Notifica atti a persone giuridiche, sufficiente l’addetto alla sede.

<br /> In materia di notificazione di atti tributari presso la sede di una persona giuridica è sufficiente la consegna dell’atto a mani di persona idonea a ricevere la corrispondenza. Premesso che l’art. 145 c.p.c. non richiede affatto la previa ricerca, presso la sede della persona giuridica, del suo legale rappresentante, ai fini della regolarità della notificazione è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall'incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza. Ne deriva che, qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente. La società, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Cass. nn. 13935 del 1999, 904 e 7113 del 2001, 19201 del 2003, 12754 del 2005, 16102 del 2007).<br /> <br /> Ordinanza n. 14865 del 5 settembre 2012 (udienza 14 giugno 2012)<br /> Cassazione Civile, sezione V – Pres. Merone Antonio - Est. Virgilio Biagio<br /> Notificazioni – Persona giuridica – Ricerca del legale rappresentante – Onere non richiesto dalla legge – Consegna a persona idonea a ricevere la corrispondenza<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Notifica atti a persone giuridiche, sufficiente l’addetto alla sede.

In materia di notificazione di atti tributari presso la sede di una persona giuridica è sufficiente la consegna dell’atto a mani di persona...

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Attività agrituristica.

<br /> L’esercizio di attività agrituristica da parte di un imprenditore agricolo deve essere autorizzato dall’Agenzia delle Entrate?<br /> <br /> No. Sono le Regioni a disciplinare le modalità per il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio dell'attività agrituristica.<br /> Per il conseguimento del certificato, le Regioni possono organizzare, attraverso gli enti di formazione del settore agricolo e in collaborazione con le associazioni agrituristiche più rappresentative, corsi di preparazione.<br /> Lo svolgimento dell'attività agrituristica deve svolgersi nel rispetto delle disposizioni previste dalle Regioni in materia.<br /> L’inizio dell’attività deve essere comunicato all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni, così come previsto per chiunque intenda intraprendere l’esercizio di un’impresa, di un’arte o di una professio+ne nel territorio dello Stato.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Attività agrituristica.

L’esercizio di attività agrituristica da parte di un imprenditore agricolo deve essere autorizzato dall’Agenzia delle Entrate? No. Sono l...

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Corte Ue, ok a detrazione Iva per le holding ma a una condizione.

