1. REDDITO D’IMPRESA

1.1 Oneri finanziari (art. 96 TUIR) – interessi passivi espliciti su debiti commerciali
D: Si chiede conferma dell’irrilevanza ai sensi dell’art. 96 TUIR degli interessi passivi da debiti commerciali contrattualmente previsti, similmente a quelli impliciti nel prezzo della fornitura.
R: L’articolo 96, comma 3, ha disposto l’esclusione dalle limitazioni previste nella disciplina dello stesso articolo 96 degli interessi passivi impliciti derivanti da debiti di natura commerciale. Ai fini della loro individuazione, la circolare 19/E del 21 aprile 2009 ha chiarito che trattasi di interessi che, secondo i corretti principi contabili, sono inclusi nelle dilazioni di pagamento praticate in ipotesi di regolazione differita, nel medio – lungo periodo, delle transazioni commerciali. L’interesse esplicito, invece, è quello espressamente pattuito dalle parti nel contratto di compravendita. Si ritiene che l’articolo 96 del TUIR non trovi applicazione nel caso in cui siano previsti interessi passivi espliciti su debiti di natura commerciale, ciò in coerenza con la ratio della norma in commento che intende escludere dal proprio ambito di applicazione gli interessi che scaturiscono da rapporti di natura commerciale.

1.2 Oneri finanziari (art. 96 TUIR) - trattamento degli interessi attivi su prestiti a dipendenti
D: Si chiede conferma che gli interessi attivi su prestiti ai dipendenti siano inclusi nel conteggio di cui all’art. 96 TUIR in quanto il prestito al dipendente è un rapporto con causa finanziaria, secondo le caratteristiche indicate dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/2009
R: Si ritiene che i prestiti ai dipendenti rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 96 del TUIR se presentano le caratteristiche enunciate nella Circolare n. 19/E del 21 aprile 2009 (paragrafo 2.2) e cioè devono scaturire da una messa a disposizione di una provvista di denaro per la quale sussiste l’obbligo di restituzione e in relazione alla quale è prevista una specifica remunerazione.

1.3 Oneri finanziari (art. 96 TUIR) – interessi passivi su depositi cauzionali per attività commerciali
D: Si chiede conferma che rientrino nella normativa gli interessi attivi (ed anche passivi) sui depositi cauzionali aventi causa finanziaria e non quelli sui contratti commerciali. Infatti, il deposito cauzionale è sovente relativo ad un contratto commerciale (ad es., di locazione oppure di fornitura di utilities) ed in quanto tale non costituisce una “scelta finanziaria” dell’impresa.
R: Nella Circolare 19/E del 21 aprile 2009 con riguardo agli interessi corrisposti sui depositi di riassicurazione, vale a dire sui depositi cauzionali costituiti nell’ambito dei rapporti con i quali l’impresa di assicurazione cede una quota del rischio assunto ad altra impresa di assicurazione, è stato chiarito che gli stessi non hanno causa finanziaria in quanto i citati depositi assumono una funzione di garanzia. Di conseguenza, applicando al caso in esame le considerazioni sopra svolte, si ritiene che i depositi cauzionali sui contratti commerciali non hanno causa finanziaria in quanto scaturenti da rapporti di natura commerciale e di conseguenza non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 96 del TUIR.

