Domanda
Uno dei 2 soci di una S.a.s. (l'accomandante) intende cedere la propria quota all'altro, al valore nominale della stessa; il socio che rimane, già titolare di propria posizione Iva (ditta individuale), è intenzionato a proseguire l'attività della società, inglobandola nella propria, e da subito, intendendo rinunciare al termine di 6 mesi per ricostituire la pluralità dei soci. La società ha nel suo patrimonio un immobile. Si chiede quali siano i problemi dal punto di vista civilistico? Dal punto di vista fiscale, potrebbe rinvenirsi una cessione d'azienda?

Risposta
Nelle S.a.s la duplice categoria di soci deve permanere per tutta la vita della società. Infatti, per tale società la permanenza di solo soci accomandanti o solo soci accomandatari è una causa di scioglimento sempreché nel termine di sei mesi non sia ricostituita la categoria che è venuta meno (art. 2323 c.c.).

Durante i sei mesi, l'attività continua normalmente se sono venuti meno i soci accomandanti.

Passati i sei mesi, senza che siano integrati i soci venuti meno e senza che si dia inizio al procedimento di liquidazione, la sas si trasforma in una società collettiva irregolare, sempreché restino almeno due soci.

Nel caso di specie, al momento della cessione della quota del socio accomandante, il socio accomandatario, non essendoci più una compagine sociale ha come unica possibilità la liquidazione della società. Al termine della procedura, il patrimonio sociale viene assegnato al socio superstite che intende proseguire l'attività sotto forma di ditta individuale (in tal senso cfr. Cass. 16 febbraio 2007, nn. 3670 e 3671). In sostanza, i soci possono redigere un atto con il quale uno recede dalla società, dando quietanza dell'avvenuta liquidazione della quota, mentre l'altro contestualmente dichiara di non voler ricostituire la società, ma di voler proseguire in proprio, quale imprenditore individuale, l'attività d'impresa previa messa in liquidazione della società stessa.

Imposte dirette

Lo scioglimento della società di persone a causa della mancata ricostituzione della pluralità dei soci non dà luogo ad alcuna emersione di plusvalenza imponibile in relazione ai beni oggetto dell'attività d'impresa a condizione che il socio superstite continui l'attività sotto forma di ditta individuale e mantenga inalterati i valori dei beni. Il socio superstite, proseguendo l'attività commerciale in qualità di imprenditore individuale, continuerà a produrre reddito d'impresa (sul punto cfr. Circolare 54/E del 19 giugno 2002)

IVA

L'assegnazione di azienda o ramo di azienda non rientra nel campo di applicazione dell'I.V.A. (art. 2, comma 3, lett. b), d.P.R. 633/1972) anche nel caso in cui dell'azienda facciano parte beni immobili (Ris. 3 aprile 2006, n. 47)

Imposta di registro, ipotecarie e catastali

L'atto che formalizza la continuazione individuale di un'impresa, già operante in forma di società personale, dovrebbe essere soggetto all'applicazione dell'imposta fissa di registro come del resto chiarito dall'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 47/E del 3 aprile 2006 laddove sostiene che l'assegnazione del patrimonio sociale residuo al socio superstite, avente per oggetto l'intero complesso aziendale facente capo alla società, costituirebbe la parte finale della fase di liquidazione. E questa assegnazione, rientrando tra gli atti "propri delle società", sarebbe soggetta all'imposta di registro in misura fissa (art. 4, lett. d), della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986).

In tale ipotesi, inoltre, sono dovute le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale sul valore degli immobili ricompresi nell'azienda oggetto di assegnazione (artt. 2, comma 2, e 10 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347; Cir. 30 maggio 2005, n. 25).


Fonte: IPSOA

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