La domanda, verte sull’interpretazione degli articoli 10 e 49 CE ed è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Amministrazione finanziaria del Belgio e una società di diritto privato operante nel settore del trasporto aereo. La questione riguarda, principalmente, il mancato riconoscimento di un credito di imposta rubricato ritenuta d’acconto figurativa sulla ricchezza mobile. L’articolo 49 CE, norma del capo III del Trattato CE, vieta restrizioni alla libera prestazione di servizi all’interno del territorio comunitario.

La normativa nazionale belga
L’articolo 29, punto 2, lett. d), legge 11 aprile 1983 in materia di disposizioni fiscali e di bilancio prevede una serie di esenzioni ai sensi del regio decreto 187 del 30 dicembre 1982. Nel novero di tali esenzioni si trovano quelle per i redditi da crediti o mutui per i quali l’esenzione consiste nella maggiorazione di una ritenuta d’acconto figurativa. Tale ritenuta, specifica la norma, può essere concessa nella misura in cui i capitali mutuati siano destinanti all’acquisto di beni da utilizzare in Belgio per lo svolgimento della loro attività professionale. Precisa il comma 6 come le disposizioni di esenzione consentono di maggiorare gli interessi percepiti della ritenuta d’acconto figurativa da imputare successivamente in sede di liquidazione di imposta con lo scopo di abbassare il costo del finanziamento.

La causa principale
La società ricorrente tratta l’acquisto, la locazione o il finanziamento di aeromobili a uso commerciale per il trasporto di persone o merci. Nel corso degli anni ’90, venivano acquistati due aeromobili attraverso la stipula di un contratto di leasing a loro volta riacquistati da un altro gruppo societario con un secondo contratto di leasing finanziario. Nella compravendita era prevista la cessione della ritenuta d’acconto figurativa nel suo intero valore. Un terzo contratto di leasing veniva stipulato a seguito di una ulteriore cessione dei due aerei a un’altra società del gruppo. La società ricorrente, in virtù della normativa tributaria nazionale, chiedeva la concessione di una ritenuta d’acconto figurativa per avere sostenuto l’onere degli interessi passivi, compresi nei canoni di leasing finanziario. Nel 2007 l’Amministrazione finanziaria belga provvedeva a recapitare un avviso di rettifica con cui si negava l’applicazione della ritenuta d’acconto figurativa. A seguito del rigetto del primo reclamo, la società ricorrente proponeva istanza al Tribunale di primo grado di Bruxelles. Quest’ultimo in forza della normativa tributaria nazionale, in particolare l’articolo 29, punto 2, lett. d), legge 11 aprile 1983, impugnava la domanda della ricorrente dinanzi al giudice del rinvio per un chiarimento interpretativo sulla concessione della ritenuta di acconto figurativa su un contratto di finanziamento a favore di una società non di diritto belga.

La questione pregiudiziale
Il giudice del rinvio nel proporre la questione giurisprudenziale, ai togati della Corte europea di giustizia, rileva come una ritenuta di acconto come quella in oggetto, che riduce l’onere del finanziamento a vantaggio del soggetto finanziatore, costituisce un trattamento fiscale capace di influenzare le scelte di investimento di società belghe. Pertanto, il giudice del rinvio è dell’avviso che la ritenuta d’acconto figurativa debba essere concessa soltanto quando la locazione sia a favore di una società belga e non laddove quest’ultima società abbia sede in altro Stato membro. In questo caso il principio della libera prestazione di servizi risulta abbondantemente compromesso. Alla luce di ciò la Corte di appello di Bruxelles ha deciso di sospendere il giudizio per chiedere alla Corte europea di pronunciarsi su una normativa nazionale che consente un credito di imposta, la ritenuta figurativa, nel caso in cui la società destinataria dei fondi presi a mutuo, attraverso contratti di leasing finanziario, sia una società con sede nel territorio nazionale mentre, non prevede lo stesso beneficio fiscale se la società è stabilita in un altro Stato membro.

Le argomentazioni dei giudici
La questione interpretativa riguarda la corretta lettura delle disposizioni contenute nel combinato disposto delle norme del Trattato CE di cui agli articoli 49 e 10. Alla luce di tali disposizioni il giudice del rinvio è del parere che la società ricorrente non possa beneficiare del credito di imposta, ritenuta figurativa, come quello di cui alla causa principale. Dal canto loro i giudici della corte ribadiscono come, secondo giurisprudenza costante, le questioni in materia di imposte dirette sono di competenza degli Stati membri ma ciò non toglie occorra sempre avere come riferimento il contesto normativo comunitario. Le operazioni in considerazione, quelle di leasing o locazione di aeromobili, rientrano nel novero delle prestazioni di servizi alla stregua dell’articolo 50 CE. Anche per i fatti di cui alla causa principale vale il principio del diritto comunitario della libera prestazione di servizi. Come osservano i togati europei una disposizione nazionale quale l’articolo 29, punto 2, lett. d), della legge 11 aprile 1983, che assoggetta i redditi derivanti da un mutuo acceso per finanziare l’acquisto di un bene il cui diritto d’uso sia ceduto successivamente ad una società stabilita in altro Stato membro e che assoggetta ad un regime fiscale meno favorevole tale acquisto rispetto a quello effettuato ida una società stabilita in Belgio, può sviare la concessione di finanziamenti a favore delle imprese non residenti. Pertanto una normativa fiscale cosi strutturata è tale da scoraggiare l’acquisto di beni con finanziamento tramite somme prese a mutuo nonché la concessione in locazione, dello stesso bene, a società non residenti. Le conclusioni, a cui i giudici europei giungono, sono quelle di non ritenere ammissibili disposizioni tributarie, tali da rendere meno oneroso il costo di un finanziamento per taluni soggetti giuridici, adottate da singoli Stati membri, e tali da tradursi in trattamenti fiscali di favore compromettendo il funzionamento dei meccanismi propri del libero mercato.

La pronuncia della Corte
Una normativa tributaria nazionale, come quella oggetto del ricorso, può essere consentita soltanto in taluni casi, per ragioni imperative e di interesse generale. Questa, è in estrema sintesi, la conclusione a cui sono addivenuti i giudici della Corte di Lussemburgo. In altri termini, uno Stato membro non può introdurre una normativa fiscale che preveda la concessione di un credito di imposta sui redditi da mutui accordati per l’acquisto di beni da impiegare nel territorio nazionale, consentendo alla società acquirente di cedere il diritto d’uso del bene a soggetti giuridici estranei al gruppo. Così facendo darebbe diritto a trasferire la possibilità di detrarre la ritenuta per credito di imposta che deriva dal reddito della società originariamente acquirente, alla quale, per l’acquisto del bene, era stato accordato un mutuo. Una normativa di questo genere non può essere ammessa in quanto contrasta con il dettato dell’articolo 49 CE.


Fonte: Agenzia Entrate

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