Sono legittimi gli avvisi di accertamento che traggono origine dal processo verbale di constatazione nel quale viene riportato un prospetto riepilogativo delle indagini effettuate nei confronti di altri contribuenti. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 23944 del 15 novembre.

I fatti
Con avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 1996, 1997 e 1998, l’ufficio ha recuperato le imposte dirette e l’Iva non pagate da un imprenditore, sulla base di quanto emerso dal processo verbale di constatazione (elevato nel mese di maggio 2000) e dai documenti a esso allegati.
Nonostante l’imprenditore abbia ricevuto gli atti impositivi corredati dal processo verbale e dal prospetto riepilogativo dei dati emersi da questionari di altre ditte, fatture di terzi e esiti di controlli incrociati, ha presentato distinti ricorsi ritenendo che fosse stato violato il suo diritto di difesa, poiché i documenti da cui erano stati tratti i dati riportati nel prospetto non erano da lui conosciuti, né conoscibili.
La Commissione tributaria provinciale ha ritenuto legittimi gli atti motivati per relationem e la sentenza è stata confermata, con la distrazione delle spese a favore dell’ufficio, anche in secondo grado.
Stessa sorte pure in Cassazione. La Corte, infatti, con ordinanza del 15 novembre, n. 23944, ha dichiarato il motivo di ricorso del contribuente “inammissibile ex art 366-bis c.p.c., in quanto il quesito di diritto concerne solo la allegazione di atti all’avviso di accertamento senza fare alcun riferimento alla sentenza, risultando quindi astratto e inidoneo ad evidenziare eventuali errori di diritto compiuti dal giudice di appello; comunque non pare inutile rilevarne la infondatezza nel merito, sia per genericità (non evincendosi dal motivo la rilevanza specifica dei documenti di cui si lamenta la mancata allegazione) sia perché non appare contestato che gli atti allegati riportassero il contenuto essenziale degli atti che non lo erano”.

L’ordinanza della Cassazione
La Corte si pronuncia ancora una volta sulla motivazione per relationem dell’atto impositivo e respinge il ricorso del contribuente sia nel merito sia per motivi processuali.
Questa volta gli atti impositivi rinviano a un prospetto di sintesi allegato al processo verbale consegnato all’imprenditore, i cui dati sono tratti da documenti relativi a terzi e non conosciuti dal contribuente.

E’ ovvio che la conoscenza effettiva dell’atto richiamato rivesta un ruolo fondamentale nelle problematiche in tema di motivazione per relationem, giocandosi intorno a tale aspetto la garanzia del diritto alla difesa del contribuente e il diritto di avere una compiuta conoscenza degli elementi posti a base della pretesa impositiva. A tale riguardo, l’articolo 42, comma 1, del Dpr 600/1973, ai fini delle imposte dirette, e l’articolo 56, ultimo comma, del Dpr 633/1972, ai fini Iva, prescrivono, a pena di nullità, che gli avvisi di accertamento devono recare, fra l’altro, la motivazione della pretesa e le ragioni giuridiche che li hanno determinati, in relazione alle norme applicate e che “se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”.

Di conseguenza, la mancata allegazione dei documenti nella loro integralità avrebbe potuto comportare l’illegittimità dell’atto impositivo, motivato per relationem, se, a parere del giudice di prime cure, la semplice indicazione dei dati sintetici nel prospetto riepilogativo non fosse stata sufficiente ad assolvere l’obbligo della motivazione. Ma così non è stato nel caso in esame.
La contestazione dell’imprenditore, infatti, non ha avuto ragione di esistere poiché le Commissioni tributarie hanno deciso la controversia sulla base delle risultanze del pvc e degli elementi in esso richiamati, considerati pertinenti, con un valore indiziario corroborabile da opportuni riscontri e idonei a consentire al giudice di esprimere le sue valutazioni sulla fondatezza e legittimità della pretesa.

Compito del giudice tributario è, in questi casi, verificare se gli atti notificati al contribuente contengano gli elementi necessari per consentire a quest’ultimo la ricostruzione del completo itermotivazionale che ha generato la pretesa tributaria nei suoi confronti.
Se tale esame fornisce riscontro positivo, allora il giudice dedurrà che gli ulteriori elementi richiamati hanno carattere aggiuntivo e non essenziale. E su questo punto, come ha osservato la Corte nella fattispecie esaminata, “… non appare contestato che gli atti allegati riportassero il contenuto essenziale degli atti che non lo erano …”.

Del resto, la Cassazione, in una fattispecie analoga (avviso di accertamento rinviante per relationem a un pvc, a sua volta contenente riferimenti ad atti precedenti nei confronti di soggetti diversi dal contribuente destinatario dell’avviso), ha avuto modo di precisare che “la legittimità dell’avviso così motivato postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell’atto richiamato solo ove il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, con esclusione, quindi, dei casi in cui essa, sia già di per sé sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia valore solo narrativo” (Cassazione, 15545/2009).

Diversamente, se il predetto esame conduce a un riscontro negativo, costituendo l’ulteriore richiamo un elemento necessario per l’individuazione della pretesa, la mancata messa a conoscenza dei documenti comporta la nullità dell’accertamento. Ma in tal caso, ai fini dell’annullamento, il contribuente deve provare non solo che gli atti ai quali fa riferimento l’atto impositivo (o quelli cui esso rinvia) sono a lui sconosciuti, ma anche che almeno una parte del loro contenuto sia necessaria a integrare (direttamente o indirettamente) la motivazione dello stesso atto impositivo. E, inoltre, deve provare che tale parte non è stata portata a sua conoscenza perché né l’atto impositivo né gli atti cui esso rinvia la riportano (Cassazione, 2749/2009).

Di conseguenza, il giudice non può pervenire alla sanzione della nullità in base al mero rilievo formale dell’omessa comunicazione al contribuente dei documenti, relativi ad altri soggetti, richiamati nel verbale elevato nei suoi confronti e notificatogli (Cassazione, 8858/2008). E’, infatti, necessario che venga evidenziata anche “la rilevanza specifica dei documenti di cui si lamenta la mancata allegazione”.Se i documenti non hanno una specifica e autonoma rilevanza (soprattutto se il contribuente ha avuto rapporti diretti con i terzi controllati e, di conseguenza, il contenuto del prospetto riepilogativo allegato possa essere ritenuto sufficiente per consentirgli di difendersi), allora non viene compromesso il diritto alla difesa.

La Corte è pervenuta a conclusioni analoghe respingendo il ricorso sia di un affittacamere che aveva impugnato un accertamento fiscale basato, tra l’altro, su questionari (allegati al pvc) cui avevano risposto i clienti (Cassazione, 4746/2010), sia di un istituto di formazione per la preparazione degli esami universitari, che si era visto ricostruire il volume d’affari sulla base delle risposte fornite dagli studenti corsisti ai quali l’Amministrazione finanziaria aveva inviato dei questionari, e riportate nel pvc (Cassazione, 1942/2007).

Infine, il motivo di ricorso dell’imprenditore è stato ritenuto inammissibile anche sul piano processuale, perché la censura, nel caso in esame, ha riguardato il difetto di motivazione dell’atto impositivo e non della sentenza impugnata. Di conseguenza, l’assenza di critiche sul punto, rivolte alle argomentazioni esposte dal giudice di secondo grado, con riferimento al contenuto essenziale dell’accertamento, si è risolta in vizio di autosufficienza del ricorso, non consentendo alla Corte di compiere valutazioni.


Fonte: Agenzia Entrate

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