<br /> La richiesta di pronuncia pregiudiziale di cui al procedimento C-496/11 verte su una questione inerente il sistema comune di imposta sul valore aggiunto sollevata da una società di telefonia portoghese sul metodo di detrazione dell’Iva assolta a monte per operazioni di acquisto di talune prestazioni di servizi. Prestazioni di servizio riferite, a valle, in parte a beni e servizi per i quali è prevista la detrazione e, in parte, per beni e servizi per i quali tale diritto non è previsto.<br /> <br /> La controversia principale<br /> La società ricorrente svolge servizi tecnici gestionali e di amministrazione a favore delle società del gruppo di imprese di cui costituisce la capogruppo. In questo contesto, ha acquistato servizi, assoggettati a Iva, da consulenti che poi ha fatturato alle società controllate. Nell’ anno successivo la società ricorrente, presentando la dichiarazione Iva, ha provveduto a detrarre l’Iva sui servizi dall’Iva da versare. L’Amministrazione finanziaria, a seguito di un controllo, riscontrava che la holding non aveva titolo per portarsi in detrazione integralmente l’Iva sui servizi acquistati e fatturati successivamente alle società controllate. La detrazione, infatti, doveva avvenire applicando il metodo del pro-rata di deducibilità. Ecco che allora provvedeva a emettere un avviso di accertamento per il recupero dell’Iva indebitamente detratta. Una volta presentato il ricorso, contro l’avviso di accertamento, il giudice amministrativo lo respingeva in quanto la società holding svolgeva essenzialmente operazioni esenti e, nel caso di specie, era possibile soltanto detrarre l’Iva relativa alla parte delle operazioni assoggettate all’imposta. La società ricorrente impugnava il ricorso motivando tale impugnazione sostenendo che era stata violata la normativa nazionale sull’Iva nonché l’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva Iva. Il giudice nazionale decideva di sospendere il procedimento per sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale sul metodo di detrazione Iva da seguire.<br /> <br /> La questione pregiudiziale<br /> Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se a norma delle disposizioni comunitarie, una holding, come quella di cui alla causa principale, che acquisti beni e servizi successivamente fatturati alle società controllate abbia la possibilità di portare in detrazione l’Iva assolta a monte seguendo quanto stabilito dalle disposizioni comunitarie o secondo quanto è invece demandato alla potestà impositiva dei singoli Stati membri. Nella sostanza si tratta di stabilire se l’Iva in oggetto possa essere detratta, da quella dovuta, integralmente o se la detrazione debba seguire il metodo del pro-rata tenendo in considerazione l’acquisto di beni e servizi che non danno luogo a detrazioni.<br /> <br /> Le osservazioni della Corte<br /> Il principio di detraibilità dell’Iva è un principio che, nel novero del sistema comune sull’imposta sul valore aggiunto, influisce sul comportamento sia dei soggetti privati che sugli enti impositori in termini di pressione fiscale. Il meccanismo delle detrazioni Iva, per come è strutturato, consente ai soggetti economici di traslare l’effettivo onere dell’imposta sul consumatore finale da un lato, dall’altro, invece, costituisce un importante monito circa l’incidenza dell’onere tributario sui comportamenti delle imprese. Ecco che allora, il diritto a detrazione, parte integrante del sistema Iva, sancito dall’articolo 17 e seguenti della sesta direttiva non può essere soggetto a limitazioni. Al contempo, la detraibilità dell’Iva è soggetta alla regola secondo cui l’imposta detraibile è soltanto quella che può essere riferita a operazioni a valle nel cui prezzo finale ricomprenda il valore dell’imposta. A tal fine, un'altra condizione importante è quella, appunto, della sussistenza di un nesso diretto tra le operazioni a monte, sulle quali si versa l’Iva e quelle a valle, sulle quali si carica l’Iva da detrarre.<br /> <br /> Il verdetto degli eurogiudici<br /> Le disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafi 2 e 5, della direttiva 77/388/CEE, secondo i giudici, vanno interpretate in senso favorevole alla possibilità per una società holding che acquisti beni e servizi, fatturati successivamente alle società del gruppo, di portare in detrazione l’ Iva laddove tale acquisto abbia un nesso diretto e immediato con operazioni economiche delle società controllate. Nella fattispecie della sussistenza di operazioni che non diano diritto alla detrazione, il metodo di detrazione da adottare deve essere quello del pro-rata. Pertanto, è possibile detrarre la sola Iva riferita a operazioni economiche imponibili. Quanto allo svolgimento di un’attività non economica, accanto a quella principale, non occorre seguire le disposizioni della sesta direttiva Iva, ma saranno gli Stati membri a dover dettare, caso per caso, i criteri per la detrazione in considerazione della reale imputazione delle spese riferite all’attività economica.<br /> <br /> <br /> Fonte: procedimento C-496/11<br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Corte Ue, ok a detrazione Iva per le holding ma a una condizione.

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IVA locazioni: forse più tempo per l’opzione.

<br /> La disciplina Iva delle prestazioni di locazione di fabbricati in vigore dal 26 giugno,(DL 83/2012) presenta ancora alcuni problemi aperti. In particolare non è stato chiarito il momento esatto in cui scade il termine per l'opzione. Posto che in generale la scelta va fatta all'entrata in vigore del decreto o nei sessanta giorni successivi, per i contratti successivi alla data di entrata in vigore della legge, in virtù di quanto disposto dallo Statuto del contribuente non è chiaro da quale data far partire i 60 giorni. Il decreto infatti è stato convertito in legge il 7 agosto e pubblicato in Gazzetta ufficiale l’11 agosto. In quesst’ultimo caso ci sarebbe tempo fino al 10 ottobre prossimo per effettuare l’opzione per abbandonare il precedente regime di esenzione. Ulteriori dubbi da risolvere riguardano la fatturazione ad esempio l’integrazione con fatture di sola IVA e la fatturazione già effettuata per prestazioni annuali.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Il Sole 24 Ore</i><br />

IVA locazioni: forse più tempo per l’opzione.