1.4 Oneri finanziari (art. 96 TUIR) – interessi passivi e modello unico
D: Si chiede conferma dell’utilizzo dell’eccedenza di interessi attivi dell’esercizio per dedurre gli interessi passivi netti indeducibili relativi ad esercizi precedenti. In caso affermativo si chiede, altresì, come si debba procedere alla relativa compilazione del Modello Unico 2010.
R: Come chiarito nella circolare 19/E del 2009, qualora in un determinato periodo di imposta l'importo degli interessi passivi netti risulta essere superiore al 30 per cento del ROL di periodo, l'eccedenza può essere recuperata in deduzione nei periodi di imposta successivi.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 96 del TUIR, tale deduzione è consentita esclusivamente qualora, in detti successivi periodi, l'importo degli interessi passivi maturati eccedenti gli interessi attivi sia inferiore al 30 per cento del ROL di competenza. In altre parole, se in un periodo d’imposta (anno n) risulta un ammontare di interessi passivi indeducibili (in quanto eccedenti l’ammontare del 30% di ROL di periodo), il soggetto può riportarli in avanti (nell’anno n+1) e dedurli se e nei limiti in cui in tale periodo di imposta risulti un ROL capiente.
La norma consente di recuperare gli interessi passivi netti derivanti dal periodo precedente, nei limiti dell’ammontare del 30 % di ROL capiente dell’anno successivo in cui gli stessi vengono riportati in avanti. Tuttavia, nonostante il puntuale riferimento normativo ad un ammontare di ROL capiente ai fini della deducibilità delle eccedenze di interessi passivi riportate a nuovo, si ritiene corretto procedere alla loro deducibilità con le medesime modalità stabilite per gli interessi passivi di competenza. Ciò posto, si è dell’avviso che qualora, in un determinato periodo d’imposta, gli interessi attivi di periodo sono superiori agli interessi passivi dello stesso periodo di imposta, l’eccedenza degli interessi attivi è utilizzabile per dedurre gli interessi passivi riportati da esercizi precedenti in quanto non deducibili. Di conseguenza, le eccedenze di interessi passivi riportate saranno immediatamente deducibili negli esercizi successivi anche con riferimento agli interessi attivi dell’esercizio. Di seguito si riportano due esempi al fine di chiarire le modalità di compilazione del prospetto per la determinazione degli interessi passivi indeducibili contenuto nel quadro RF del modello di dichiarazione dei redditi UNICO Società di capitali 2010.
Esempio 1:
Interessi passivi rilevanti del periodo d’imposta 2009 = 5.000 €
Interessi attivi rilevanti del periodo d’imposta 2009 = 9.000 €
Interessi passivi rilevanti riportati “a nuovo” = 10.000 €
In tale particolare ipotesi, con interessi passivi di periodo di importo inferiore agli interessi attivi di periodo, nel rigo RF118 del suddetto prospetto la colonna 4 (“interessi passivi indeducibili nei precedenti periodi d’imposta”) non va compilata, mentre nella colonna 1 va indicato l’ammontare corrispondente degli interessi passivi, cioè quelli del periodo d’imposta 2009 e quelli indeducibili riportati dall’anno precedente (5.000 + 10.000 = 15.000) e nella colonna 2 l’ammontare corrispondente agli interessi attivi; nella colonna 3 va indicato l’ammontare direttamente deducibile nei limiti degli interessi attivi (pari a 9.000, pari al minore importo tra quelli importi indicati nelle colonne 1 e 2).
L’ammontare degli interessi passivi netti (pari a 6.000, cioè l’eccedenza rispetto agli interessi attivi) va indicato nella colonna 5 (ovvero la somma tra l’importo indicato nella colonna 4, pari a “zero”, e la differenza positiva tra le colonne 1 e 2, pari a 6.000); tale importo è deducibile nei limiti del 30% del ROL.

Quadro RF – modello UNICO SC 2010
Esempio 2:
Interessi passivi rilevanti del periodo d’imposta 2009 = 10.000 €
Interessi attivi rilevanti del periodo d’imposta 2009 = 9.000 €
Interessi passivi rilevanti riportati “a nuovo” = 10.000 €
Diversamente, qualora gli interessi passivi di periodo siano di importo maggiore rispetto agli interessi attivi di periodo, nella colonna 1 del rigo RF118 va indicato l’ammontare corrispondente degli interessi passivi di periodo e nella colonna 4 quelli indeducibili riportati dall’anno precedente. Come nel precedente esempio 1, nella colonna 3 va indicato l’ammontare direttamente deducibile nei limiti degli interessi attivi (pari a 9.000) e nella colonna 5 va indicato l’ammontare degli interessi passivi deducibili nei limiti del 30% del ROL, pari a 11.000 ovvero alla somma tra l’importo indicato nella colonna 4 (pari a 10.000) e la differenza (positiva) tra le colonne 1 e 2 (pari a 1.000).

