare il disposto dell'art. 15, comma 1, n. 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale esclude dalla base imponibile Iva le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte dal prestatore o dal cedente in nome e per conto del committente o del cessionario, purché regolarmente documentate.

Il caso in esame si ritiene sia invece inquadrabile nell'art. 13, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui nella base imponibile Iva delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi sono compresi anche "gli oneri e le spese inerenti all'esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente", sempreché tale addebito sia previsto contrattualmente. Tra i debiti ed altri oneri accollati al cessionario o al committente vanno ricompresi anche le imposte, i dazi, le tasse ed i prelievi, ad eccezione della stessa imposta sul valore aggiunto.

Il caso esposto nel quesito, tuttavia, è molto particolare nel senso che, se si è compresa bene la questione, la società assolve l'imposta di pubblicità in nome proprio e nell'interesse del soggetto pubblicizzato (i clienti) agendo, pertanto, come mandatario senza rappresentanza.

L'art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 dispone che le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante ed il mandatario. In merito si osserva che il pagamento dell'imposta sulla pubblicità è fuori campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, ossia va effettuato senza applicazione dell'Iva sul relativo importo, considerata la sua natura tributaria . Quindi, l'onere a carico della società titolare del mezzo pubblicitario (pagamento dell'imposta sulla pubblicità) non è soggetto ad Iva. Si ritiene, pertanto, in base al principio di omologazione tra i servizi ricevuti dal mandatario e quelli resi al mandante affermato dall'art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, che il riaddebito di tale onere tributario all'impresa debba intendersi, del pari, non assoggettabile all'imposta sul valore aggiunto.


Fonte: IPSOA

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