Il nuovo art. 1118, comma 4, cod. civ. introdotto dalla Riforma del condominio negli edifici ha disciplinato, in sostanziale continuità con un consolidato orientamento giurisprudenziale, i presupposti e le conseguenze del distacco, da parte di un condomino, dall'impianto di riscaldamento comune.

L’opinione prevalente prima della Riforma
Secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità prevalente prima della Riforma, ciascun condomino aveva la facoltà di rinunziare all’utilizzo dei flussi termici derivanti dall’impianto di riscaldamento comune, distaccando le diramazioni da quest’ultimo connesse alla sua unità immobiliare senza necessità di ottenere un’apposita autorizzazione assembleare, purché provasse che «dalla sua rinunzia e dal distacco, non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio» .
Conseguentemente, secondo questa opinione, il condomino distaccante, pur continuando a dover corrispondere quanto necessario per la conservazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato (che rimaneva di proprietà comune), sarebbe stato sollevato dal contribuire alle spese per l’uso dell’impianto medesimo. Tale consolidata posizione della giurisprudenza (rispetto alla quale erano da registrare dei motivati dissensi dottrinali) sembrava conforme ai principi che regolano la materia. Da un lato, infatti, secondo l’interpretazione prevalente, l’art. 1123, comma 2, cod. civ. impone la ripartizione delle spese per il riscaldamento in proporzione alla superficie radiante di ciascuna unità immobiliare (4), così che, in caso di “chiusura dei rubinetti” dei radiatori, ovvero di completo distacco (e quindi, in entrambi i casi, con riduzione della superficie radiante fino a zero) nulla sarebbe dovuto. Dall’altro lato, il duplice limite imposto alla facoltà di distacco (assenza di aggravio di spese a carico dei condomini che continuano a fruire dell’impianto comune e assenza di pregiudizi alla regolare erogazione del servizio) appariva coerente con quanto disposto dall’art. 1102 cod. civ., il quale preclude che della cosa comune si faccia un uso (o un non uso) idoneo ad alterare il rapporto di equilibrio tra i comproprietari.
Estranea al perimetro di consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale citato, e controversa, restava invece la questione relativa alla possibilità o meno di vietare il distacco dall’impianto di riscaldamento comune per via regolamentare.


Fonte: IPSOA

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