La Corte di giustizia europea ha dato torto all'Italia sui limiti imposti dallo Stato italiano alla detraibilità Iva sulle auto e sui carburanti utilizzati dalle imprese. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue in relazione alla causa intentata dalla Stradasfalti contro l'Agenzia delle entrate (alla quale la società ha chiesto il rimborso di 31.340 euro pagata dal 2000 al 2004 per veicoli aziendali). Lo Stato non può escludere dagli obblighi fiscali dei beni per quanto concerne il regime delle detrazioni previsto dalla sesta direttiva europea sull'Iva del 1977. La disposizione contenuta nel dpr 633/72 «non presenta carattere temporaneo nè è stata motivata da ragioni congiunturali» per cui il governo italiano «non può invocare tali misure a discapito di un soggetto passivo».
Inoltre la Corte Ue ha respinto la richiesta del Governo italiano di limitare i rimborsi retroattivi che infliggerebbero gravi danni ai conti publici e «ha disposto che non occorre limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza».
Gli effetti della decisione europea erano stati stimati in un massimo di 10.056 miliardi di euro, secondo uno studio realizzato dal centro studi Promotor per "Il Sole 24 Ore". Le conseguenze potrebbero già farsi sentire sulla prossima finanziaria, secondo quanto dichiarato dal viceministro dell'Economia con delega alle Finanze, Vincenzo Visco: «Le ripercussioni finanziarie - ha detto Visco - della sentenza della Corte di Giustizia europea sulla detraibilità dell'Iva relativa alle autovetture aziendali saranno di pesante entità e non eludibili. Sarà dunque inevitabile, perchè non si creino scompensi ulteriori nell'equilibrio della finanza pubblica, individuare misure compensative equivalenti». La decisione, polemizza Visco, è «l'ennesima, pesante eredità lasciata dal governo Berlusconi al centrosinistra. Da anni era chiara la necessità di intervenire per ovviare a questo problema concordando una soluzione adeguata con l'Unione europea».

Quattro esempi.

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