La Corte di cassazione ha stabilito, con ordinanza 3158 del 29 febbraio, l’esclusione dal diritto al rimborso delle imposte (Irpef e Irap) per il contribuente che aderisce al ravvedimento operoso per mancata presentazione della dichiarazione oltre i termini di legge.

Il fatto
La vicenda concerne un contribuente che non aveva presentato la dichiarazione annuale dei redditi e, a seguito ricezione di cartella di pagamento, aveva aderito al ravvedimento operoso, entrato da poco in vigore, cui aveva fatto seguito l’istanza di rimborso per Irpef e Irap per l’anno d’imposta 1998.
L’impugnazione avverso il silenzio rifiuto maturato sull’istanza viene accolta dalla Commissione tributaria provinciale e confermata da quella di secondo grado.
L’ente impositore ricorre per cassazione censurando la decisione d’appello per violazione di legge e difetto di motivazione in quanto “le espressioni utilizzate in sentenza, sembrano inidonee, sotto il profilo logico-formale, a giustificare il decisum, stante, per un verso, il disposto dell'art.13 del D.Lgs. n. 471/1997, e altresì, la mancata indicazione dei concreti elementi e l'assenza di collegamento tra quelli ritenuti rilevanti e utilizzati nell'iter decisionale”.

La decisione
La tesi dell’Amministrazione finanziaria viene accolta dalla Corte suprema, la quale, con una pur non prolissa motivazione, ha fissato ancora una volta alcuni punti fermi nell’interpretazione dell’articolo 13 del Dlgs 472/1997, affermando innanzitutto che il ravvedimento operoso, per regola generale, è subordinato al fatto che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, mentre nella specie era stata già emessa cartella di pagamento.
Inoltre, la Cassazione apostrofa la sentenza impugnata per aver fatto malgoverno di consolidati principi giurisprudenziali in materia, in quanto – a dispregio degli assunti normativi fissati dal legislatore – ha inopinatamente riconosciuto esistente l’obbligo del rimborso:
sia in presenza di mancata presentazione della dichiarazione
sia di tardività del ravvedimento effettuato.

Perciò, la sezione tributaria ha disconosciuto la sussistenza dell’invocato rimborso, per avere il contribuente aderito al ravvedimento operoso quattro anni dopo l’omessa presentazione della dichiarazione, resipiscenza peraltro preclusa dalla verifica della violazione, circostanze che avevano incomprensibilmente trovato plauso nei giudizi di merito (la mancanza o estrema concisione della motivazione, anche in diritto, determinano la nullità della sentenza - Cassazione 12354/2005). Invece, in caso di mancanza di dichiarazione, la regolarizzazione è ammessa, ma a condizione che ciò avvenga entro tre mesi da quell’evento.

Occorre ricordare in proposito che, nel periodo considerato, l’allora comma 4 dell’articolo 13 disponeva che “Il ravvedimento del contribuente nei casi di omissione o di errore non incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo esclude l'applicazione della sanzione, se la regolarizzazione avviene entro tre mesi dall'omissione o dall'errore”.

La posizione assunta dal giudice di legittimità conferma quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria sin dalla circolare 180/1998, laddove si precisa che, se la violazione consiste nell’omessa presentazione della dichiarazione, la possibilità del ravvedimento è, in linea di massima, esercitabile in tempi molto ristretti. La lettera c) dell’articolo 13, infatti, accorda la riduzione della sanzione (a un ottavo del minimo) solo se la dichiarazione viene presentata e i relativi versamenti eseguiti, entro trenta giorni dalla scadenza.

Inoltre, le determinazioni dell’ordinanza 3158/2012 si inseriscono nel medesimo indirizzo interpretativo, con il quale la Corte suprema ha escluso l’applicazione del ravvedimento in presenza di tardiva presentazione della dichiarazione annuale dell’Iva “contemplante anche l’obbligo di versamento della relativa imposta” in carenza “… nello stesso termine” del “… pagamento sia dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione tardivamente presentata, sia delle sanzioni ridotte che degli interessi maturati” (Cassazione 12883/2007).

Analogamente, il ravvedimento operoso è precluso nel caso in cui il contribuente, prima dell’inizio della verifica, abbia versato le sole imposte ma non interessi legali e sanzioni ridotte (Cassazione 22781/2010).

Sicché, in ultima analisi, deve convenirsi che il ravvedimento operoso si perfeziona mediante l’integrale osservanza degli adempimenti imposti dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, quindi con il pagamento delle maggiori imposte, delle sanzioni (sebbene nella misura ridotta), nonché degli interessi legali. Ove, invece, il contribuente commetta un errore anche nella computazione della sanzione irrogabile, il ravvedimento non può ritenersi perfezionato, per cui è legittima la ripresa a tassazione delle sanzioni nella misura dovuta (Cassazione, ordinanza 12661/2011).


Fonte: Agenzia Entrate

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