Nell'accertamento sintetico (redditometro) anche la semplice disponibilità di un'autovettura costituisce elemento indiziario di capacità contributiva, in mancanza di idonea prova contraria in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie al suo acquisto e al suo mantenimento (in quanto trattasi, per esempio, di somme già tassate o esenti).
Così si è espressa la Cassazione nella pronuncia 9549 del 29 aprile, la cui rilevanza non è costituita dal principio giuridico affermato - oramai pacifico in giurisprudenza - quanto dal fatto che l'imposizione fiscale in argomento abbia riguardato un agente di commercio, per il quale, com'è noto, il bene mobile registrato costituisce un bene strumentale.

Il giudizio di merito
L'Amministrazione finanziaria impugna una sentenza della Commissione tributaria regionale che, nel rigettare parzialmente l'appello dalla stessa proposto, aveva confermato la sentenza di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso presentato da un contribuente avverso un avviso di accertamento Irpef/Ilor.
L'Amministrazione ritiene erronea la sentenza d'appello, laddove i giudici del gravame hanno ritenuto che il solo possesso di un'autovettura da parte di un contribuente (nella fattispecie, un agente di commercio) non sia sufficiente per l'applicazione dell'accertamento sintetico-redditometrico, trattandosi di un bene strumentale all'attività di impresa dello stesso.

La sentenza della Cassazione
Per i giudici di piazza Cavour, le censure proposte dall'Amministrazione finanziaria sono meritevoli di accoglimento, atteso che - sulla base dell'articolo 2 del Dpr 600/1973, nel testo applicabile ratione temporis - costituisce un elemento indicativo di capacità contributiva, tra gli altri, la disponibilità, in Italia o all'estero, di autoveicoli.
In buona sostanza, il possesso del bene in questione, come degli altri previsti dal citato articolo 2, costituisce "…una presunzione legale di capacità contributiva, ai sensi dell'art. 2728 c.c., atteso che è la legge stessa a ricollegare al fatto certo di tale disponibilità l'esistenza di una capacità contributiva".
Ciò significa, prosegue la Corte, "…che il giudice tributario, una volta accertata l'effettività fattuale degli specifici elementi rilevatori di capacità contributiva, non può privare tali elementi della capacità presuntiva che la legge ha inteso annettere alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma".
In questa ipotesi, affermano i giudici di legittimità, ovvero in tutti i casi in cui l'accertamento tributario sia fondato sul possesso di beni rivelatori di capacità contributiva, spetta al contribuente - in ossequio al principio dell'inversione dell'onere della prova - dimostrare che la somma spesa per l'acquisto e la gestione del bene sia, per qualsiasi ragione, non imponibile, già tassata, oppure, in tutto o in parte, esente da tassazione.
Ciò detto, nel caso in esame, il giudice d'appello ha erroneamente ritenuto esaustiva l'allegazione del contribuente, secondo il quale l'autovettura in contestazione era stata indicata in dichiarazione come bene strumentale all'attività svolta e, pertanto, la stessa non poteva essere considerata un bene per il quale erano da ritenersi applicabili i parametri.
Nel merito, la Corte di legittimità, precisa che "…per la deducibilità delle spese relative a beni strumentali, ai fini delle imposte sui redditi, è necessaria - a differenza di quanto è previsto per l'IVA, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e ss., - l'annotazione del registro dei beni ammortizzabili, prescritta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, in difetto della quale non può farsi luogo, pertanto, alla deducibilità dei relativi costi ai fini IRPEF e ILOR…".
Nella fattispecie in argomento, invece, il contribuente - seppur gravato del relativo onere probatorio - non ha fornito dimostrazione alcuna di avere posto effettivamente in essere tale condizione per la deducibilità delle spese in parola, con la conseguenza che deve ritenersi legittimo l'atto impositivo fiscale.

Riflessioni
La sentenza in commento conferma l'orientamento giurisprudenziale già espresso in materia di rilevanza del possesso di beni quale indice di capacità contributiva (cfr, Cassazione, sentenze 16284/2007 e 16702/2005).
Tale indirizzo appare condivisibile se si tiene conto dell'importanza dello strumento dell'accertamento sintetico nella lotta all'evasione fiscale. Tale metodologia di controllo, infatti, la cui disciplina è contenuta nell'articolo 38 del Dpr 600/1973, consente di individuare, sulla base di specifiche manifestazioni di capacità contributiva (spesa per consumi ovvero per investimenti), il reddito complessivo imputabile al contribuente in un determinato periodo di imposta.

La disciplina dell'accertamento sintetico è stata recentemente oggetto di riforma da parte del legislatore tributario (Dl 78/2010) - come pure di importanti chiarimenti da parte dell'Amministrazione finanziaria (cfr, circolare 4/2011) - che, nel potenziare gli strumenti di contrasto all'evasione fiscale, ha modificato, tra le altre e per quel che qui rileva, il citato articolo 38, relativamente ai commi che disciplinano il redditometro (dal 4 al 7).


Fonte: Agenzia Entrate

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