Domanda
In quali casi possono trasformarsi le differenze attive temporanee?

Risposta
Con la trasformazione delle Differenze Temporanee Attive in crediti d'imposta, ai sensi dell'art. 2 del D. L. n. 225/2010, si ottiene in anticipo la monetizzazione che sarebbe stata realizzata al momento del riconoscimento fiscale dei componenti negativi (cd. Reversal) relativo alle svalutazioni crediti ed all'avviamento. Ovviamente, per evitare una duplicazione di effetti, è prevista la sterilizzazione degli effetti del reversal a fronte delle quali le DTA trasformate erano iscritte in bilancio.

Ai sensi del comma 56 dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, la trasformazione delle differenze temporanee attive non opera subito ed integralmente ma in presenza di certi presupposti quale l'esercizio chiuso in perdita contabile. Inoltre entro limiti quantitativi dati dal risultato del prodotto tra la perdita ed il rapporto tra le DTA (solo la parte relativa ai beni immateriali) ed il patrimonio netto (capitale sociale più le riserve di capitali e di utili assunte al lordo delle perdite dell'esercizio).

E'da considerare che la dottrina prevalente ritiene computabili per intero le differenze temporanee attive trasformabili. A questi fini assumerebbe rilievo la sola "monetizzabilità teorica" delle DTA in caso di necessità ossia in presenza di perdite contabili.

Per ciò che concerne gli effetti, mentre la trasformazione non determina variazione del valore fiscale dei crediti che, ai sensi dell'art. 106, comma 3 del Tuir segue quello contabile, nel caso dei beni immateriali comporta la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto con ricadute sull'ammortamento e sulle plus/minusvalenze da realizzo.

La trasformazione opera per un importo pari al calcolo, da effettuarsi sui dati di bilancio, dato da:

(Perdita d'esercizio * Attività per imposte anticipate) / Capitale sociale e riserve


Fonte: IPSOA

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