Qualora l'avviso di accertamento sia affetto da errori di calcolo, il giudice tributario non deve ne’ puo’ limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum delle parti. E' quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, - con la sentenza n. 17072 depositata lo scorso 21 luglio - accogliendo il ricorso dell'Agenzia entrate, relativamente ad un avviso di accertamento affetto da errore di calcolo.

La S.C. ha confermato l'orientamento della giurisprudenza secondo cui "il processo tributario non e’ annoverabile tra quelli di impugnazione/annullamento, bensi’ tra quelli di impugnazione/merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che il giudice, il quale ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’amministrazione, non deve ne’ puo’ limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum delle parti".

Pertanto, i giudici dell’appello avrebbero dovuto calcolare l’incidenza dell’errore sull’accertamento opposto per verificare in primo luogo se, in concreto, correggendo l’errore, permanevano i presupposti per l'accertamento posto in essere e, in ogni caso, se residuavano una pretesa fiscale. Nella specie però - rileva il Collegio - la CTR non solo non ha effettuato tale indagine, ma non ha neppure chiarito in cosa consistesse l’errore rilevato ne’ quale ne fosse la consistenza aritmetica.

A tal proposito, non e’ possibile affermare che una simile analisi non fosse necessaria in presenza di un riconoscimento dell’errore da parte dell’amministrazione, in quanto l’Ufficio nell’atto d’appello non ha riconosciuto l’errore ma ha difeso il proprio operato, evidenziando che, a fronte del rilevato errore di calcolo, i primi giudici non avrebbero potuto comunque annullare tutto l’atto, ma avrebbero dovuto calcolare l’incidenza dell’errore riducendo la pretesa dell’Ufficio. In ogni caso, il presunto riconoscimento dell’errore da parte dell’ufficio mancherebbe pur sempre della indicazione della incidenza dell'errore sulla entita’ della pretesa riportata nell’avviso opposto, impedendo cosi’ la valutazione necessaria ad accertare nel merito la persistenza o meno di una pretesa fiscale residua.

(Cassazione civile Sentenza, Sez. Trib., 21/07/2010, n. 17072)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top