L'agenzia delle Entrate, con la circolare n. 23/E del 19 marzo, è tornata su un particolare aspetto della definizione dei versamenti tardivi o omessi di cui all'articolo 9-bis della legge 289/2002. L'annoso problema che si affronta è quello emerso in fase di controllo delle adesioni alla sanatoria relativa ai ritardati e omessi versamenti di cui all'articolo 9-bis della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), che ha visto disconoscere la definizione nel caso in cui il contribuente non abbia integralmente versato le somme dovute, questione legata in modo particolare alla possibilità di rateazione delle stesse.

L'articolo 9-bis della legge 289/2002 offriva la possibilità a tutti i contribuenti di poter evitare il pagamento delle sanzioni previste per gli omessi e i tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute non versate o versate in ritardo attraverso il pagamento delle seguenti somme:

- in caso di versamenti omessi, dell'importo non versato e degli interessi

- in caso di versamenti effettuati tardivamente, dei soli interessi.

In entrambe le ipotesi, l'agevolazione consisteva nella non applicazione della sanzione del 30%, prevista dall'articolo 13 del Dlgs 471/1997 sia per le omissioni di versamento, sia per le tardività.

Il beneficio era fruibile sia per il contribuente che avesse già ricevuto la cartella di pagamento emessa dall'amministrazione in esito ai controlli formali eseguiti, ovviamente a condizione che il pagamento della stessa non fosse ancora scaduto, sia nel caso in cui il contribuente non avesse ancora ricevuto la cartella di pagamento.

Al di là delle differenze procedurali che hanno contraddistinto le due diverse possibilità, una delle peculiarità consisteva nell'opportunità di versare ratealmente gli importi dovuti per la definizione, possibilità riservata solo ai contribuenti che sanavano omessi o tardivi versamenti per i quali non avessero ancora ricevuto la relativa cartella di pagamento.

Nell'altra fattispecie, quindi con la cartella di pagamento già notificata, l'articolo 9-bis stabiliva che gli importi dovuti dovevano essere pagati integralmente alla scadenza della cartella stessa.

La suddetta rateazione era possibile nel caso in cui l'importo da versare fosse superiore a 3mila euro (per le persone fisiche) o a 6mila euro (per gli altri soggetti), importi questi che comunque dovevano essere versati, costituendo di fatto la prima rata, mentre l'eccedenza poteva essere versata in tre rate di pari importo con la maggiorazione degli interessi legali.

In merito al mancato versamento delle rate successive alla prima si registrano due interventi dell'agenzia delle Entrate: il primo, espresso con la circolare 22/2003, nella quale è stato messo in evidenza che la sanatoria prevista dall'articolo 9-bis avrebbe operato solo per "effetto dell'integrale pagamento degli importi dovuti e, in caso di rateazione, dopo che si è provveduto all'integrale pagamento delle rate", il secondo, con la circolare 36/2005, con il quale non è stato ritenuto applicabile alle rate omesse l'istituto del ravvedimento operoso.

Per meglio comprendere la posizione dell'Agenzia, occorre focalizzare l'attenzione sulla natura della definizione degli omessi o tardivi versamenti di cui trattiamo.

Sintetizzando quanto finora detto, non veniva sanzionato chi, pur avendo evitato di versare imposte o ritenute, ovvero essendo incorso in ritardo nel versamento delle stesse, si attivava in adesione alla definizione agevolata.

Ora, se a fronte del versamento di quanto in precedenza non versato e/o degli interessi legali si offriva la non assoggettabilità alla sanzione, appare incoerente prevedere che non sia soggetto a sanzione anche colui che chiede la definizione e non paga quanto pacificamente dovuto per la stessa.

Questa posizione non è stata sempre condivisa dai giudici di merito, facendo registrare di fatto un andamento non univoco delle decisioni assunte, almeno fino a quando la questione è stata sottoposta al vaglio della Corte di cassazione.

I giudici di piazza Cavour, con la sentenza 18353/2007, hanno accolto la tesi dell'Agenzia affrontando, ai fini della decisione, la differenza tra le definizioni di cui agli articoli 8 e 9-bis della legge 289/2002, rilevando che le stesse "danno vita a due specie diverse di condono tributario".

Nella sentenza, si legge che la definizione di cui all'articolo 8 "introduce un condono tributario premiale, riconoscendo al contribuente il diritto potestativo di chiedere che il suo rapporto giuridico tributario sia sottoposto ad un accertamento straordinario, da effettuarsi cioè secondo regole diverse da quelle ordinarie, la seconda concede un condono tributario clemenziale, che, basandosi sul presupposto di un illecito tributario, elimina o riduce le sanzioni e, a determinate condizioni, concede modalità di favore per il loro pagamento, ma senza prevedere, come logica vuole, alcuna forma di accertamento tributario straordinario".

Muovendo da tali differenze, la Suprema corte non ritiene applicabile alla definizione di cui all'articolo 9-bis in commento la disposizione contenuta nel comma 3 dell'articolo 8 della stessa legge 289/2002, la quale stabilisce che il mancato versamento degli importi dovuti non determina l'inefficacia della definizione, atteso che l'ufficio può iscrivere a ruolo gli importi non pagati applicando la sanzione prevista per gli omessi versamenti.

Proprio questa sentenza offre all'Agenzia lo spunto per tornare sulla questione con la circolare 23/2008, con la quale, oltre a ribadire la propria posizione, oggi confermata dalla evidenziata sentenza della Cassazione, invita i propri uffici a continuare il contenzioso sorto nel merito della inefficacia delle definizioni in assenza dei versamenti delle rate successive alla prima.

Fonte: Agenzia Entrate - Armando Sappino

0 commenti:

 
Top