QUESITO

L'istante in sede di divorzio è stato condannato con sentenza a corrispondere un

assegno alimentare pari a euro …, all’ex coniuge, signora TIZIA, subendo a tal

fine una trattenuta dall’ INPS sulla propria pensione.

Successivamente, l’istante ha proposto azione legale nei confronti della ex

moglie ritenendo di averle corrisposto una somma, a titolo di liquidazione, in

misura maggiore del dovuto. Il tribunale di … con sentenza … del … 2007,

riconoscendo il suo credito, ha stabilito che la signora TIZIA dovesse restituirgli

la somma di euro … (parte della suddetta liquidazione) e che la restituzione

avvenisse mediante ordinanza all’INPS “di non effettuare più la trattenuta sulla

pensione della somma di euro … mensili” fino ad esaurimento del credito.

Sulla base di ciò l’istante ha chiesto se possa continuare a dedurre dal proprio

reddito l’importo annuo destinato al mantenimento dell’ex coniuge, anche in

assenza del materiale esborso dell’assegno.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Il contribuente ritiene di poter effettuare la deduzione (anche in assenza di

esborso materiale) e che, al fine di giustificare detto diritto, sia sufficiente la

sentenza del tribunale di …; inoltre egli comunicherebbe all’ex moglie, a mezzo

raccomandata, l’importo trattenuto e scalato di anno in anno dal totale dovuto

dalla stessa.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’art. 10, comma 1, lettera c), del TUIR stabilisce che sono deducibili dal reddito

“gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al

mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di

scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti

civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”.

Va evidenziato che nel sistema del TUIR, le somme corrisposte “una tantum” al

coniuge, diversamente da quanto stabilito per gli assegni periodici, non sono

riconducibili ad alcuna categoria reddituale, in capo al percipiente ( Corte Cost.

ordinanza del 06/12/2001- Corte Cass.: sentenza del 12/10/1999 n. 11437 ), e non

sono contemplate tra gli oneri che danno diritto alla deduzione dal reddito, ai

sensi dell’art. 10 del TUIR, per il coniuge che li corrisponde.

Ne consegue che anche la restituzione di dette somme, qualora siano state

corrisposte dal coniuge divorziato in misura maggiore del dovuto, non assume

alcuna rilevanza reddituale.

Nella fattispecie in esame, la ex moglie deve restituire al contribuente istante, in

quanto non dovuta, una somma a suo tempo trattenuta in eccesso a valere sulla

liquidazione di fine rapporto di lavoro del marito.

Ai sensi dell’art. 12-bis della legge 1 dicembre 1970, n. 898, infatti, il coniuge

nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione

degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in

quanto sia titolare di assegno di mantenimento divorzile, ad una percentuale

dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione

del rapporto di lavoro, anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza di

divorzio. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale

riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Non può richiedersi la quota di TFR se la corresponsione dell'assegno di

mantenimento in sede di divorzio sia stata concordata in unica soluzione.

La percentuale di indennità di fine rapporto cui ha diritto il coniuge separato (o

divorziato) deve essere intesa al netto delle imposte che sono calcolate dal datore

di lavoro erogante la medesima indennità, secondo le disposizioni del Tuir.

Con riferimento a detta somma, in quanto erogata una tantum, non deve essere

operata nessuna tassazione in capo al coniuge separato né è possibile per il

coniuge erogante beneficiare della deduzione dal reddito

Secondo quanto assume l’istante, il giudice ha stabilito che la restituzione della

somma di euro … (parte della suddetta liquidazione) debba avvenire mediante

l’ordinanza all’INPS “di non effettuare più la trattenuta sulla pensione della

somma di euro … mensili” fino ad esaurimento del credito.

Quanto disposto dal giudice, in merito alla sospensione della erogazione

dell’assegno periodico, realizza pertanto una compensazione tra due diversi

emolumenti, gli assegni periodici spettanti alla moglie e la quota di liquidazione

che la stessa deve restituire al marito.

In sostanza nel nuovo assetto dei rapporti economici conseguenti allo

scioglimento del matrimonio, delineato dal giudice, permane a carico dell’istante

l’obbligo degli alimenti nei confronti dell’ex moglie, che è assolto, peraltro,

attraverso la descritta procedura di compensazione.

In tale contesto si è dell’avviso che l’istante possa dedurre l’importo

corrispondente all’assegno alimentare, dato che si realizza la situazione

disciplinata dall’art. 10 del TUIR, secondo cui gli assegni periodici sono

deducibili nella misura in cui risultino dal provvedimento dell'autorità giudiziaria

e siano sostenuti dal contribuente (sia pure con il meccanismo della

compensazione).

Va al riguardo evidenziato che gli assegni periodici deducibili dal reddito, per

effetto dell’art. 10 citato, da parte del coniuge che li eroga, vanno assoggettati ad

IRPEF da parte del coniuge percipiente, quali redditi assimilati al lavoro

dipendente, ai sensi dell’art. 50, comma 1, lettera i) del TUIR.

L’articolo 52, comma 1, lettera c), del Tuir, concernente la “determinazione dei

rediti assimilati a quelli di lavoro dipendente”, stabilisce che gli assegni in

questione “si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle

scadenze risultanti dai relativi titoli”. Nel caso in esame la percezione si deve

ritenere realizzata per effetto della intervenuta compensazione.

Pertanto la ex moglie deve continuare ad assoggettare ad imposizione l’importo

dell’assegno alimentare in questione.

Risoluzione Agenzia Entrate 157/E del 15 giugno 2009.

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