La decisione si è concentrata proprio su tale ultima categoria di prodotti, ovvero quelli definiti ad uso combinato. La controversia vede protagonisti una società dei Paesi Bassi, operante nel campo della lavorazione dello zucchero, e l’Amministrazione fiscale dello stesso Paese.

Il protagonista della controversia
La contribuente, più specificatamente, produce zucchero e prodotti contenenti zucchero con un laborioso procedimento che parte dalla lavorazione delle barbabietole da zucchero. Ai fini di tale processo, la società dei Paesi Bassi si serviva di un apposito combustibile, ovvero il carbone.
L’utilizzo del carbone permette, mediante lo sprigionamento di determinati vapori (biossido di carbonio), oltre alla raffinazione dello zucchero, anche di ottenere, alla fine dell’utilizzo del combustibile stesso, i cosi detti fanghi di carbonatazione, che la stessa società vende quali fertilizzanti per l’agricoltura.
Rifacendosi alla nozione presente nell’ambito della direttiva comunitaria 2003/96, che ha istituito un regime che impone livelli minimi di armonizzazione della tassazione di tutti i prodotti energetici e dell’elettricità e che ha escluso dal suo ambito di applicazione i cosi detti prodotti ad uso combinato, la società chiedeva il rimborso della tassa sui combustibili, sottolineando come società analoghe di altri paesi dell’unione europea come Belgio, Germania, Francia e Regno Unito, non sono soggette alla tassa prevista dalla direttiva menzionata.

La posizione dell’Amministrazione fiscale
L’amministrazione fiscale dei Paesi bassi non accoglieva però la domanda della contribuente e respingeva la richiesta di rimborso. Secondo il fisco, infatti, la società utilizzava il carbone unicamente quale combustibile, non rilevando a nulla la valorizzazione o meno di tale prodotto energetico quale necessario componente per la realizzazione di un prodotto diverso, nella specie i fanghi di carbonatazione. Inoltre, l’amministrazione fiscale nazionale ha precisato come la normativa dei paesi bassi in materia di tassazione energetica abbia una portata più restrittiva delle analoghe disposizioni comunitarie.
Avverso la decisione del Fisco del proprio Paese, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi al giudice nazionale che, in primo grado, sposava le tesi dell’amministrazione finanziaria. La contribuente proponeva, dunque, appello avverso detta decisione ed il giudice del rinvio decideva di sospendere il giudizio pendente per chiedere ai competenti magistrati di Lussemburgo se in una fattispecie come quella di cui trattasi possa parlarsi o meno di uso combinato ai sensi della direttiva 2003/96.
Analizzando il contesto normativo di riferimento, rileviamo come ai sensi delle direttiva 2003/96 la necessità di prevedere livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, come elettricità, gas naturale e carbone, valevoli per tutti gli stati membri, sia finalizzata ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno e il conseguimento degli obiettivi di altre politiche comunitarie.

Le richieste formulate alla Corte Ue
La Corte di Giustizia dell’Unione europea è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla direttiva 2003/96 che ha istituito un regime che impone livelli minimi di armonizzazione della tassazione di tutti i prodotti energetici e dell’elettricità e che ha escluso dal suo ambito di applicazione alcuni prodotti energetici, compresi quelli classificati come prodotti ad uso combinato.
Dopo aver dettagliatamente elencato quali sono i prodotti energetici ai quali si applica, la direttiva 2003/96 esclude recisamente dal proprio ambito di applicazione, tra l’altro, i  prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento e gli  usi combinati dei prodotti energetici, avendo cura di precisare che un prodotto energetico può dirsi che abbia un uso combinato quando è utilizzato sia come combustibile per riscaldamento che per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento.

La normativa fiscale nazionale
Passando alla normativa dei Paesi bassi, l’articolo 20 della legge recante istituzione delle tasse energetiche e per la protezione dell’ambiente  del 1994 precisa che può parlarsi di uso combinato quando il prodotto energetico non è utilizzato solo quale carburante o combustibile ma anche a fini diversi.
La normativa nazionale prevede poi che al carbone si applica la cosi detta  tassa sui combustibili, precisando, però, che è concessa l’esenzione dal pagamento stesso in caso di uso combinato del carbone, o di uso diverso da quello combustibile.

Il ragionamento seguito dalla Corte
La Corte europea, partendo da un’analisi complessiva delle disposizioni dettate in materia di tassazione energetica e ambientale da parte delle direttiva 2003/96 ha chiarito che l’utilizzazione di un prodotto energetico è sempre soggetto a tassazione ad esclusione di quei casi eccezionali in cui il prodotto energetico stesso non venga utilizzato quale combustibile o carburante, bensì per scopi diversi.
In un caso come quello in esame, i magistrati sovranazionali hanno precisato che “il fatto di utilizzare, da un lato, il carbone come combustibile nel processo di produzione dello zucchero e, dall’altro, il biossido di carbonio generato dalla combustione di tale prodotto energetico ai fini della produzione di fertilizzanti chimici non costituisce un uso combinato di detto prodotto energetico” e non è pertanto esente da tassazione ai sensi della richiamata direttiva.
Discorso diverso invece andrebbe fatto per l’utilizzo da un lato, del carbone come combustibile nel processo di produzione dello zucchero e, dall’altro, del biossido di carbonio qualora sia evidente che il processo di produzione dello zucchero non può essere portato a compimento senza l’impiego del biossido di carbonio generato dalla combustione del carbone. In questo caso si potrebbe, infatti, parlare validamente di un uso combinato del prodotto energetico, tale da esentarlo dalla tassazione.

Le conclusioni della Corte Ue
Per quanto concerne invece la possibilità che uno Stato membro possa adottare una normativa più restrittiva di quelle comunitaria circa la nozione di  uso combinato dei prodotti energetici, la Corte risponde positivamente. L’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva 2003/96 dei prodotti energetici ad uso combinato significa, infatti, come da costante giurisprudenza comunitaria, che con riferimento ai medesimi prodotti gli Stati membri hanno piena discrezionalità nell’individuare il livello di tassazione più adeguato.


Data della sentenza
2 ottobre 2014
Numero della causa
Causa C-426/13

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