Indicazioni di carattere generale e risposte a domande specifiche. Rappresentano il contenuto della circolare n. 36/E del 21 giugno, con la quale l’Agenzia fornisce interessanti chiarimenti sulla nuova disciplina riguardante gli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie, a seguito dei mutati criteri di territorialità delle prestazioni di servizi.

Soggetti obbligati alla presentazione dei modelli Intrastat
Per le prestazioni di servizi risulta decisivo il principio dello stabilimento: non vanno incluse negli elenchi le prestazioni di servizio rese o ricevute da soggetti passivi italiani se la controparte è un soggetto stabilito in un Paese extracomunitario che, anche se identificato ai fini Iva nella Comunità, non ha nel territorio comunitario né la sede principale né una stabile organizzazione.
Invece, per le cessioni e gli acquisti di beni, ciò che rileva è l’aspetto oggettivo dell’operazione: devono essere incluse negli elenchi tutte le operazioni qualificabili come intracomunitarie, a prescindere dal fatto che uno dei contraenti sia un soggetto stabilito in un Paese terzo, purché lo stesso sia identificato ai fini Iva nella Comunità.
L’obbligo di presentazione degli elenchi relativi agli acquisti di beni e di servizi riguarda anche enti, associazioni e altre organizzazioni che svolgono attività commerciali solo in via secondaria, e, se identificati ai fini dell’imposta, quelli che non svolgono alcuna attività rilevante ai fini Iva (ad esempio, gli enti non soggetti passivi, tenuti a identificarsi perché hanno effettuato acquisti intracomunitari di beni per oltre 10mila euro o hanno optato per l’applicazione dell’imposta nel territorio dello Stato).

Intrastat e contribuenti “minimi”
La circolare indica i corretti adempimenti da parte dei contribuenti “minimi” italiani per le operazioni intracomunitarie effettuate e quelli a carico dei soggetti passivi d’imposta per le operazioni con soggetti di altri Stati membri considerati “piccole imprese”:
•il “minimo” italiano che effettua acquisti intracomunitari di beni o di servizi presso un soggetto passivo di altro Stato membro, deve integrare la fattura ricevuta indicando l’aliquota e l’imposta, non esercita il diritto a detrazione e deve compilare l’elenco degli acquisti intracomunitari o dei servizi ricevuti
•il “minimo” italiano che cede beni a (o effettua prestazioni di servizi nei confronti di) un soggetto passivo di altro Stato membro, effettua un’operazione interna, senza addebitare l’Iva a titolo di rivalsa, e non compila l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (o delle prestazioni di servizi rese)
•il soggetto passivo italiano che effettua acquisti di beni presso (o riceve prestazioni di servizi da) un operatore di altro Stato membro rientrante nel regime delle piccole imprese, se non ha ricevuto un’apposita documentazione rappresentativadell’operazione, emette autofattura senza applicare l’imposta e non compila l’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari di beni (o dei servizi ricevuti)
•il soggetto passivo d’imposta italiano che cede beni a (o effettua prestazioni di servizi nei confronti di) un operatore di altro Stato membro rientrante nel regime delle piccole imprese, emette fattura senza addebito d’imposta e compila l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (o delle prestazioni di servizi rese).

Le prestazioni da inserire negli elenchi
Nei modelli riepilogativi delle prestazioni rese vanno incluse tutte quelle effettuate da operatori italiani a soggetti passivi comunitari, tassabili, sulla base del nuovo principio generale di territorialità (articolo 7-ter del Dpr 633/1972), nel luogo del committente. Sono quindi escluse le prestazioni oggetto di specifiche deroghe in tema di territorialità (articoli 7-quater e 7-quinquies del Dpr 633/1972).

Allo stesso modo, negli elenchi delle prestazioni ricevute da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato devono essere incluse tutte le operazioni che risultano tassabili in Italia in virtù del citato principio generale.

Non vanno dichiarate le prestazioni di servizi rese per le quali non è dovuta l’imposta nello Stato membro in cui è stabilito il committente né quelle ricevute da un operatore residente da parte di un prestatore comunitario per le quali non è dovuta l’imposta in Italia.

Rettifica di dichiarazioni già inviate
Per le variazioni ex articolo 26 del Dpr 633/1972 relative ad operazioni già dichiarate, le relative fatture integrative o le note di accredito vanno indicate negli elenchi riguardanti il periodo nel corso del quale le rettifiche sono state registrate.

