Prelievo più leggero su straordinari e premi di produttività, prima casa senza Ici e possibilità di rinegoziare i mutui allungando la scadenza. Il Senato con 150 voti favorevoli, 120 contrari e 2 astenuti ha approvato definitivamente il decreto legge 93 del 27 maggio 2008. Da Palazzo Madama arriva l'approvazione del provvedimento così come lo aveva licenziato la Camera con la fiducia. Tra le modifiche apportate al decreto spicca nel capitolo sulla rinegoziabilità dei mutui una chiusura "più favorevole" per chi li ha contratti. Ecco nel dettaglio le principali novità del testo di legge.

Addio all'Ici prima casa e termini per fissare i criteri del rimborso ai Comuni

Sul versante dell'abolizione dell'Ici sull'abitazione principale, per fronteggiare gli 1,7 miliardi di gettito fiscale in meno su cui non potranno più contare gli enti locali, il provvedimento prevede un piano di rimborso tramite un fondo ad hoc inserito nel bilancio del ministero dell'Interno. Proprio il ministro dell'Interno, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del Dl fiscale, è chiamato a emanare il decreto per l'erogazione del rimborso, "secondo principi che tengano conto dell'efficienza nella riscossione dell'imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l'esercizio 2007, e della tutela dei piccoli Comuni", come recita la versione attuale del testo. Restano escluse dal taglio dell'Ici le abitazioni signorili (A1), le ville (A8) e i castelli (A9).

Inoltre il provvedimento licenziato da Montecitorio introduce un nuovo comma 6-bis che alleggerisce gli adempimenti dei proprietari nella fase di prima applicazione della legge. Non saranno infatti applicate sanzioni "nei casi di omesso o insufficiente versamento della prima rata dell'imposta comunale sugli immobili, relativa all'anno 2008", a patto che il contribuente versi l'importo entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 93/2008.

L'esonero dal pagamento dell'Ici rimane esteso ad alcune ipotesi assimilabili alla nozione di abitazione principale. Sono riconducibili al concetto di unità immobiliare adibita a dimora abituale del contribuente alcune precise tipologie di immobili, tra cui quelli delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibiti ad abitazione principale dai soci assegnatari, gli immobili degli Iacp regolarmente assegnati, l'ex casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato. In quest'ultimo caso l'equiparazione prevista in favore del coniuge non assegnatario vale purché lo stesso non possieda l'abitazione principale nello stesso comune dove è ubicata l'ex casa coniugale. La misura include anche gli immobili che i regolamenti comunali o, come aggiunge il nuovo testo, le loro delibere, assimilano ad abitazioni principali, tra cui le case possedute a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscano la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che le abitazioni non risultino locate. Inoltre, resta ferma la possibilità per i Comuni di considerare come abitazioni principali quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela.

Fisco più leggero su straordinari e premi di produttività

La legge prevede per i lavoratori del settore privato, in via transitoria, a partire dal primo luglio scorso e fino al prossimo 31 dicembre, un regime fiscale agevolato su alcuni elementi della retribuzione. Un'imposta sostitutiva del 10% su straordinari e premi produttività entro il limite complessivo di tremila euro lordi. Nel dettaglio, rientrano nel nuovo piano di tassazione le somme erogate dalle aziende per prestazioni di lavoro straordinario, supplementare o per prestazioni rese in base a clausole elastiche e riferite esclusivamente a contratti di lavoro a tempo parziale. L'agevolazione si applica soltanto ai lavoratori del settore privato che hanno un reddito da lavoro dipendente non superiore, relativamente al 2007, a 30mila euro.

Rinegoziare mutui a "condizioni migliorative"...e senza formalità ipotecarie

Comune denominatore dell'articolo 3 è la volontà legislativa di dare respiro alle diverse opportunità di alleggerimento del peso dei mutui sulle famiglie. Il provvedimento introduce la possibilità di rinegoziare i mutui contratti per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale. I criteri della negoziazione sono definiti con una convenzione ad hoc tra Mef e Abi, nella quale, come stabilisce la legge, è prevista la possibilità che ciascuna banca sia libera di adottare "eventuali condizioni migliorative" per i propri clienti, dandone loro puntuale informazione. Resta comunque ferma l'opzione di portabilità del mutuo.

Nel dettaglio, si possono rinegoziare i mutui trasformando la rata da variabile a fissa con i tassi applicati nel 2006, al fine di ridurre l'importo delle rate. È interessante il dettato della legge relativo al calcolo dello spread. La differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano originario di ammortamento e quello risultante dalla rinegoziazione è infatti addebitata su un conto di finanziamento accessorio al tasso che si ottiene in base all'Irs a 10 anni, alla data di rinegoziazione, "maggiorabile fino a un massimo di uno spread dello 0,50 per cento annuo". Il dato dello 0,50 non rappresenta più l'unico valore applicabile, ma piuttosto un limite massimo, non superabile, bensì ridimensionabile. Inoltre, le garanzie già iscritte a fronte del mutuo da rinegoziare continuano a valere e non occorre compiere alcuna formalità ipotecaria.

Il capitolo sui mutui si chiude con l'aggiunta di un comma 8 bis, che apre le porte a prospettive più rosee per i mutuatari. Si prevede infatti la possibilità di derogare le disposizioni in materia, ma "soltanto in senso più favorevole al mutuatario".


Fonte: Agenzia Entrate

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