Nelle cessioni con clausola “franco fabbrica”, in cui il fornitore nazionale consegna i beni al vettore incaricato dal cliente, la prova dell’avvenuta operazione intracomunitaria può essere fornita con il Cmr elettronico, oltre che cartaceo. Stessa valenza probatoria, inoltre, ai documenti che contengano le medesime informazioni del Cmr (cedente, vettore, cessionario).
È la conclusione della risoluzione n. 19/E del 25 marzo, con cui l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla prova del trasporto dei beni, affinché l’operazione possa qualificarsi cessione intracomunitaria e quindi non imponibile (articolo 41 del Dl 331/1993).

L’Agenzia rileva innanzitutto che la normativa comunitaria (direttiva 2006/112/Ce) lascia ai singoli Stati membri la possibilità di indicare gli strumenti comprovanti l’avvenuto trasporto della merce da uno Stato all’altro, nel rispetto dei principi di neutralità dell’imposta, certezza del diritto e proporzionalità delle misure adottate, e che il legislatore italiano non ha dettato norme specifiche al riguardo, consentendo alle parti di provare con ogni mezzo la natura dell’operazione.

Vengono, quindi, in aiuto alcuni documenti di prassi.
La risoluzione n. 345/2007, ad esempio, individua nel “documento di trasporto” la prova idonea a dimostrare il transito delle merci verso un Paese Ue, da conservare, ed eventualmente esibire, unitamente agli elenchi Intra, alle fatture e alla documentazione bancaria.
Un’altra risoluzione, la n. 477/2008, tratta proprio le cessioni “franco fabbrica”, in cui, come accennato, il cedente nazionale consegna i beni al vettore incaricato dal cliente, senza ricevere una copia del documento di trasporto controfirmato dal destinatario per ricevuta. In tal caso, precisa la risoluzione, la prova “potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”.

Alla luce dei chiarimenti forniti con i due documenti di prassi, l’Agenzia, con la risoluzione in esame, ritiene che il Cmr elettronico è un mezzo di prova che ha pari valore del Cmr cartaceo. Avendo, infatti, il medesimo contenuto, è idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio italiano.

Inoltre, accogliendo la tesi dell’istante, l’Agenzia precisa che la prova dell’avvenuto trasporto dei beni da un Paese all’altro possa essere fornita anche con documenti diversi dal Cmr cartaceo. Il Cmr, infatti, contiene i dati della spedizione e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario). Se gli stessi elementi si possono avere con documenti separati essi hanno ugualmente valore probatorio.

Un’ultima precisazione sul Cmr elettronico e sui documenti equipollenti. Entrambi hanno, sì, lo stesso valore del Cmr cartaceo, ma non sono considerati a tutti gli effetti documenti informatici in quanto privi di “riferimento temporale” e di “sottoscrizione elettronica”. Tali documenti, pertanto, sono da qualificarsi, sotto il profilo giuridico, come documenti analogici. In proposito, la risoluzione n. 158/2009 ha precisato: “ciò comporta che un siffatto documento, carente dei requisiti per essere considerato fin dalla sua origine come un documento informatico, dovrà essere materializzato su un supporto fisico per essere considerato giuridicamente rilevante ai fini delle disposizioni tributarie”.

L’Agenzia ricorda, infine, che i documenti di trasporto hanno valenza probatoria se conservati con le fatture, la documentazione bancaria e gli elenchi Intrastat. Il fornitore dovrà, quindi, acquisire e conservare i mezzi di prova con l’ordinaria diligenza e rendere disponibili i documenti per gli eventuali controlli dell’Amministrazione finanziaria.


Fonte: Agenzia Entrate

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