Ok alle imprese non residenti per il recupero dell'Iva sugli acquisti di servizi in Italia. Oltre che con la specifica procedura destinata ai non residenti, la richiesta può avvenire tramite rappresentante fiscale o identificandosi direttamente. In tal caso, il diritto non è pregiudicato se l'identificazione avviene tardivamente.

A riconoscere questa possibilità è l'agenzia delle Entrate con la risoluzione 129/E del 27 maggio.

Il documento di prassi si sofferma sul caso di una società francese specializzata nel noleggio di auto, che fa da intermediaria tra i noleggiatori internazionali e i propri clienti, sempre residenti in Francia. In particolare, l'azienda acquista i servizi di autonoleggio dai noleggiatori attivi in Italia per poi rivenderli ai suoi clienti d'oltralpe.

Si configurano, dunque, due distinte categorie di operazioni: da una parte acquisti di servizi imponibili in Italia e dall'altra vendite di servizi non rilevanti ai fini Iva nel nostro Paese. Questo fa sì che la società si trovi in una situazione strutturale di credito, versando l'imposta sul valore aggiunto italiana senza mai poterla detrarre.

Da qui la richiesta fatta al Fisco di casa nostra con un'istanza di interpello: come sono inquadrabili ai fini Iva i noleggi acquistati in Italia dagli operatori internazionali? Rientrano nel regime speciale previsto per le agenzie di viaggi o seguono le regole ordinarie? Danno diritto al rimborso trimestrale dell'imposta?

Nel rispondere a queste domande, l'Agenzia converge con la soluzione prospettata dal contribuente, secondo cui il semplice noleggio di automobili non è soggetto alla disciplina Iva sulle agenzie di viaggio. L'attività svolta, infatti, non comporta né la predisposizione di un pacchetto turistico vero e proprio né la vendita di servizi turistici generici e, quindi, rientra nel regime Iva ordinario. Ne consegue la possibilità di detrarre o di chiedere a rimborso l'Iva addebitata a monte dai locatori internazionali sui servizi comprati in Italia dalla società autrice dell'interpello.

Per quanto riguarda in particolare la richiesta di rimborso, questa può essere fatta sia seguendo l'iter previsto dall'articolo 38-ter del Dpr 633/1972 sia attraverso la procedura descritta nell'articolo 38-bis dello stesso decreto Iva.

Nel primo caso, per ottenere la restituzione di quanto pagato in più al Fisco, è indispensabile che l'impresa estera non abbia effettuato operazioni attive nel territorio dello Stato italiano.

Nella seconda ipotesi, la società non residente è equiparata ai contribuenti nazionali, a patto che abbia un rappresentante fiscale o si sia identificata direttamente in Italia. A queste condizioni, si aprono le porte sia dei rimborsi annuali che di quelli trimestrali, vincolati però all'effettiva dimostrazione che gli acquisti su cui si è pagata l'Iva a monte siano riconducibili "a un'attività economica avviata". Va inoltre documentata la tipologia di operazioni svolte nello Stato di residenza.

Non ha nessuna importanza, invece, il fatto che la ditta non residente proceda all'identificazione diretta in ritardo, dopo aver già fatto acquisti nel nostro Paese. "La circostanza che il soggetto non residente si identifichi tardivamente - si legge nella risoluzione - non pregiudica l'esercizio dei diritti sostanziali connessi con l'attività esercitata, ma spiega effetti sul piano sanzionatorio".

L'Agenzia ricorda, infine, che il contribuente non residente non può attivare contemporaneamente, per le stesse somme, le diverse procedure di rimborso previste dalle norme Iva.


Fonte: Agenzia Entrate

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