La Corte di giustizia ha dichiarato che l'Irlanda, applicando un'aliquota Iva ridotta (4,8%) alle cessioni di levrieri e cavalli, non destinati alla preparazione di prodotti alimentari, al noleggio di cavalli e a taluni servizi di inseminazione artificiale, ha violato alcuni degli obblighi previsti dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.

La vicenda al centro della controversia
I fatti prendono le mosse da una lettera di diffida, con cui la Commissione europea contestava all’Irlanda che l'applicazione di un'aliquota Iva ridotta alle menzionate operazioni avrebbe potuto costituire un inadempimento degli obblighi derivanti agli Stati dalla direttiva 2006/112 e, in particolare, agli artt. 96, 98, nel combinato disposto con l'allegato III, articoli 110 e 113 della direttiva. Successivamente, poiché la censura era disattesa da parte dello Stato irlandese, la Commissione adiva la Corte di giustizia.

Il procedimento dinanzi agli eurogiudici
La Commissione si duole che, a suo avviso, la legislazione fiscale irlandese contrasti – tra l'altro - con le condizioni di cui al secondo comma dell'articolo 110 della direttiva 2006/112: in particolare, quelle secondo cui l’aliquota IVA ridotta deve essere adottata per “ragioni sociali ben definite" ed "a favore del consumatore finale".
La Commissione, a questo proposito, ricorda che sono adottate per “ragioni sociali ben definite" quelle misure dirette al fine di ridurre la pressione fiscale sul consumo di beni o servizi che coprono bisogni sociali di base.
Ebbene, la fornitura di levrieri e cavalli, il noleggio di cavalli e i servizi di inseminazione artificiale non possono, secondo parte ricorrente, essere ritenute misure necessarie per coprire tali bisogni.
Infatti, nota la Commissione, soltanto una piccola percentuale della popolazione è in grado di acquistare cavalli e levrieri, a causa del loro prezzo elevato. Né - continua – la promozione di corse di cavalli, salto ad ostacoli ed altri sport equestri pare costituire una ragione sociale.
Inoltre, la circostanza che talune attività, come quelle de quibus, sono parte di una cultura o derivano da una lunga tradizione propria di uno Stato membro non sembra alla Commissione una ragione sufficiente a rendere la loro promozione una ragione sociale.

Le valutazioni sul ricorso dell'Irlanda
Lo Stato irlandese, nel suo controricorso, giustifica, invece, l'applicazione delle aliquote Iva ridotte per ragioni prevalentemente economiche.
Invece, tenuto conto che l'articolo 110 della direttiva 2006/112 costituisce una deroga al regime Iva normale, che deve essere interpretata restrittivamente, l'Irlanda avrebbe dovuto fornire la prova che l'aliquota ridotta di cui trattasi era stata adottata per motivi di interesse esclusivamente sociale o, almeno, per motivi di interesse principalmente sociale. Cosa che non è stata in grado di fare.
Neanche il secondo requisito per l'applicazione di una aliquota IVA ridotta, ossia il “favore” per il consumatore finale, appare rispettato.
Nel quadro del regime generale Iva, infatti, il consumatore finale è il soggetto che acquista beni o servizi per uso personale, non al fine di esercitare un'attività economica.
Tuttavia, per quanto concerne il caso attuale, un gran numero di acquirenti di cavalli o levrieri o utenti dei servizi di inseminazione sono agenti economici - soggetti percossi dall'imposta sul valore aggiunto – che, quindi, sono in grado di traslare l'Iva su altri soggetti.
Né lo Stato irlandese, nelle sue difese, riesce a spiegare in che misura i consumatori delle operazioni sarebbero più “vicini” alle operazioni soggette a Iva a monte rispetto ad altre attività economiche.
Infine, contesta succintamente la Commissione, senza che lo Stato irlandese controdeduca adeguatamente, neanche per i servizi di inseminazione artificiale, considerati dall'Irlanda come operazioni di vendita, è applicabile l'aliquota Iva ridotta, ex articolo 110 della direttiva 2006/112.

Le conclusioni della Corte
Per tutto quanto sopra, la Corte di Giustizia ha ritenuto fondate le censure mosse dalla Commissione Europea alla legislazione Iva irlandese, con conseguente condanna dell'Irlanda - e della Francia, intervenuta ad adiuvandum – a sopportare le spese del procedimento.
In questo senso, gli eurogiudici confermano il loro orientamento restrittivo, che mira a giustificare una riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto soltanto in ipotesi circoscritte, pena la distorsione del sistema comune Iva.

Fonte: sentenza 14 marzo 2013, causa C-108/2011

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