Oggetto: Istanza di Interpello art. 37-bis, comma 8, del DPR 29 settembre 1973, n.
600. Alfa., sede secondaria
Con istanza presentata in data 2005 presso l’Ufficio delle Entrate di …. e
successivamente trasmessa alla competente Direzione Regionale della …., la
società “ Alfa., sede secondaria”, con sede in …, ha presentato al Direttore
Regionale della ….. un’istanza formulata ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8,
D.P.R. n. 600/1973, per la disapplicazione delle disposizioni limitative al riporto
delle perdite fiscali pregresse di cui all’articolo 181 del TUIR.
La Direzione Regionale, con nota del 2005, ha invitato la scrivente a
risolvere alcuni dubbi interpretativi relativi alla fattispecie rappresentata.
Fattispecie rappresentata
L’istante Alfa è la sede secondaria in Italia di una società di diritto olandese,
Alfa Beta.
A partire dall’anno 2000 detta società, capogruppo olandese, ha avviato un
processo di accentramento di alcune attività svolte a livello locale al fine di ridurre
le unità operative. Il processo di accentramento è iniziato con l’accorpamento delle
Direzione Centrale
Normativa e Contenzioso
attività svolte e successivamente ha comportato la riduzione del numero delle unità
operative locali per mezzo, tra l’altro, di operazioni di fusione.
Il modello organizzativo con cui il Gruppo ha operato in Italia nel periodo
intercorrente tra il …. e il …. è stato contraddistinto dalla presenza di una sede
secondaria, che fa capo alla società istante, affiancata da una società controllata,
“Alfa Gamma Spa”, già “Delta Srl” la quale, pur integrata nella struttura di Alfa
Beta, è sempre rimasta formalmente autonoma. Inizialmente la collaborazione di
Delta con Alfa Beta fu formalizzata con un “contratto di prestazione di servizi
integrati” siglato il ….. 2002. Con il passare del tempo l’integrazione “sostanziale”
tra le due strutture è diventata sempre maggiore. Tra i due soggetti (Delta e Alfa
Beta) era stato stipulato anche un “contratto di affitto d’azienda” efficace a partire
dal …. 2003 e con scadenza il …. 2004.
La logica conclusione di tale processo di integrazione non poteva che essere
la fusione delle due società e quindi, con atto di fusione deliberato il …. 2004,
avente efficacia contabile e fiscale dal …. 2004, Alfa Beta ha incorporato Alfa
Gamma Spa.
Nell’istanza viene specificato che al momento di tale fusione Delta era
interamente posseduta tramite la sede secondaria italiana di Alfa Beta. Tuttavia negli
atti trasmessi alla scrivente non è specificato né il momento dell’acquisto del
pacchetto azionario, né il corrispettivo pagato.
In Italia era inoltre presente la sede amministrativa di un’altra società del
Gruppo Alfa Beta, “Eta” avente sede legale in Olanda ed interamente posseduta
tramite la sede secondaria italiana di Alfa Beta
Con la fusione di cui si è più sopra detto, Alfa Beta ha incorporato
simultaneamente Eta (operazione regolata dal diritto olandese) e Delta (operazione
regolata dal diritto italiano).
La sede secondaria italiana aveva maturato alla data del ….. 2004 il diritto al
riporto di perdite fiscali pregresse pari a euro ……. tutte relative al periodo di
imposta 2002, come risulta dalla relativa dichiarazione dei redditi.
Nel caso di specie trova applicazione l'articolo 181 del Tuir che limita la
riportabilità delle perdite fiscali nei casi di fusione per incorporazione tra società
residenti in Paesi diversi della UE. In particolare secondo detta disposizione la
deduzione delle perdite è consentita in proporzione alla differenza tra gli elementi
dell’attivo e del passivo effettivamente connessi alla stabile organizzazione sita nel
territorio dello Stato che risulta dall’operazione.
Secondo la società istante, detto parametro di riferimento è dato dalla somma
algebrica del patrimonio di Delta e di Alfa sede secondaria italiana, poichè, a
seguito della fusione, entrambi continuano ad essere connessi alla seconda. La
situazione ante fusione era la seguente:
- differenza tra attività e passività di Alfa sede secondaria italiana,
- …….. euro;
- patrimonio netto di Delta ……. euro.
