Qualora l’Amministrazione finanziaria abbia infruttuosamente tentato di escutere il patrimonio di una società in nome collettivo per il soddisfacimento di crediti derivanti da obbligazione tributaria, il regime della responsabilità illimitata e solidale dei soci comporta che questi ultimi ben possono ricevere la notificazione del solo avviso di mora senza che debba preliminarmente notificarsi loro l’avviso di accertamento sul quale si fonda la pretesa erariale. Il socio, ancorché privo della qualità di obbligato, resta infatti sottoposto all’esazione dei tributi secondo il disposto dell’articolo 2304 del Codice civile.

In questi termini si è espressa la Corte di cassazione che, con sentenza n. 10584 depositata lo scorso 9 maggio, è ritornata a occuparsi degli effetti per il socio della notifica di un atto impositivo effettuato nei confronti di una società di persone.

I fatti di causa

Nel febbraio del 1995, un ufficio finanziario notifica, a una società in nome collettivo, un avviso di rettifica Iva relativo all’annualità 1991 che, non impugnato, diviene definitivo.

Il concessionario della riscossione, una volta accertato il mancato pagamento della relativa cartella esattoriale e previa infruttuosa escussione del patrimonio sociale, notifica un avviso di mora al socio, persona fisica.

Quest’ultimo impugna l’avviso di mora innanzi al giudice di primo grado che non accoglie le rimostranze del contribuente in considerazione del fatto che la pretesa nei confronti della società è efficace anche nei confronti dei soci, in quanto l’ufficio finanziario non è obbligato a notificare l’atto impositivo a ciascuno di essi.

La sentenza di primo grado viene, però, rovesciata in appello.

Per il giudice del gravame, la questione essenziale, sfuggita alla Commissione tributaria provinciale, riguarda l’efficacia, o meno, della notifica fatta alla società nei confronti del socio.

In altri termini, i giudici di appello ritengono illegittima la notificazione dell’avviso di mora al socio non perché la notifica fatta alla società non produce effetti nei confronti dei soci ma per il diverso motivo che il socio, all’epoca delle verifiche e delle successive notifiche, non era più tale.

Di conseguenza, le notifiche fatte alla società non potevano produrre alcun effetto nei confronti del socio, pur rimanendo quest’ultimo patrimonialmente obbligato in solido per i fatti verificatisi quando rivestiva ancora la qualità di socio.

L’Amministrazione finanziaria chiede la cassazione della sentenza d’appello perché illogica e contraddittoria in quanto, per un verso, ravvisa la responsabilità solidale e illimitata del socio della società in nome collettivo per le obbligazioni da essa lasciate inadempiute e, per altro verso, sostiene che tale responsabilità non può essere fatta valere per mancanza di notifica di atti impositivi nei suoi confronti.

La decisione della Cassazione

I giudici di legittimità hanno accolto le doglianze dell’Amministrazione.

Le argomentazioni della Cassazione, ampiamente condivisibili, prendono il via dal principio – frutto del combinato disposto degli articoli 2290, 2291 e 2293 del Codice civile – per cui nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali di ogni specie, tra cui anche le obbligazioni legali e quelle tributarie, fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento, che non è opponibile ai terzi fino alla sua idonea conoscibilità (la Cassazione si era già espressa in questi termini nella sentenza n. 2215 del 1° febbraio 2006; cfr. Chiorazzi-Iacono “Inopponibile al Fisco il recesso non pubblicizzato”, in FISCOoggi del 23 ottobre 2006).

Il problema da risolvere, secondo i giudici di piazza Cavour, è quello di stabilire se la responsabilità solidale tributaria del socio di una Snc può essere fatta valere nei confronti dello stesso direttamente con l’avviso di mora, dopo che l’avviso di accertamento è stato notificato solo alla società.

Sulla questione, costituisce oramai un consolidato orientamento giurisprudenziale quello di attribuire all’avviso di mora - oltre alla funzione primaria di atto equivalente al precetto nell’esecuzione forzata - anche la funzione secondaria di atto di imposizione tributaria, allorquando, in difetto di notificazione dell’accertamento, sia il primo atto di esercizio del potere impositivo, per cui gli atti presupposti, se non impugnati congiuntamente all’avviso di mora, diventano inoppugnabili (cfr., ex multis, Cassazione sentenza n. 10533 dell’8 maggio 2006; n. 10093 del 25 giugno 2003; n. 5179 del 3 aprile 2003).

In un’altra pronuncia, la n. 6260 del 4 maggio 2001, la stessa Corte ebbe modo di affermare che "La responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall’art. 2291, comma 1, del codice civile, per i debiti della società in nome collettivo, opera, in assenza di espressa previsione derogativa, anche per i rapporti tributari, con riguardo alle obbligazioni dagli stessi derivanti;……il socio, pertanto, ancorché privo della qualità di obbligato per detta imposta, come tale estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del titolo, resta sottoposto, dopo l’iscrizione a ruolo a carico della società, all’esazione del debito stesso, alla condizione posta dall’art. 2304 del codice civile, e cioè quando il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio sociale;…..la notificazione dell’avviso di mora, da parte del concessionario della riscossione consegnatario del ruolo a carico della società, è atto iniziale del procedimento di esazione, e, quindi, correttamente viene effettuata nei riguardi del socio soggetto all’azione esecutiva per il debito sociale, trattandosi di iniziativa direttamente consentita dalle citate norme codicistiche al titolare di quell’azione e non abbisognante di valutazioni o provvedimenti dell’ente…".

Corollario di ciò è che, una volta escusso inutilmente il patrimonio della società, legittimamente (rectius necessariamente) può (deve) essere chiamato a rispondere il socio, senza che vi sia la necessità di notificare né l’avviso di accertamento (divenuto definitivo) né la cartella di pagamento (non pagata dalla società), essendo sufficiente la notificazione dell’atto della riscossione costituito dall’avviso di mora, contro il quale il socio può ricorrere ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del Dlgs n. 546 del 1992 (secondo cui "La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo").

In conclusione, secondo la Cassazione, è principio di carattere generale - che trae origine dalla lettura combinata degli articoli 2291 e 2304 del Codice civile - quello secondo il quale il socio di una Snc ha una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni della società, seppure trattasi non di responsabilità personale ma sussidiaria.

Ne deriva che la pretesa tributaria deve essere indirizzata in primis nei confronti della società e che, solo dopo il vano tentativo di escussione della società stessa, la pretesa - concretizzandosi in pretesa esecutiva sottoforma di avviso di mora - può essere rivolta direttamente nei confronti del socio.

Del resto, una soluzione di senso opposto - che vorrebbe cioè la notificazione dell’atto impositivo, ancor prima di quello esecutivo, anche al socio della Snc - svilirebbe il diverso regime patrimoniale che è uno degli elementi alla base della differenza giuridica tra società di persone e società di capitali.

Difatti, mentre nella prima gli amministratori sono illimitatamente responsabili per i debiti sociali, seppure in via secondaria (“autonomia patrimoniale imperfetta”) nella società di capitali, invece, i soci non rispondono delle obbligazioni sociali se non nei limiti dei loro conferimenti ( “autonomia patrimoniale perfetta”).

Fonte: Marco Denaro Agenzia Entrate.

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