Per rimediare all’omissione di dati relativi a prestazioni di servizi, va compilata un’apposita dichiarazione, indicando come periodo di riferimento il mese o il trimestre in cui si è verificata l’omissione e compilando la sezione 3 del modello.

Per gli altri tipi di errori relativi a prestazioni di servizi (compresa l’inclusione nei modelli di operazioni che non dovevano essere oggetto di dichiarazione), andrà compilata la sezione 4, relativa alle rettifiche concernenti i servizi resi o ricevuti.

Da trimestrale a mensile si fa presto, più lento il percorso inverso
Il contribuente che ha presentato per gennaio e febbraio 2010 gli elenchi mensili, perché prevedeva di superare nel trimestre la soglia dei 50mila euro, non può tornare sui propri passi: nel caso in cui a marzo l’ammontare delle operazioni rilevanti si attesti al di sotto di tale limite, egli dovrà comunque rispettare la tempistica mensile per tutto il 2010.

Una volta superata la “frontiera” dei 50mila euro, anche in un solo trimestre, è imposta la presentazione dell’Intrastat mensile per almeno quattro trimestri consecutivi. Se questi, poi, trascorrono “sottotono”, cioè senza mai oltrepassare il limite, l’elenco potrà tornare ad avere cadenza trimestrale.
Ma, attenzione, la regola vale solo per le cessioni di beni e non per le prestazioni di servizi, che sono state incluse negli elenchi a partire da quest’anno. Va da sé che, a chi effettua esclusivamente prestazioni di servizi, è concessa una partenza da trimestrale, naturalmente fino a quando non si superano i fatidici 50mila.

Il trimestrale che sorpassa il limite diventa immediatamente mensile ed è tenuto a segnalare il cambio di periodicità nel frontespizio dell’Intrastat. Se il superamento avviene a gennaio, barrerà la casella “primo mese del trimestre”; se invece succede a febbraio quella “primo e secondo mese del trimestre”, nel caso in cui il mese del sorpasso sia marzo dovrà contrassegnare il “trimestre completo”.

Nessuna operazione, nessuna dichiarazione
Il soggetto passivo, qualora non abbia effettuato alcuna operazione, non è obbligato a trasmettere il modello riepilogativo.

Il momento giusto è nella fattura
L’obbligo di emissione dell’autofattura per una prestazione di servizio nasce nel momento in cui il committente italiano paga il corrispettivo convenuto. Il documento va annotato entro 15 giorni nel registro delle fatture emesse e, in quello degli acquisti, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione. Su questo punto nessun dubbio, ribadisce la circolare. Per quel che concerne gli elenchi Intrastat, però, si precisa, che in essi “sono riepilogati i dati delle operazioni registrate o soggette a registrazione”, quindi l’adempimento prescinde dalle date di registrazione delle fatture. Un esempio per chiarire: una fattura emessa il 31 gennaio, data di effettuazione del pagamento, e registrata il 10 febbraio, va inclusa negli elenchi relativi al mese di gennaio. Stessi termini in caso di emissione anticipata dell’autofattura o di integrazione della fattura emessa dal fornitore comunitario.

Intrastat a braccetto con la fattura e non con il conto deposito, prova o visione. I movimenti che interessano al fisco per quanto riguarda gli elenchi Intrastat, sono le effettive cessioni e le merci acquistate in ambito intracomunitario, non le spedizioni che non abbiano tali requisiti. Quindi l’obbligo scatta soltanto insieme alla fattura relativa alla spedizione e vendita del prodotto e non se viene inviato in semplice visione.

La valuta da “valutare”
In caso di scambio con un Paese non aderente alla moneta unica, è quella in vigore nel giorno in cui l’operazione si ritiene effettuata e non quella di registrazione della fattura, idem in caso di rettifica: il cambio di riferimento è quello applicato in origine.

L’e-commerce trova l’Intrastat
Acquisti e vendite effettuati on line rientrano nella definizione relativa ai servizi elettronici e finiscono negli elenchi riepilogativi. La risposta vale sia per i software scaricati (e quindi acquistati) via Internet sia per le cessioni di beni tramite e-bay. Naturalmente si deve trattare di scambi a titolo oneroso.


Fonte: Agenzia Entrate

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