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Lo scudo fiscale protegge anche dal redditometro.

<br /> Negli accertamenti per maggior reddito contestati dall’amministrazione tributaria molti recenti giudizi di merito delle commissioni tributarie provinciali e tributarie (come CTR Trieste 76-01-2012 e CTP Rimini 155/12) affermano che il contribuente che ha regolarizzato le sue attività finanzirie estere con lo scudo fiscale ex DL 78/2009 è immune da qualsiasi tipo di accertamento.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Il Sole 24 Ore</i><br />

Lo scudo fiscale protegge anche dal redditometro.

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Dichiarazione IMU entro il 1° ottobre.

<br /> Entro il 1° ottobre i contribuenti possessori di immobili che hanno subito variazioni devono presentare la dichiarazione IMU. Come previsto dall’art. 13 del Decreto salva Italia, infatti, si applicano anche all’IMU, in quanto compatibili, le regole sulla dichiarazione ICI. L’adempimento non deve essere effettuato per gli immobili per i quali è stato utilizzato il MUI (modello unico informatico) o oggetto di compravendita. Non fa scattare l’obbligo di dichiarazione IMU anche l’abitazione principale con l’eventuale presenza di figli fino a 26 anni che danno diritto alla detrazione di € 50, grazie al fatto che le informazioni anagrafiche permettono al Comune di conoscere i dati relativi a tale situazione. L’obbligo di dichiarazione si ha, infatti, in tutti i casi in cui il Comune non ha tutte le informazioni utili a vigilare sul corretto pagamento dell’IMU.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Il Sole 24 Ore</i><br />

Dichiarazione IMU entro il 1° ottobre.

Entro il 1° ottobre i contribuenti possessori di immobili che hanno subito variazioni devono presentare la dichiarazione IMU. Come previsto...

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Quesito: apertura distributore automatico.

<br /> desidererei aprire una attività di Gestione di Distributori automatici.<br /> mio Padre ha svolto il settore dapiù di 30 anni ma ilnostro commercialista è venuto a mancare e mio padre ha deciso di chiudere l'azienda , io abito a Pisa ma non trovo nessun commercialista che si occupi dell' amministrazione  di questo tipo di attività sapete consigliarmene qualcuno e quanto mi serve per una SARLS.<br />

Quesito: apertura distributore automatico.

desidererei aprire una attività di Gestione di Distributori automatici. mio Padre ha svolto il settore dapiù di 30 anni ma ilnostro commer...

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Quesito: liquidazione TFR e trattenuta sindacale.

<br /> Sono un dipendente delle ferrovie italiane,sono iscritto<br /> al sindacato con trattenuta mensile a ruolo.<br /> Essendo in procinto di andare in pensione, ho sentito in giro, che<br /> la trattenuta avverrà anche sull’importo del TFR.<br /> E’ vero? Se si a quanto ammonterebbe ?<br />

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Sono un dipendente delle ferrovie italiane,sono iscritto al sindacato con trattenuta mensile a ruolo. Essendo in procinto di andare in pe...

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Mediazione tributaria: risposta ai quesiti.