1.5 Sale and lease back con pre-ammortamento del finanziamento
D: Nell’ipotesi in cui una società di capitali ceda ad una società di leasing un immobile strumentale (il cui costo storico residuo risulta pari a 10.000.000 di euro) ad un prezzo pari a 9.000.000 di euro (corrispondente al valore di mercato dello stesso) realizzando una “minusvalenza a valore di mercato” di euro 1.000.000, si chiede di sapere se la suddetta minusvalenza imputata a conto economico, in ragione della corretta applicazione dei principi contabili nazionali, ai fini fiscali sia interamente deducibile nell’esercizio, oppure se debba essere correlata alla durata del contratto di locazione finanziaria.
R: Come precisato nella Circolare del 30 novembre 2000, n. 218/E, nel contratto di sale and lease back sussistono, ai fini fiscali, due distinte operazioni: la cessione del cespite e la locazione finanziaria del bene stesso. Ne consegue che, in relazione alla cessione del bene strumentale oggetto del contratto di sale and lease back, trova applicazione la disciplina fiscale ad essa ordinariamente riferibile. Di conseguenza, ai fini delle imposte sui redditi, la cessione del bene alla società finanziaria, avendo ad oggetto un bene strumentale, può generare (in capo al cedente) una plusvalenza, imponibile ai sensi dell’articolo 86 del TUIR, ovvero una minusvalenza, deducibile ai sensi dell’articolo 101 del TUIR.
Il principio secondo cui il contratto di sale and lease back comporti il trasferimento giuridico del diritto della proprietà del bene, ossia si concretizzi in un’operazione a tutti gli effetti realizzativa, è stato ribadito nelle recenti circolari del 13 marzo 2009, n. 8/E e del 19 marzo 2009, n. 11/E con riferimento alla disciplina della rivalutazione dei beni immobili relativi all’impresa. Sul piano civilistico, alla luce delle modifiche apportate dall’articolo 16 del decreto legislativo 28 dicembre 2004, n. 310 - che ha introdotto il comma 4 all’articolo 2425-bis del codice civile - si evidenzia che le plusvalenze da lease back sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione. In altri termini, in sede civilistica il contratto di sale and lease back è stato qualificato come un contratto complesso di durata, da cui derivano corrispettivi periodici. Posto che la modifica dell’articolo 2425-bis del codice civile non è stata accompagnata da una corrispondente modifica in ambito fiscale, devono ritenersi confermati i principi espressi nella circolare n. 218/E del 2000 e nei successivi documenti di prassi sopra citati, in virtù dei quali il regime tributario applicabile alla plusvalenza derivante da un’operazione di sale and lease back deve necessariamente essere quello previsto dall’articolo 86 e dall’articolo 109, comma 2, lett. a) del TUIR. Pertanto, la plusvalenza concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile nell’esercizio in cui è realizzata ovvero, qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (cfr. risoluzione del 25 agosto 2009, n. 237/E). Coerentemente, nell’ipotesi in cui dall’operazione di lease back emerga una minusvalenza a valore di mercato, nei limiti di quanto imputato a conto economico nell’esercizio di competenza, si ritiene che la stessa sia deducibile nell’esercizio medesimo ai sensi del combinato disposto degli articoli 101 e 109, comma 2, lettera a) del TUIR.

1.6 Irap – scorporo area
D: La Circolare 36/E del 16/07/2009 ha affermato, in considerazione di quanto stabilito dall’articolo 36, comma 7 del decreto legge 4 luglio 2006, n.223 che, “ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza”. Pertanto, si deve ritenere che “l’indeducibilità del valore delle aree sottostanti o di pertinenza di fabbricati strumentali, operi anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP”. Tale interpretazione è da estendersi anche ai fini della determinazione dei canoni di locazione finanziaria relativi ai beni immobili strumentali? In altre parole, oltre alla quota interessi, dovrà essere anche considerata indeducibile la quota di canone riferibile al terreno pertinenziale?
R: Il comma 7-bis dall’articolo 36, del DL del 4 luglio 2006, n. 223 ha esteso l’irrilevanza fiscale delle quote di ammortamento dei terreni, anche a quella parte della quota capitale dei canoni di fabbricati strumentali acquisiti in locazione finanziaria, riferibile ai terreni medesimi.
Coerentemente con le precisazioni contenute nella Circolare del 16/07/2009 n. 36/E, nella quale è stato affermato che le limitazioni alla deducibilità delle quote di ammortamento riferibili al terreno previste all’articolo 36, comma 7, del decreto legge n. 223 del 2006 operano anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, si deve ritenere che la quota di canone riferibile al terreno pertinenziale dovrà essere considerata indeducibile anche nella determinazione della base imponibile IRAP:

