È quanto stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 20025 del 22 settembre 2010 ha respinto il ricorso di un contribuente.
In particolare la sezione tributaria ha spiegato che «nell'ipotesi in cui la documentazione contabile fu distrutta da un incendio, del quale il contribuente non fu ritenuto responsabile, sussiste il presupposto dell'accertamento induttivo, in forza della mera non conservazione delle stesse». In altri termini secondo la Cassazione non si tratta di una causa di forza maggiore quanto piuttosto di uno dei casi ordinari quali, l'assenza, l'indisponibilità, la mancata esibizione della contabilità che legittimano l'accertamento induttivo. In proposito gli Ermellini hanno motivato che «in materia di Iva, il potere di procedere all'accertamento induttivo non assume carattere sanzionatorio». In sostanza, il ricorso a tale forma di accertamento è consentito in tutte le ipotesi previste dalla legge, tutte fondate «sulla assenza, indisponibilità, mancata esibizione, inattendibilità della contabilità, che autorizza l'Ufficio ad una forma di accertamento che prescinde, in tutto od in parte, dalle scritture contabili». Mentre il contribuente si era difeso sostenendo che tra le ipotesi previste dalle norme non rientra quella di una indisponibilità od inesistenza delle scritture per causa non imputabile al soggetto tenuto alla conservazione ed esibizione delle stesse, in quanto in tutti i casi previsti la indisponibilità delle scritture deriva da una omissione «cosciente e volontaria» da parte dell'onerato, che non sussisterebbe in caso acclarato di «forza maggiore». Ma secondo la Cassazione la tesi non trova fondamento nella legge

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