Appare evidente che essendo la differenza tra attività e passività della sede
secondaria di Alfa Beta, che risulta dopo l’operazione di fusione, di segno negativo,
le perdite pregresse maturate da Alfa sede secondaria nel 2002 non potrebbero
essere riportate in avanti.
L’istante chiede, pertanto, la disapplicazione dell’art. 181 del tuir, in quanto
detta norma precluderebbe il diritto al riporto delle perdite di Alfa sede secondaria.
Infatti pur essendo confluito in Alfa sede secondaria l’intero patrimonio di Delta, la
differenza tra gli elementi dell’attivo e del passivo, effettivamente connessi alla
stabile organizzazione nel territorio dello Stato che risulta dall’operazione, è
negativa, con la conseguenza che non risultano rispettate le condizioni richieste
dall’art. 172, settimo comma, ai fini di detto riporto.
Dall’istanza non è dato desumere se anche il patrimonio di Etas confluisca in
Alfa sede secondaria.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere della società istante il riferimento alla differenza tra attività e
passività contenuto nell'articolo 181 del tuir concerne la somma algebrica del
patrimonio di Delta e del patrimonio di Alfa sede secondaria italiana poiché, a
seguito della fusione, entrambi continuano ad essere connessi alla seconda. In ogni
caso tale differenza algebrica assunta alla data del …… 2003 risulta negativa.
Inoltre, l'articolo 181 del Tuir è “norma di tipo antielusivo che dunque può ed
in determinati casi deve essere disapplicata” ai sensi dell'art. 37 bis, comma 8, del
d.p.r. n. 600 del 1973, ove sussistano - ritiene l’istante - valide ragioni economiche a
supporto dell'operazione di fusione, come nel caso rappresentato.
L’acquisizione delle partecipazioni nella società Delta è stata effettuata dalla
società istante in quanto società “già presente sul mercato e caratterizzata dalla
presenza di un socio fondatore che possedeva una vasta rete di conoscenze, una
lunga esperienza nel mercato sul quale Alfa Beta intendeva posizionarsi e, non da
ultimo, un ottimo rapporto fiduciario con i propri clienti investitori”.
Il processo di ristrutturazione a livello mondiale di tutto il gruppo rendeva
indispensabile ridefinire anche la struttura di Alfa Italia per consentire una migliore
gestione dei costi ed un più celere coordinamento delle attività di consulenza a
livello globale attraverso la riduzione delle business units e delle unità locali in
modo da conseguire una concentrazione “che avrebbe consentito di indirizzare le
risorse verso la ricerca di nuove possibilità di investimento, di ridurre (se non
eliminare), attraverso l'integrazione dei servizi, le duplicazioni dei costi
amministrativi ed infine di consentire un miglior controllo al livello centrale delle
attività di Delta svolta localmente”, ritenuto che l’attività continuava ad essere
fortemente legata al management della controllata.
La società istante, osserva, in ultimo, che le perdite fiscali pregresse saranno
utilizzate nell’ambito del medesimo settore di attività nel quale sono state prodotte,
"che continuerà ad essere quello caratteristico delle due entità fuse". Il mancato
riporto delle perdite fiscali comporterebbe il venir meno di un diritto che "in assenza
di fusione non sarebbe mai stato messo in discussione".
Parere della Direzione centrale
Codesta Direzione regionale solleva due quesiti di natura interpretativa la cui
soluzione appare dirimente per poter successivamente affrontare, in caso di
soluzione positiva, l’eventuale disapplicazione dell’art. 181 del tuir.
I problemi interpretativi posti sono essenzialmente due:
1) occorre stabilire se la norma richiamata sia applicabile alla fattispecie
in esame in cui il patrimonio della società incorporata confluisce in
una stabile organizzazione già esistente;
2) occorre verificare se l’art. 181 di cui viene chiesta la disapplicazione
sia una norma antielusiva ad hoc, pertanto disapplicabile.
L’art. 181 del tuir dispone che “nelle operazioni di cui alle lettere a) e b), del
comma 1, dell’art. 178, le perdite fiscali sono ammesse in deduzione da parte del
soggetto non residente alle condizioni e nei limiti di cui all’art. 172, comma 7,
proporzionalmente alla differenza tra gli elementi dell’attivo e del passivo
effettivamente connessi alla stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato
risultante dall’operazione e nei limiti di detta differenza”.