1.7 Irap - cuneo fiscale - deduzione maggiorata € 9.200
D: La deduzione maggiorata di euro 9.200 di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), n. 3 D.Lgs. 446/97 per le imprese localizzate nel mezzogiorno è integralmente fruibile in regime de minimis oppure, come sarebbe più consono allo spirito della norma, l’aiuto de minimis deve ritenersi circoscritto ai soli 4.600 euro differenziali rispetto alla misura base?
R: L’articolo 11, comma 1, lett. a), n. 3) del D.Lgs. n. 446 del 1997, come modificato dall’articolo 1, comma 266, della Finanziaria 2007, prevede la deducibilità (c.d. “deduzione maggiorata”) dalla base imponibile IRAP di un importo pari a 9.200,00 euro annui per ogni lavoratore con contratto a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Conformemente a quanto chiarito nella circolare 19 novembre 2007, n. 61/E (paragrafo 1.1 e 1.2), la predetta deduzione maggiorata prevista a favore dei soggetti operanti nei territori svantaggiati non è riconducile tra le misure di carattere generale, ma costituisce una agevolazione soggetta alle vigenti norme dell’Unione europea in materia di aiuti de minimis. Tale deduzione, pertanto, è soggetta alle regole previste dal regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione europea del 15 dicembre 2006 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore (“de minimis”), ed è fruibile nel rispetto delle condizioni e dei limiti ivi previsti. Come precisato nella citata circolare n. 61/E del 2007, si segnala che il risparmio d’imposta ottenuto dai contribuenti che fruiscono della deduzione maggiorata rilevante ai fini della verifica del rispetto del limite di 200.000 euro (100.000,00 euro per le imprese di autotrasporto su strada) fissato dal regolamento (CE) va calcolato sull’intero importo della deduzione richiesta e non sulla sola parte incrementale eccedente il limite di 4.600,00 euro. Pertanto, nella ipotesi in cui una società abbia cinque dipendenti impiegati nella regione Basilicata in relazione ai quali intende fruire, per il periodo di imposta 2009, della deduzione maggioritaria unitaria pari a 9.200,00 euro, il risparmio di imposta rilevante ai fini della verifica del rispetto del limite di 200.000 euro fissato dal predetto regolamento (CE) va calcolato sull’intero importo della deduzione richiesta e, non sulla sola parte incrementale, nel caso di specie il risparmio ottenuto dal contribuente risulterà pari a 1.794,00 euro (3,90% di 46.000,00).

1.8 .a) Impianti fotovoltaici
D: L’Agenzia del Territorio ha considerato gli impianti fotovoltaici posizionati sul suolo quali unità immobiliari, nello specifico opifici, con riferimento alla categoria catastale D1. Dalle varie risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate risulta invece che gli impianti fotovoltaici rientrano nel concetto di “impianti”, quindi di beni mobili, che “possono essere rimossi e utilizzati per le medesime finalità senza antieconomici interventi di adattamento”. Come si conciliano le due interpretazioni ?
R: L’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità (cfr. circolare 19 luglio 2007, n. 46/E). Coerentemente a tale impostazione anche nella circolare n. 38 dell’11 aprile 2008, per qualificare la tipologia di impianti (mobiliari o immobiliari) che hanno diritto al beneficio del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate (articolo 1, commi 271-279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) è stato precisato che sono agevolabili gli impianti diversi da quelli infissi al suolo, nonché i beni “stabilmente” e “definitivamente” incorporati al suolo, purché possano essere rimossi e utilizzati per le medesime finalità senza “antieconomici” interventi di adattamento”. A parere della scrivente, pertanto, si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento.