<br /> D. Si chiede di conoscere se, in caso di impugnazione di provvedimento<br /> concernente esclusivamente l’irrogazione di sanzioni tributarie, di valore non<br /> superiore a 20.000 euro2, debba essere presentata istanza di mediazione e, in caso affermativo, quali siano le corrette modalità di rideterminazione delle somme<br /> dovute in esito all’eventuale accordo di mediazione.<br /> <br /> R. Al punto 1.1 della circolare n. 9/E del 2012 si è chiarito che, fermo<br /> restando il limite di valore fino a 20.000 euro, la presentazione dell’istanza di<br /> mediazione tributaria è obbligatoria ogni qual volta il contribuente intenda<br /> impugnare uno degli atti individuati dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992,<br /> inclusi, quindi, i provvedimenti di irrogazione di sanzioni tributarie.<br /> Conseguentemente, il contribuente che intende proporre ricorso avverso<br /> un provvedimento di sola irrogazione di sanzione tributaria, di valore non<br /> superiore a 20.000 euro, emesso dall’Agenzia delle entrate, è tenuto<br /> preliminarmente a presentare istanza di mediazione tributaria.<br /> Successivamente alla presentazione dell’istanza, l’Ufficio verifica la<br /> fondatezza dei motivi in base ai quali si contesta l’atto impugnato, provvedendo<br /> all’annullamento totale o parziale dell’atto in via di autotutela, se sussistono<br /> profili di illegittimità della sanzione. Nell’eventualità che la sanzione sia stata<br /> irrogata in misura superiore al minimo edittale, l’Ufficio valuta se sussistono i<br /> presupposti per procedere alla rideterminazione del suo ammontare, secondo le<br /> indicazioni fornite al punto 5 della circolare n. 9/E del 2012.<br /> In caso di accordo di mediazione che comporti la rideterminazione<br /> dell’ammontare della sanzione ovvero la conferma integrale della sanzione<br /> accertata (in ipotesi perché il contribuente si è reso conto della probabile<br /> soccombenza in giudizio), si ritiene possa trovare applicazione il comma 83, ultimo periodo, dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che rinvia alle<br /> disposizioni di cui al comma 6 dell’articolo 48 del medesimo D.Lgs. n. 5464.<br /> Ne consegue che, in caso di definizione dell’atto in sede di mediazione, le<br /> sanzioni si applicano nella misura del 40 per cento, fermo restando che in ogni<br /> caso la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore al 40 per cento dei<br /> minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.<br /> Ad esempio, nel caso di irrogazione di sanzione ai sensi del comma 1<br /> dell’articolo 85 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, per omessa,<br /> incompleta o inesatta indicazione nel modello della dichiarazione di dati rilevanti<br /> per l’individuazione del contribuente, il contribuente, che in sede di mediazione<br /> si convince dell’opportunità di accettare la sanzione irrogata dall’Ufficio, potrà<br /> beneficiare della riduzione della sanzione al 40 per cento.<br /> Al riguardo, si osserva che tale conclusione, seppure non immediatamente<br /> rinvenibile dal tenore letterale dell’articolo 48, comma 6, citato – che<br /> sembrerebbe riferire la riduzione delle sanzioni al 40 per cento solo per le<br /> sanzioni collegate al tributo oggetto di conciliazione – è coerente con il sistema<br /> di definizione degli atti impositivi complessivamente delineato dal legislatore.<br /> Come per gli altri atti impositivi, infatti, anche per i provvedimenti di<br /> irrogazione sanzioni il legislatore ha previsto la possibilità di definizione<br /> mediante acquiescenza, con il beneficio della riduzione delle somme dovute; in<br /> particolare, gli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, prevedono la possibilità di definire gli atti di<br /> contestazione delle sanzioni beneficiando della riduzione della sanzione a un<br /> terzo.<br /> Allo stesso modo di quanto avviene per gli altri atti impositivi, si deve<br /> ritenere, quindi, ammissibile consentire la definizione delle sanzioni anche nella<br /> successiva fase contenziosa, in sede di mediazione o di conciliazione giudiziale.