È possibile la deduzione dal reddito delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione internazionale? Tra le spese deducibili possono rientrare gli oneri burocratici connessi alla procedura? Sulla questione l'agenzia delle Entrate si è espressa in più di una occasione chiarendo, in via interpretativa, qual è l'esatto ambito di applicazione dell'articolo 10, comma 1, lettera 1 bis del Tuir che concerne le deduzioni per la procedura di adozione.
La Convenzione per la tutela dei minori
La lettera l-bis) dell'articolo 10, comma 1, del Tuir, introdotta dall'articolo 4 della legge n. 476 del 31 dicembre 1998, concernente "Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993", prevede la deducibilità dal reddito complessivo del 50% delle spese sostenute per l'espletamento della procedura di adozione, di cui al Capo I del Titolo III della legge n. 184 del 4 maggio 1983 (riforma della legge sulle adozioni internazionali).
Le condizioni di deducibilità
Il riconoscimento della deduzione nella misura del 50% delle spese sostenute per l'espletamento delle pratiche di adozione internazionale, è subordinato alla necessaria documentabilità delle spese che debbono essere certificate dagli enti autorizzati che abbiano ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione. Fra le spese certificabili o documentabili sono comprese quelle riferite all'assistenza che gli adottanti hanno ricevuto, alla legalizzazione dei documenti, alla traduzione degli stessi, alla richiesta di visti, ai trasferimenti, al soggiorno, all'eventuale quota associativa nel caso in cui la procedura sia stata curata da enti, ad altre spese documentate finalizzate all'adozione del minore. Qualora le spese sono sostenute in valuta estera si applica la disciplina di cui all'articolo 9, comma 2, del Tuir.
Per usufruire della deduzione delle spese sostenute per la procedura di adozione, non è necessario aver acquisito lo status di genitore adottivo. È possibile, invece, usufruire della deduzione a prescindere dalla conclusione della procedura di adozione e indipendentemente dall'esito. Nel caso in cui la procedura, anche per motivi indipendenti dalla volontà dei coniugi, si interrompe, gli aspiranti all'adozione sono, comunque, tenuti a rimborsare l'ente autorizzato di tutte le spese sostenute sino a quel momento per l'incarico ricevuto.
Gli altri oneri burocratici "connessi"
Non si fa, pertanto, riferimento ai soli oneri burocratici connessi alla procedura di adozione, ma a tutte le spese purchè certificate o certificabili o documentabili. Per le procedure di adozione avvenute prima della costituzione della Commissione per le adozioni internazionali e della pubblicazione degli enti autorizzati, la documentazione delle suddette spese poteva essere fornita dall'ente non autorizzato o con autocertificazione (articolo 4 legge n. 15 del 4 gennaio 1968).
L'iter procedurale: aspetti fiscali e oneri civilistici
L'iter della procedura di adozione è molto complesso nell'ottica di prevedere tutte le misure idonee a garantire che le adozioni internazionali siano espletate nell'interesse superiore del minore e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali. Essa inizia con una presentazione, da parte degli aspiranti genitori adottivi, di una dichiarazione di disponibilità all'adozione presentata al Tribunale per i minorenni e, se il Tribunale per i minorenni non ritiene di dover pronunciare immediatamente un decreto di inidoneità per manifesta carenza di requisiti, la procedura continua coinvolgendo diversi enti (servizi socio-assistenziali, associazioni autorizzate, Commissione per le adozioni internazionali), autorità straniere e professionisti (psicologi, interpreti) e prevedendo l'espletamento di una serie di obblighi e formalità che la rendono particolarmente lunga e onerosa. In particolare, il decreto di idoneità a adottare, pronunciato dal Tribunale per i minorenni, viene trasmesso in copia, corredato dalla relazione e dalla documentazione esistente negli atti, alla Commissione per le adozioni internazionali e all'ente autorizzato, se già indicato dagli aspiranti all'adozione. Come anticipato la legge (articolo 31 legge n. 184/1983) impone agli aspiranti all'adozione che abbiano ottenuto il decreto di idoneità all'adozione dal tribunale, di conferire l'incarico di curare la procedura di adozione a uno degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter della legge. L'articolo 39 della legge n. 184/1983 dispone, inoltre, che l'albo degli enti autorizzati allo svolgimento di pratiche di adozione internazionale è formato dalla Commissione per le adozioni internazionali, che ne cura la relativa tenuta, lo verifica almeno ogni tre anni, vigila sull'operato degli enti, revoca l'autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme.
La procedura ai fini fiscali
Agli effetti fiscali la procedura di adozione inizia con il conferimento a un ente autorizzato del mandato all'adozione. È da questo momento, dunque, che gli adottanti avranno diritto a usufruire delle deduzioni di cui all'articolo 10, comma 1, lett. l-bis) del Tuir. Ai fini civilistici lo status di genitore adottivo si acquista con la dichiarazione di efficacia in Italia, da parte del competente tribunale per i minorenni, del provvedimento di adozione emesso dall'autorità straniera, qualora l'adozione sia stata pronunciata nello Stato estero prima dell'arrivo del minore in Italia. Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore in Italia, il Tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento dell'autorità straniera come affidamento preadottivo, (articolo 35 comma 4) della legge n. 184/ 1983 e stabilisce in un anno la durata del predetto affidamento. Decorso tale periodo, se ritiene che la permanenza nella famiglia che lo ha accolto è ancora conforme all'interesse del minore, il Tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione.
Fonte: Agenzia Entrate
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