1.8. b) Impianti fotovoltaici
D: Gli impianti fotovoltaici possono beneficiare dell’agevolazione Tremonti-ter ?
R: Con circolare n. 44/E del 27 ottobre 2009 l’Agenzia delle entrate ha dato indicazioni in merito all’applicazione dell’agevolazione istituita dall’articolo 5 del decreto-legge n. 78 del 2009, specificando che ai fini dell’individuazione dei macchinari e delle apparecchiature agevolabili occorre verificare se gli stessi siano classificabili in una delle sottocategorie appartenenti alla divisione 28 della tabella ATECO 2007 e che valgano per la predetta verifica anche le indicazioni contenute nelle “Note esplicative e di contenuto dei singoli codici della classificazione”.
Si segnala che le suddette note esplicative includono nella divisione 28 la “fabbricazione di inseguitori per pannelli solari” (sottocategoria 28.99.99, “Fabbricazione di altre macchine ed attrezzature per impieghi speciali nca (incluse parti ed accessori)”. Le medesime note non includono nella divisione 28, invece, la “fabbricazione di celle fotovoltaiche”, compresa nella divisione 26 (sottocategoria 26.11.09, “Fabbricazione di altri componenti elettronici”), e la “fabbricazione di pannelli fotovoltaici”, compresa nella divisione 27 (sottocategoria 27.11.00, “Fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici”).

2. SCUDO FISCALE

2.1 Cfc – esonero dall’obbligo di compilazione del quadro FC della dichiarazione “Unico PF” per i soggetti partecipanti
D: Stante il silenzio della norma su questo specifico punto si chiede di conoscere se il contribuente possa considerarsi esonerato dalla compilazione del quadro FC della Dichiarazione “Unico - PF” anche successivamente allo “scudo” ex art. 13-bis comma 7 - bis del DL 78/2009, dal momento che i redditi prodotti dalle attività “scudate” incluse nel dossier verrebbero comunque tassati direttamente dall’intermediario, come se il dossier fosse intestato ai singoli partecipanti della CFC.In questo modo, peraltro, verrebbe preservata la riservatezza del rimpatrio.
R: Non vi è esonero dall’obbligo dichiarativo in quanto non si tratta di redditi assoggettabili a tassazione a titolo definitivo da parte dell’intermediario

3. IRPEF E LAVORO AUTONOMO

3.1 Detrazione di imposta del 55% per interventi di risparmio energetico
D: Sostituzione di serramenti ed infissi presso un’unità abitativa residenziale posseduta da due persone fisiche, nudo proprietario e usufruttuario, e locata ad una terza persona fisica. Mediante un accordo tra il nudo proprietario e l’inquilino si procede alla sostituzione dei serramenti ripartendo il costo per il 70% a carico del nudo proprietario e per il 30% a carico dell’inquilino. Come si configura la detrazione di imposta nel caso di specie?
R: La detrazione spetta sia al nudo proprietario che all’inquilino per l’ammontare di spesa effettivamente sostento da ciascuno, ovviamente nel rispetto delle condizioni previste dalla legge: pagamento mediante bonifico bancario con identificazione del beneficiario della detrazione e del bonifico, limite di spesa € 60.000, rispetto dei parametri tecnici dell’intervento.
La comunicazione all’ENEA può essere unica facendo riferimento all’unico intervento ed ai due beneficiari.

