L'emissione di fatture da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione è da qualificarsi come fatturazione di un'operazione soggettivamente inesistente, per la quale deve essere versata la relativa imposta, non essendo riconducibile né alla fattispecie dell'emissione di fattura recante indicazioni incomplete o inesatte, né a quella di omissione dell'indicazione dei soggetti tra cui é effettuata l'operazione.

Sono le conclusioni della sentenza n. 15438 dell'11 giugno 2008 con la quale la Corte di cassazione è ritornata ad affrontare la problematica della cosiddetta "fatturazione inesistente".

La vicenda

Una società impugnava un avviso di rettifica Iva con il quale era stata contestata la detrazione indebita dell'imposta sugli acquisti, derivante da fatture emesse da un soggetto "diverso" dall'effettivo fornitore. Il ricorso veniva in parte accolto dalla competente Commissione tributaria provinciale, e l'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, produceva l'annullamento dell'atto impositivo.

L'Amministrazione finanziaria articolava il ricorso in Cassazione in due motivi.

Con il primo veniva censurata, per violazione di legge, la sentenza impugnata, per avere i giudici ritenuto detraibile l'imposta recata da fatture emesse da un soggetto diverso dall'effettivo fornitore.

Il mezzo d'impugnazione è stato dichiarato manifestamente fondato, alla luce del principio più volte affermato dalla stessa Corte di legittimità (sentenze 5719/2007 e 15374/2002) in base al quale, in tema di Iva, l'emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione non è riconducibile alla fattispecie prevista dall'articolo 41, comma 3, del Dpr 633/1972 (testo all'epoca vigente), dell'emissione di fattura recante "indicazioni incomplete o inesatte", né, tantomeno, all'ipotesi contemplata dall'articolo 21, comma 2, n. 1) (vecchio testo), del medesimo Dpr 633/1972, di "omissione dell'indicazione dei soggetti tra cui è effettuata l'operazione". I giudici hanno specificato che la fattispecie si qualifica come "fatturazione di un'operazione soggettivamente inesistente", per la quale deve essere versata la relativa imposta ai sensi dell'articolo 21, non essendo consentita la detrazione di fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto riguardante l'operazione fatturata.

Per inciso, la Suprema corte ha accolto anche il secondo motivo di ricorso dell'Amministrazione, omessa motivazione in ordine al rigetto dell'appello relativo al rilievo concernente operazioni ritenute dall'ufficio soggettivamente inesistenti, "risultando la sentenza del tutto priva di motivazione sul punto".

La sentenza 5719/2007

Il principio di diritto applicato dalla sentenza 15438/2008 nell'accoglimento del gravame dell'Amministrazione finanziaria era già stato decretato in termini, da ultimo, dalla richiamata sentenza 5719/2007 (peraltro confermativa della sentenza 15374/2002), con cui la Cassazione, a fronte del fatto che un "procacciatore di affari, redigeva le fatture a carico della Ditta P. S.r.l. "per conto" delle varie ditte quale loro fiduciario, oltre che per la propria", aveva condiviso la tesi della Commissione tributaria di merito, secondo cui la detrazione Iva è ammessa solo in presenza di fatture provenienti dal soggetto che effettua la cessione o la prestazione.

Tale affermazione si sostanzia, nello specifico, nella considerazione che non entrano nel conteggio del "dare e avere", ai fini Iva, le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, in quanto tali fatture riguardano operazioni, pro parte, inesistenti. E a nulla rileva la circostanza - secondo la Corte - che le medesime fatture costituiscano la "copertura" di prestazioni acquisite da altri soggetti.

Nel prosieguo, le argomentazioni dei giudici si erano spinte fino a considerare come tutto il complesso sistema dell'Iva poggiasse sul presupposto che l'imposta dovuta viene versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili (che a sua volta potrà compensarla con l'Iva versata per l'acquisto di beni e di servizi), con il versamento dell'Iva a un soggetto "non operativo" che apre la strada al recupero indebito dell'imposta stessa.

In ultima analisi, nella complessa anomalia dell'operazione la divergenza soggettiva tra colui che ha emesso la fattura e colui che effettivamente ha seguito la prestazione economica configura un'operazione commerciale fiscalmente inesistente, come giustamente rileva con argomentazioni ineccepibili la giurisprudenza della Suprema corte.

Non può, peraltro, neppure sfuggire all'interprete l'altalenanza dei giudizi del riesame, sfociati in decisioni che hanno statuito in termini diametralmente opposti su un oggetto concernente analoghe vicende (diritto alla detrazione dell'Iva sugli acquisti a fronte di operazioni fittizie), ove nell'appello relativo alla sentenza 5719/2007 l'atto impositivo di recupero dell'indebito era stato "confermato" dalla competente Commissione tributaria regionale, mentre nel caso della sentenza 15438/2008 lo stesso atto era stato invece "annullato".


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top