In caso di mancata emissione di scontrini fiscali, per importi anche esigui, la sanzione accessoria consistente nella chiusura di un esercizio commerciale (mediante l'apposizione del sigillo oppure di altro segno idoneo a manifestare pubblicamente le ragioni fiscali del vincolo imposto) non costituisce una "vessazione ingiusta ed arbitraria" nei confronti del contribuente, ma è la semplice conseguenza di un suo comportamento che integra la fattispecie descritta dalla norma per l'applicazione della sanzione, nel pieno rispetto della legalità.

Lo ha stabilito, con sentenza n. 48 del 3 marzo 2008, la Commissione tributaria provinciale di Milano.

La fattispecie

Un contribuente ricorreva alla competente Ctp, contestando il provvedimento di sospensione dall'esercizio dell'attività per tre giorni consecutivi, adottato dall'Amministrazione finanziaria quale "sanzione accessoria" conseguente alla mancata emissione in tre momenti diversi di altrettanti scontrini fiscali(1) (violazione accertata con tre distinti processi verbali di constatazione elevati dalla Guardia di finanza).

All'accertamento delle violazioni aveva fatto seguito l'irrogazione delle relative sanzioni amministrative, definite dal contribuente in forma agevolata (versamento di 1/4 del minimo edittale della sanzione applicata nei sessanta giorni dalla notifica degli atti di contestazione).

In sede di opposizione, il contribuente contestava il contenuto della "sanzione accessoria", ritenendola "eccessiva" e "sproporzionata" rispetto al tipo di violazione accertata, rappresentando nel ricorso anche l'azione intrapresa contro l'Amministrazione per il risarcimento del danno ingiusto, ex articolo 2043 del Codice civile.

L'ufficio finanziario, costituitosi in giudizio, sosteneva invece, chiaramente, la validità della proprie ragioni consistente nella legittimità della sospensione dall'esercizio dell'attività, ex articolo 12, commi da 2 a 2-quater, del Dlgs 471/1997.

La decisione

La Commissione tributaria ha respinto il ricorso del contribuente, ritenendo prive di pregio "le continue esternazioni, evidenziate nel ricorso, riguardanti il carattere eccessivamente gravoso e mortificante della sanzione accessoria irrogata, ritenuta sproporzionata rispetto all'entità della violazione compiuta", facendo, inoltre, rilevare a tal fine che il ricorrente, per il provvedimento di sospensione dell'attività, non aveva formulato una vera e propria specifica contestazione ai rilievi circa la mancata emissione degli scontrini, limitandosi a evidenziare esclusivamente "la gravosità della stessa, conseguente anche all'apposizione dei sigilli, finalizzata a pubblicizzare le ragioni fiscali della chiusura dei locali e limitandosi ad enunciare genericamente l'ingiustizia della sanzione irrogata".

Il contribuente, in sostanza, avrebbe utilizzato la tutela giurisdizionale offerta dalla legge non per eccepire con fondati motivi un vizio dell'atto impugnato, ma soltanto per avere ritenuto il fatto della chiusura del proprio esercizio commerciale "eccessivamente penalizzante" rispetto alle violazioni commesse.

Il fatto che la sanzione prevista dall'articolo 12 del Dlgs 471/1997 consista, in concreto, nella chiusura dell'esercizio commerciale, mediante l'apposizione del sigillo da parte dell'organo procedente, oppure di altro segno idoneo a manifestare pubblicamente le ragioni fiscali del vincolo imposto, non può essere oggetto di contestazione da parte del trasgressore - motiva la sentenza - perché si tratta di un dettato preciso, operato dal legislatore per realizzare un obiettivo specifico, a cui si è conformato l'ufficio finanziario.

Il legislatore, in effetti, ha subordinato l'irrogazione della "sanzione accessoria" alla contestazione di tre distinte violazioni, che possono considerarsi un indice rappresentativo di un tendenziale modus operandi in contrasto con gli obiettivi previsti dalla legge.

Ha rilevato, infine, il Collegio che la sanzione accessoria non costituisce comunque una vessazione ingiusta e arbitraria nei confronti del contribuente, ma è la conseguenza - sic et simpliciter - di un comportamento del contribuente stesso che integra la fattispecie descritta dalla norma per sanzionarla con le modalità previste dalla legge stessa, nel pieno rispetto della legalità.

NOTE:

1) Si fa presente, che per effetto delle modifiche apportate all'articolo 12, comma 2, del Dlgs 471/1997, è previsto che, a decorrere dal 1° marzo 2008, "Qualora siano state contestate ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, e' disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. In deroga all'articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione e' immediatamente esecutivo. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione e' disposta per un periodo da un mese a sei mesi".

E' stata, inoltre, eliminata, dal 1° gennaio 2008, la cosiddetta "gogna fiscale", consistente nell'affissione del cartello sulla serranda dei negozi chiusi per mancata emissione degli scontrini fiscali.



Fonte: Agenzia Entrate - Salvatore Servidio

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