3.2 Ammortamento immobili
D: In che misura sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo le quote di ammortamento degli immobili strumentali di proprietà dei professionisti (100% o meno)? Rileva la data di acquisizione dell'immobile a tale scopo?
R: L'art. 54, comma 2, del TUIR, come modificato dall'art. 1, comma 334, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (finanziaria 2007) prevede che per i beni strumentali per l'esercizio dell'arte o della professione, compresi gli immobili, "sono ammesse in deduzione, quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti per categorie di beni omogenei, con decreto delle Ministro dell'economia e della finanze" (Decreto ministeriale 31 dicembre 1988) La previsione in questione è a carattere temporaneo, dato che il comma 335 dell'art. 1, della legge 296/2006 stabilisce che le disposizioni in materia di deduzione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, relativamente agli immobili strumentali all'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, si applicano agli immobili acquistati nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009 e che gli importi deducibili, con i coefficienti di cui al Decreto del ministero delle finanze, sono ridotti, nel triennio 2007-2009, ad un terzo.
La stessa disposizione precisa che, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili dei beni immobili strumentali, si applica l' articolo 36, commi 7 e 7-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 secondo cui non è deducibile il costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza; in mancanza di separato acquisto, il costo delle aree è determinato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell'anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento del costo complessivo del fabbricato.
Il sistema delineato dall'art. 54, comma 2, del TUIR ha previsto per i professionisti la possibilità di ammortizzare il costo di acquisizione degli immobili strumentali se il diritto reale è acquisito nel periodo 2007-2009, ossia nell'arco temporale in cui trova applicazione la disposizione transitoria che consente la deduzione delle quote di ammortamento relativamente agli immobili strumentali all'esercizio dell'attività di lavoro autonomo. Pertanto per gli immobili acquisiti in proprietà in detto triennio sono deducibili quote di ammortamento, in base al principio di competenza, applicando al costo di acquisto dell’immobile (costo storico di acquisizione aumentato degli oneri di diretta imputazione), le aliquote previste dal D.M. 31.12.1988, che rappresentano il limite massimo ammesso in deduzione per ciascun periodo d’imposta. Tuttavia detta deducibilità per il triennio è ammessa nei limite di 1/3 dei coefficienti ministeriali; a partire dal 1° gennaio 2010 devono, invece, essere applicati i coefficienti per intero. Nel costo ammortizzabile va escluso il costo delle aree occupate dalla costruzione (e dalle pertinenze). Per gli immobili acquisiti dopo il triennio in questione non sono ammesse in deduzione quote di ammortamento. Pertanto ai fini della deducibilità delle quote di ammortamento rileva il periodo di acquisizione in proprietà .

3.3 Principio di “cassa” e il pagamento tramite bonifici bancari
D: In applicazione del “principio di cassa”, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, si devono prendere in considerazione i compensi incassati e le spese pagate nel periodo d’imposta. Nel caso in cui un compenso venga regolato in prossimità della fine del mese di dicembre, mediante bonifico bancario, al fine di individuare l’anno in cui assume rilevanza fiscale, quale momento rileva? Quello in cui l’ordine di bonifico è stato impartito, oppure il momento in cui, in capo al professionista, tale somma sarà effettivamente a disposizione sul conto corrente, a prescindere dal momento di effettuazione del pagamento e di certificazione della ritenuta da parte del sostituto d’imposta, anche ai fini della compilazione del mod. 770 ?
R: L'applicazione del principio di cassa, secondo cui i compensi e i costi assumono rilevanza nel momento in cui sono, rispettivamente, percepiti e sostenuti rappresenta il criterio ordinario di determinazione del reddito di lavoro autonomo. Le criticità collegate a detto criterio risultano connesse, per quanto concerne l’imputazione temporale dei compensi, alla individuazione del momento in cui il corrispettivo si intende incassato da parte del professionista, in particolare quando vengono utilizzati alcuni mezzi di pagamento. Per quanto riguarda gli assegni bancari e circolari, ad esempio, gli stessi rappresentano titoli di credito che si sostanziano nell'ordine scritto, impartito alla propria banca, di pagare a terzi, o a sé stessi, una precisa somma di denaro. I compensi pagati mediante assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui il titolo di credito entra nella disponibilità del professionista , momento che si realizza con la consegna del titolo dal ricevente al committente. Non rileva, invece, ai fini della imputazione temporale del compenso al reddito del professionista, la circostanza che il versamento sul conto corrente del professionista percettore dell’assegno intervenga in un momento successivo o in un diverso periodo d'imposta. Nel caso di compensi pagati mediante bonifico bancario, si ritiene che ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo il momento in cui il professionista consegue la effettiva disponibilità delle somme, debba essere individuato in quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Si tratta, tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, nè il momento in cui il dante causa emette l’ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito. Il momento in cui il compenso si considera percepito da parte del professionista potrebbe non coincidere con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo/mese in cui in il soggetto che ha effettuato il pagamento deve effettuare il versamento della ritenuta ed includere questa ultima nel modello 770. Per il committente che paga il compenso, infatti, ai fini della adempimento dell’obbligo di effettuare la ritenuta rileva il momento in cui è stato effettuato il pagamento ovvero quello in cui le somme sono uscite dalla propria disponibilità. Il professionista, peraltro, scomputa la ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il proprio reddito professionale.