Per ben comprendere l’ambito di applicazione di detta norma e la sua finalità,
occorre ricordare che l’art. 181 riprende testualmente l’art. 4 del D.Lgs. n. 544 del
1992 di attuazione della Direttiva 434/90/CEE (di seguito la Direttiva).
Il legislatore comunitario della Direttiva aveva previsto che le fusioni e le
scissioni transnazionali possono assumere due diversi esiti, così come appare
evidente dal quinto considerando che testualmente recita: “per quanto riguarda le
fusioni, le scissioni e i conferimenti di attivo, queste operazioni avranno di regola
come risultato la trasformazione della società conferente in una stabile
organizzazione della società beneficiaria del conferimento o l’integrazione
dell’attivo in una stabile organizzazione di quest’ultima società”
Possono crearsi - in alternativa - due diverse situazioni:
• il soggetto incorporante non ha nel territorio dello Stato una stabile
organizzazione e, pertanto, le attività e le passività della società
conferente confluiscono in una stabile organizzazione allo scopo
costituita;
• il soggetto incorporante dispone già nel territorio dello Stato di una o
più stabili organizzazioni e, pertanto, le attività e le passività della
società conferente sono attribuite ad una stabile organizzazione già
esistente, ovvero ad una nuova stabile organizzazione, con la
conseguenza – in ogni caso – che vengono ad integrarsi tra di loro, ai
fini fiscali, gli attivi di soggetti diversi: quelli della società conferente
(che in ipotesi di fusione è la società incorporata o fusa) e quelli
preesistenti (attribuibili ad altre stabili organizzazioni nel territorio
dello Stato) della società beneficiaria (ad esempio la società
incorporante nelle operazioni di fusione).
La fattispecie rappresentata rientra nella seconda delle ipotesi chiaramente
previste dalla citata Direttiva comunitaria, e pertanto appare del tutto legittima la
scelta di far confluire il patrimonio della società incorporata nella stabile
organizzazione di Alfa Beta già operante in Italia.
Va, altresì, specificato che la conseguente integrazione di attivi di soggetti
prima distinti si sarebbe verificata in ogni caso, ai fini fiscali, anche se il patrimonio
della società incorporata fosse stato attribuito ad una stabile organizzazione allo
scopo costituita, distinta da quella (o quelle) preesistenti nel territorio dello Stato e
riferibili alla società incorporante. In ogni caso, infatti, in capo al soggetto non
residente si compenserebbero in un unico reddito e in un unico imponibile netto i
risultati delle varie stabili.
In merito alla interpretazione dell’art. 181 del tuir si osserva che la norma
introduce un doppio vincolo al riporto delle perdite fiscali pregresse:
1) prevede che le perdite fiscali pregresse siano deducibili in proporzione
al patrimonio netto della società “incorporata” che è effettivamente
attribuito alla stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato;
2) estende alle operazioni di fusione e di scissione transfrontaliere i limiti
di cui all’art. 172, comma 7, del tuir.
Il limite di cui al punto 1) è chiaramente finalizzato a limitare il riporto delle
perdite fiscali pregresse in tutte le ipotesi in cui alla stabile organizzazione non siano
state attribuite tutte le attività e passività che facevano capo alla società
“incorporata” e da cui si erano originate le perdite (ad es. quelle riferibili ad
eventuali stabili organizzazioni all’estero o ad altri elementi patrimoniali distolti).
Si tratta di un limite non espressamente indicato nella Direttiva, ma coerente
con la finalità – enunciata nel quarto considerando – di “evitare un’imposizione
all’atto di una fusione…pur tutelando gli interessi finanziari dello stato cui
appartiene la società conferente o acquisita”. La ragione di tale limitazione è
evidente dal momento che non potrebbero essere riportate perdite attribuibili, in
parte, ad attività non più connesse alla stabile organizzazione rimasta nel territorio
dello Stato.
Tale disposizione non può essere considerata antielusiva e, pertanto, non può
essere disapplicata.
Non si pone ovviamente alcun problema interpretativo in merito a tale
disposizione normativa nei casi in cui l’intero patrimonio della società incorporata
risulti confluito nella stabile organizzazione italiana.
