È il regime monofasico il trattamento corretto ai fini Iva per la cessione di tabacchi lavorati. In pratica, il distributore provvede a pagare il tributo, determinato in base all’aliquota vigente, scorporando il relativo importo dal prezzo di vendita. Irrilevanti, di conseguenza, le successive cessioni. La speciale normativa, infatti, riservata alla compravendita di sigari e sigarette, generi di monopolio, prevede che il versamento dell’imposta avvenga in un’unica soluzione.
No invece alla procedura disciplinata dall’articolo 50-bis del Dl n. 331/1993 che consente la sospensione d’imposta in caso di trasferimento della merce da un deposito Iva a un altro, se l’introduzione dei beni è avvenuta in virtù di operazioni diverse da quelle indicate nel comma 4.
Sono questi i due punti essenziali della risoluzione n. 21/E del 15 marzo, che risponde a una società che produce e vende fumo.

I depositi accise, secondo quanto disposta dall’articolo 50-bis, hanno la stessa validità fiscale dei depositi Iva e, quindi, consentono di effettuare determinate cessioni di beni in sospensione di imposta, come avviene per le merci provenienti da Paese extra Ue e custodite in depositi doganali: è a questa norma che si appella, in prima battuta, la società istante.
Si tratta di un’azienda che produce sigari, la quale chiede se alla vendita in conto deposito effettuata nei confronti della ditta che curerà la distribuzione della merce sia possibile applicare la sospensione d’imposta, visto che il trasferimento del prodotto avviene da un deposito accise a un altro utilizzato, quest’ultimo, ordinariamente anche come deposito Iva.
L’Amministrazione finanziaria dice no a tale soluzione, in quanto riscontra che non tutte le operazioni di immissione dei beni nel deposito da parte dell’azienda produttrice rientrano tra quelle specificate nel comma 4.

Corretto, invece, il ricorso al regime monofasico per il pagamento dell’imposta, prospettato in seconda battuta dalla società.
Il commercio e la tassazione dei tabacchi, trattandosi di generi di monopolio, sono sottoposti a normative specifiche, due in particolare: l’articolo 74 del Dpr 633/1972, con il quale viene stabilito che è il distributore (una volta Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che ne era anche produttore) a dover versare l’imposta, e l’articolo 4 della legge 76/1985, secondo il quale per i tabacchi lavorati “l'imposta sul valore aggiunto è dovuta in una sola volta”.
In pratica, versa l’Iva chi cura la distribuzione dei tabacchi lavorati presso i rivenditori autorizzati e l’imposta va applicata al momento dell’immissione in consumo tramite il metodo del regime monofase, scorporando dal prezzo di vendita l’importo del tributo, determinato secondo l’aliquota vigente.
Irrilevanti le eventuali operazioni successive come pure quelle avvenute prima che il manufatto arrivasse sugli scaffali del tabaccaio.

Il documento di prassi precisa che non è rilevante il fatto che la disciplina faccia riferimento a un ente pubblico mentre ora il settore è stato privatizzato, perché le modifiche non toccano gli aspetti fiscali della materia e, nel caso specifico, l’unico soggetto legittimato a distribuire il prodotto è anche quello tenuto a pagare il tributo.

L’Agenzia chiarisce, inoltre, che non usufruiscono dello speciale regime gli acquisti di materia prima e semilavorati effettuati dall’impresa produttrice, né le eventuali vendite operate nei confronti di aziende diverse da quella che cura la distribuzione finale. Per questi casi rimangono valide le modalità ordinarie dell’esecuzione della rivalsa da parte del cedente o del prestatore.

La speciale normativa relativa alla tassazione dei tabacchi lavorati, riconoscono i tecnici delle Entrate, è “obiettivamente” di difficile interpretazione ed è per questo che, salvo circostanze particolari valutate dagli uffici, non verranno irrogate sanzioni amministrative nel caso gli operatori del settore non abbiano applicato le modalità chiarite con la risoluzione odierna.


Fonte: Agenzia Entrate

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