3.4 Riaddebito di spese ai colleghi per uso comune di locale
D: Come registrare il riaddebito di spese a colleghi per l’uso comune degli uffici, considerando che gli studi di settore prevedono che le spese debbano essere considerate al netto dei riaddebiti? Può infatti accadere che il rimborso avvenga nell’anno successivo al pagamento e che ne derivino, quindi, squadrature con gli studi di settore.
R: Il reddito di lavoro autonomo è determinato dalla differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute. Ai fini reddituali le somme incassate per il riaddebito dei costi ad altri professionisti per l’uso comune degli uffici non costituisce reddito di lavoro autonomo e quindi non rileva quale componente positivo di reddito. E’ corretto ritenere che il costo sostenuto può essere dedotto dal professionista solo parzialmente, vale a dire per la parte riferibile alla attività da lui svolta e non anche per la parte riaddebitata o da riaddebitare ad altri. Infatti la parte di costo riaddebitata o da riaddebitare non è inerente alla attività da questi svolta e quindi non assume rilevanza reddituale quale componente negativo. Nella imputazione delle componenti reddituali al periodo d’imposta il reddito di lavoro autonomo segue il criterio di cassa, principio che può essere derogato solo nelle ipotesi previste. Pertanto il costo rimborsato al professionista dal collega per l’uso comune del locale di esercizio dell’attività nel periodo d’imposta successivo non può considerarsi rilevante ai fini reddituali per il professionista che lo riceve. Detto componente sarà invece rilevante per il professionista (collega), nel periodo d’imposta in cui effettivamente lo corrisponde per l’uso dei locali.

4. AIUTI DI STATO

4.1 Misure temporanee anticrisi
D: L’art. 9, comma primo, DPCM 3 giugno 2009 - con il quale il Governo ha dato attuazione alla Comunicazione della Commissione 2009/C16/01 del 22 gennaio 2009, recante Modifica del quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi economica e finanziaria - impone a tutte le amministrazioni di comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Comunitarie entro il 15 luglio di ciascun anno l’elenco degli aiuti di Stato cui si applica la Comunicazione stessa. Tra le misure anche il temporaneo innalzamento del limite da euro 200.000 ad euro 500.000 delle agevolazioni de minimis. In vista della prossima scadenza di pagamento è possibile conoscere l’elenco di detti aiuti ammessi alla misure temporanee?
R: Si premette che il DPCM 3 giugno 2009 consente fino al 31 dicembre 2010 l’adozione di misure di aiuto per fronteggiare la crisi economica. Tra queste gli “aiuti di importo limitato” fino a 500.000 euro sono esclusivamente i regimi di aiuto istituiti ai sensi dell’articolo 3 del citato DPCM e nel rispetto di tutte le condizioni previste dal medesimo DPCM. Tali aiuti, quindi, sono diversi dagli “aiuti di importanza minore” c.d. de minimis che possono essere concessi fino a 200.000 euro ai sensi del regolamento (CE) n. 1998/2006. Tra i regimi di aiuto di carattere fiscale introdotti in applicazione del DPCM 3 giugno 2009, si segnalano:
il credito d’imposta, riconosciuto alle imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, corrispondente a quota parte dell’importo pagato quale tassa automobilistica per l’anno 2009 per ciascun veicolo di massa complessiva non inferiore a 7,5 tonnellate (articolo 15, comma 8-septies, del decreto legge n. 78 del 2009). Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 117722 del 6 agosto 2009 prevede all’articolo 2 la fruibilità del credito d’imposta nei limiti e alle condizioni previste per gli aiuti di importo limitato di cui all’articolo 3 del DPCM del 3 giugno 2009;
il credito d’imposta concesso alle imprese di esercizio cinematografico per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale (articolo 1, comma 327, lettera c, n. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244). L’articolo 5, comma 1, del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 21 gennaio 2010 prevede la fruibilità del credito d’imposta nei limiti e alle condizioni previste per gli aiuti di importo limitato di cui all’articolo 3 del DPCM del 3 giugno 2009 per gli investimenti effettuati dopo il 17 dicembre 2008;
la detassazione degli investimenti in attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo finalizzate alla realizzazione di campionari effettuati nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 (articolo 4, commi da 2 a 4, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73 ). Il comma 3 dell’articolo 4, come risultante dalle modifiche apportate dalla legge di conversione, prevede la fruibilità dell’agevolazione nei limiti e alle condizioni previste per gli aiuti di importo limitato di cui all’articolo 3 del DPCM del 3 giugno 2009. Si segnala che ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 l’agevolazione può essere fruita esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta di effettuazione degli investimenti.