L’altro limite, invece, risponde all’esigenza imposta dall’art. 6 della Direttiva
di estendere alle operazioni di fusione e scissione trasnazionali i medesimi benefici e
le medesime condizioni in materia di riporto delle perdite fiscali pregresse
applicabili alle operazioni nazionali. Detta norma stabilisce che anche alle fusioni tra
società residenti in Paesi diversi della UE è consentito, al pari delle operazioni che
avvengono tra società residenti all’interno del nostro ordinamento tributario, il
riporto delle perdite fiscali pregresse all’operazione di fusione. Più in particolare,
l’articolo 6 impone agli Stati che per le operazioni interne consentono alla
beneficiaria (leggasi anche incorporante) di riportare a nuovo le perdite pregresse
della conferente (leggasi anche incorporata) di estendere, alle medesime condizioni,
la possibilità di riportare le perdite fiscali pregresse della conferente da parte delle
stabili organizzazioni della società beneficiaria situate sul territorio dello Stato.
Di qui il richiamo del legislatore interno all’articolo del tuir che assolve a tale
compito, l’art. 172, comma 7.
Ciò detto, ad avviso della scrivente l’art. 181, nella parte in cui richiama il
disposto di cui all’art 172, comma 7, del tuir, è norma che si rende applicabile solo
quando le operazioni transnazionali in esame comportano (come nel caso delle
fusioni e scissioni nazionali) una integrazione di attivi di soggetti diversi, come tali
già esistenti nel territorio dello Stato. Situazione che, come detto, si verifica quando
il soggetto non residente già dispone di una o più stabili organizzazioni i cui attivi si
integreranno – fiscalmente – con quelli della società residente che viene incorporata.
E’ questa una disposizione antielusiva che può essere disapplicata ai sensi
dell’art. 37-bis, comma 8, del DPR 600 del 1973, in quanto risponde alla stessa ratio
della norma richiamante: contrastare la realizzazione di fusioni con società prive di
capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione
intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra,
introducendo un divieto assoluto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle
minime condizioni di vitalità economica previste dalla norma. Ne consegue che,
qualora non vi ostino altri profili di elusività fiscale diversi da quelli strettamente
riconducibili al disposto del citato articolo 172, comma 7, è possibile disapplicare la
norma in commento solo qualora si dimostri che la società con perdite fiscali
pregresse (o, nel caso in esame, la stabile organizzazione) non è una c.d. “bara
fiscale”. Più in generale, l’operazione di fusione non deve inserirsi in un disegno di
tipo elusivo nè, in particolare, deve essere funzionale alla incorporazione di una
società in utile, allo scopo di decurtare il proprio reddito imponibile compensandolo
con le perdite fiscali accumulate dalla stabile organizzazione del soggetto non
residente negli esercizi precedenti la fusione, la cui attività economica sia ormai
inesistente.
Ai fini della concreta applicazione della norma, dopo avere verificato il limite
di cui al punto 1), si applicherà l’ulteriore limite del comma 7 dell’art. 172.
Quest’ultimo limite ha natura elusiva ed è suscettibile di disapplicazione, in
presenza delle condizioni prima richiamate in via generale ed astratta.
Si precisa, infine, per completezza, che il patrimonio netto a cui va raffrontato
l’ammontare di perdite da riportare non è dato, come erroneamente sostenuto
dall’istante, dalla somma dei patrimoni della stabile organizzazione e della società
incorporata, ma dal solo patrimonio della stabile organizzazione cui le perdite stesse
si riferiscono.
Si fa ulteriormente presente che il presente parere non implica alcuna
valutazione, rilevante ai fini della legittimità anche sotto il profilo della elusività
fiscale, dell’intera operazione di ristrutturazione e, in particolare, dell’operazione di
incorporazione della società Eta. Per completezza si precisa che anche quest’ultima
società, in quanto residente in Italia, potrà usufruire della neutralità dell’operazione
di fusione transfrontaliera solo qualora abbia visto confluire il proprio patrimonio in
una stabile organizzazione sita nel territorio italiano.
Il presente parere viene reso al solo scopo di fornire contributi ed orientare
più proficuamente le considerazioni da porre a base del provvedimento del Direttore
regionale, cui esclusivamente compete la determinazione finale in ordine
all’accoglimento o meno dell’istanza di disapplicazione presentata ai sensi dell’art.
37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600 del 1973.
(RISOLUZIONE 66/E)
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