L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di denuncia di reati addebitabili al titolare dell'azienda, comportando una lesione del diritto del lavoratore di mantenere il riserbo anche circa l'organizzazione amministrativa e commerciale dell'impresa, deve essere circondato dalle cautele necessarie ad evitare le compromissioni, inutilmente dannose, del contrapposto interesse datoriale.p>Nel confermare la decisione primo grado, che ha rigettato la domanda dell'attore la Corte territoriale ha osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dal medico appellante, il primo giudice aveva messo in evidenza che sebbene questo rivestisse una posizione di rilievo in azienda - come responsabile per i servizi della gravidanza a rischio e dell'intero reparto di ostetricia e ginecologia - non era inquadrato però come dirigente, per cui con la sua richiesta di intervento dei carabinieri, decisa e formulata autonomamente, aveva tenuto un comportamento esorbitante rispetto alle sue attribuzioni, anche perché vi erano stati in precedenza interventi della casa di cura sulla stessa questione denunciata dall’appellante.

 

Procedendo alla disamina della fattispecie sottoposta al suo esame, il giudice d’appello ha poi rilevato che l’esercizio da parte del lavoratore del diritto di denuncia di reati addebitabili al titolare dell’azienda, non integrando un obbligo giuridico, ma comportando una lesione del diritto del lavoratore di mantenere il riserbo anche circa l'organizzazione amministrativa e commerciale dell'impresa, deve essere circondato dalle cautele necessarie ad evitare le compromissioni, inutilmente dannose, del contrapposto interesse datoriale.

 

Il ricorrente aveva, pertanto, agito in presenza dei detti requisiti né con la necessaria prudenza, in quanto oggetto della indagine sollecitata non era - come in altre fattispecie esaminate dai giudici di legittimità — Io ius puniendi degli illeciti penali da parte dello Stato ma unicamente una situazione di incompatibilità di un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale ad operare nell’ambito di una struttura ospedaliera privata, cioè di un fatto idoneo a procurare effetti sostanzialmente sul piano negoziale e fra le parti della convenzione.

 

Assumeva peraltro rilievo l’esito negativo dell’accesso, effettuato dai carabinieri su chiamata del medico nella sala operatoria della casa di cura mentre era in corso un regolare intervento, come era del resto risultato pacifico in causa e come avevano confermato alcuni testimoni.

 

Se e vero che gli obblighi dì fedeltà, correttezza e buona fede, cui il lavoratore è tenuto postulano la liceità della condotta datoriale, un effetto esimente non poteva essere riconosciuto alle denunce calunniose o comunque alimentate da meri sospetti del dipendente e comunque infondate.

 

Per di più la casa di cura non aveva ancora risolto del tutto il problema di presunte irregolarità all’interno della struttura perché la situazione si presentava piuttosto articolata sia nel concreto svolgimento dei fatti sia sotto il versante giuridico.

 

Per concludere, quindi, l’autonoma iniziativa del ricorrente che aveva avuto anche ricadute negative in termini di discredito e disorganizzazione della struttura sanitaria, doveva reputarsi arbitraria e per di più sproporzionata; inidonea a risolvere una questione controversa, che non presentava aspetti di natura palesemente delittuosi ma aveva implicazioni soprattutto amministrative e civilistiche e che veniva seguita dalla dirigenza, anche a seguito di una segnalazione verbale dello stesso funzionario che rivestiva il ruolo di direttore amministrativo.

 

 

(Cassazione civile Sentenza, Sez. Lav., 17/09/2009, n. 20048)

 

 

Fonte: IPSOA

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