Il termine iniziale dal quale computare i trenta giorni previsti per la costituzione del ricorrente in appello è quello della ricezione dell’atto da parte del destinatario e non quello della spedizione da parte del ricorrente.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza 4002 del 13 marzo 2012.

I fatti
A seguito di sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da una società avverso il diniego di rimborso dell’Iva per l’anno 1995, l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello alla Commissione tributaria regionale della Campania, che ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché depositato il 27 gennaio 2009, oltre i trenta giorni dalla spedizione dell’atto (avvenuta il 23 dicembre 2008), in violazione del disposto dell’articolo 22 del decreto legislativo 546/1992.

La sentenza è finita in Cassazione. In particolare, l’Agenzia, articolando il ricorso in due motivi, ha dedotto la violazione degli articoli 16 e 22 del Dlgs 546/1992, nonché l’omessa o insufficiente motivazione in ordine al fatto controverso (cioè, la presunta intempestività della costituzione, nel giudizio di secondo grado, dell’ufficio appellante).
La Corte, aderendo a un recente orientamento, ha affermato che “ai fini della costituzione in giudizio del ricorrente, il ricorso direttamente notificato con raccomandata a mezzo del servizio postale deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla ricezione da parte del destinatario e non dalla spedizione da parte del ricorrente (cfr. Cass. 12815/08, 9173/11)”.

Osservazioni
L’articolo 22 del Dlgs 546/1992 stabilisce che la costituzione in giudizio del ricorrente deve avvenire, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notifica del ricorso. Non specifica, però, da quando decorra tale termine a seguito di notifica effettuata a mezzo del servizio postale. L’assenza di una specifica previsione, sia nel giudizio di primo grado sia in appello (per il rinvio dell’articolo 53, comma 2, all’articolo 22, Dlgs 546/1992), ha dato luogo a due diversi orientamenti in seno alla stessa Corte di cassazione.
E di tale contrasto di giurisprudenza è espressione l’indirizzo seguito dal relatore rispetto alle conclusioni (opposte) cui è pervenuto il Collegio nel caso sottoposto al suo esame.

Nella relazione, infatti, seguendo un orientamento meno recente, si è ritenuto che, per stabilire la tempestività o meno della costituzione in appello, si sarebbe dovuto avere riguardo alla data di spedizione del ricorso, e non a quella di ricezione dell’atto da parte del destinatario (28 dicembre 2008). Ciò in quanto la decorrenza del termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente, è normativamente ancorata alla spedizione, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente. Tale conclusione sarebbe stata giustificata dagli articoli 16, comma 5 (“i termini che hanno inizio dalla notificazione o comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto”), e 22, comma 1, (che prevede modalità di deposito che presuppongono solo la spedizione del ricorso, e non la sua ricezione, sottraendo, in tal modo, tale adempimento alla regola fissata dall’articolo 16) del Dlgs 546/1992 (Cassazione, 20262/2004, 14246/2007, 1025/2008 e 7374/2011).

Diversamente, la Corte, con altre pronunce, tra le quali quella in commento, ha ritenuto che il termine iniziale per il decorso dei trenta giorni deve coincidere con il giorno in cui il resistente ha ricevuto il ricorso (Cassazione, 12185/2008, 9173/2011 e 4002/2012).
Tale affermazione:
trova fondamento negli articoli 20, comma 2, e 16, comma 5, del decreto sul contenzioso tributario. I giudici di legittimità (Cassazione, 9173/2011), infatti, hanno osservato che l’articolo 20, comma 2 (“il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione”) riproduce l’esordio dell’articolo 16, comma 5 (“qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data di spedizione”), con la conseguenza che “i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto” (articolo 16, comma 5)
non è ostacolata dalla lettera dell’articolo 22, con riferimento agli atti da depositare a cura del ricorrente. Tra questi, infatti, vi è la ricevuta di spedizione del ricorso per raccomandata a mezzo del servizio postale e non anche l’avviso di ricevimento, ben potendo il ricorrente costituirsi in giudizio anche prima e indipendentemente dal recapito dell’atto al destinatario
deriva dall’impossibilità di estendere in via analogica la regola eccezionale desumibile dall’articolo 16, comma 5 (secondo cui la notificazione a mezzo del servizio postale si considera effettuata al momento della spedizione, in quanto volta a evitare che eventuali disservizi postali possano determinare decadenze incolpevoli a carico del notificante), ai termini per i quali il perfezionamento della notificazione rappresenta il momento iniziale, poiché in tali casi la stessa notificazione si perfeziona con la conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario (Cassazione, 12185/2008).

Nel caso sottoposto al suo vaglio, la Corte, probabilmente, ha preferito seguire l’orientamento fondato sulla “ricezione dell’atto” in quanto più rispondente alla necessità di interpretare in modo restrittivo le cause di inammissibilità del ricorso. Se, infatti, il termine per il deposito del ricorso fosse stato computato con riferimento, non alla data di ricezione del resistente, ma a quella di spedizione del ricorrente, il successivo deposito, in quanto tardivo (perché effettuato oltre i trenta giorni dalla notifica), avrebbe comportato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso stesso.

Con una precisazione. Tale principio di salvezza del ricorso troverebbe applicazione in entrambi i gradi di giudizio: mentre di fronte alla Commissioni provinciali sarebbe salvo dalla dichiarazione di inammissibilità solo il ricorso del contribuente, per il secondo grado di giudizio, l’effetto non pregiudizievole verrebbe a prodursi anche per l’ufficio, se è parte appellante.


Fonte: Agenzia Entrate

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