5. REVOCA DEL FALLIMENTO

5.1 Dichiarazione dei redditi in caso di revoca del fallimento
D: Una società di persone fallita il 15.03.2009 ha presentato a mezzo dei soci reclamo ex art. 18 L.F. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento. In data 15.02.2010 la Corte di Appello di Trento ha dichiarato la nullità della sentenza di fallimento revocandola con effetto retroattivo. Ai sensi dell’art. 18 della L.F. restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura. Il curatore in costanza del suo incarico ha presentato dichiarazione dei redditi per la società e modello IVA 74 bis per il primo periodo ante fallimento dal 01.01.2009 al 15.03.2009.Sono stati tenuti i registri iva ed il registro del curatore vidimato presso il Tribunale.
R: Con riferimento al quesito in esame si è dell’avviso che la data di revoca della sentenza produce, ai soli fini fiscali, gli effetti della chiusura del fallimento. Infatti, stante la previsione in forza della quale, in caso di revoca del fallimento, sono "salvi gli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura", devono ritenersi compresi in tale alveo tutti gli atti legalmente compiuti dal curatore in attuazione di quanto disposto dall'articolo 183, comma 2, del TUIR, in relazione ai criteri di determinazione del reddito e agli adempimenti dichiarativi che ne conseguono ai sensi degli articoli 5 e 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. A tale fine, pertanto, la revoca del fallimento, seppure ai soli fini fiscali, può essere assimilata alla chiusura del fallimento. Da ciò discende che, nell'ampio ambito degli atti legalmente compiuti dal curatore è riconducibile, evidentemente, anche la presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. n. 322 del 1998 e del modello IVA 74 bis per il primo periodo ante fallimento compreso, nell’esempio, tra il 01.01.2009 e il 15.03.2009.

6. STUDI DI SETTORE

6.1 Compilazione degli studi di settore da parte dei contribuenti minimi che optano per il regime ordinario
D: I contribuenti che, pur avendo i requisiti per essere considerati minimi, optano per il regime ordinario, sono soggetti alla compilazione degli studi di settore?
R: Si ritiene che le semplificazioni previste per il regime dei minimi di cui all’art. 1, commi da 96 a 107, legge 244/2007, riguardino soltanto coloro che concretamente applicano detto regime e non anche coloro che, pur avendone i requisiti, abbiano optano per il regime ordinario. Nel paragrafo 2.4.1 della circolare 73/E del 21 dicembre 2007 esplicativa di questo regime semplificato, introdotto dalla Finanziaria 2008, è stato specificato che in caso di opzione per la determinazione delle imposte sul reddito e dell’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari vanno posti in essere tutti gli adempimenti contabili ed extracontabili ed anche, quindi, quelli relativi agli studi di settore. In questi casi (contribuenti con requisiti per rientrare nel regime dei minimi, ma che optano per l’ordinario) è però possibile che la sussistenza dei requisiti per l’applicazione del regime dei minimi possa configurare anche una situazione di marginalità economica, secondo le caratteristiche esplicitate nelle circolari 31/E e 38/E del 2007 (scarsi beni strumentali, volumi d’affari ridotti, etc.). Al riguardo, si ricorda che, nei confronti dei soggetti “marginali”, i documenti di prassi citati hanno richiamato l’attenzione degli uffici sul fatto che “la ragionevole certezza che il particolare strumento accertativo possa portare a distorsioni applicative deve comportare, in linea generale, l’adozione della massima cautela nel relativo utilizzo, privilegiando, ove il controllo sia comunque ritenuto opportuno, modalità istruttorie diverse.”


Fonte: Circolare Agenzia Entrate 38/E del 23 giugno 2010

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