<br /> Peraltro, la riduzione di cui può beneficiare il contribuente in sede di<br /> mediazione e di conciliazione giudiziale è stabilita dal legislatore in misura<br /> inferiore a quella spettante in caso di mancata impugnazione dell’atto (ad es., in<br /> caso di impugnazione di un atto di irrogazione sanzioni per 1.200 euro, la<br /> definizione di cui agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 prevede una<br /> riduzione a un terzo, corrispondente a 400 euro, mentre in caso di mediazione si<br /> applica la riduzione al 40 per cento, corrispondente a 480 euro).<br /> <br /> D. I provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, applicabili ai c.d.<br /> intermediari per le violazioni di cui agli articoli 7-bis6 e 397 del decreto<br /> legislativo 9 luglio 1997, n. 241, rientrano tra gli atti per i quali opera la<br /> mediazione tributaria?<br /> <br /> R. Sì. Come chiarito con circolari n. 52/E del 27 settembre 2007 e n. 11/E<br /> del 19 febbraio 2008, tali sanzioni hanno natura amministrativo-tributaria.<br /> Conseguentemente, chi intende proporre ricorso avverso un provvedimento di<br /> irrogazione delle sanzioni in esame, notificato in data successiva al 1° aprile<br /> 2012 e di valore non superiore a 20.000 euro, deve preventivamente notificare<br /> l’istanza prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.<br /> Analogamente a quanto esposto al punto 1.1, l’Ufficio verifica la<br /> sussistenza dei presupposti di illegittimità per un eventuale annullamento totale o<br /> parziale in via di autotutela ovvero per rideterminare la sanzione in sede di<br /> accordo di mediazione. In tal caso, la sanzione irrogata è ridotta al 40 per cento.<br /> <br /> D. Si chiede di conoscere se la mediazione tributaria operi anche in<br /> relazione alla sanzione con cui viene disposta la sospensione della licenza o<br /> dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, a norma dell’articolo 12, comma 2,<br /> del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 4718.<br /> <br /> R. Le controversie sulla sanzione di cui all’articolo 12, comma 2, del<br /> D.Lgs. n. 471 del 1997 devono ritenersi escluse dalla mediazione tributaria, in<br /> quanto sono caratterizzate da valore indeterminabile. Al riguardo vanno ribaditi i chiarimenti di cui al punto 1.3.2 della circolare n. 9/E del 2012, ove si sottolinea che “Poiché l’articolo 17-bis richiede<br /> che la controversia sia contraddistinta da un valore espressamente individuato,<br /> restano escluse dalla fase di mediazione le fattispecie di valore<br /> indeterminabile”.<br /> Pertanto, sebbene tale sanzione sia irrogata dall’Agenzia delle entrate,<br /> nelle relative controversie difetta il requisito del valore non superiore a 20.000<br /> euro, richiesto dall’articolo 17–bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.<br /> <br /> D. Si chiede di chiarire se la mediazione tributaria sia applicabile con<br /> riferimento all’impugnazione di un’iscrizione a ruolo effettuata per omesso o<br /> tardivo versamento emerso a seguito di controllo automatizzato della<br /> dichiarazione, previsto dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della<br /> Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.<br /> <br /> R. Nel caso in cui, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione<br /> ai sensi dell’articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973, emerga un omesso<br /> versamento, l’Ufficio recupera il tributo non versato e irroga una sanzione pari al<br /> 30 per cento, in applicazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 18<br /> dicembre 1997, n. 4629, e dell’articolo 13, comma 1, ultimo periodo, del decreto<br /> legislativo 18 dicembre 1997, n. 47110. La medesima sanzione del 30 per cento si applica nell’ipotesi in cui il<br /> controllo automatizzato evidenzi un tardivo versamento.<br /> In base al comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, è<br /> riconosciuta la riduzione a un terzo delle sanzioni amministrative “se il<br /> contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute … entro<br /> trenta giorni dal ricevimento della comunicazione11, prevista dai commi 3 dei<br /> predetti articoli 36-bis (del DPR n. 600 del 1973, n.d.r.) e 54-bis (del DPR n. 633<br /> del 1972, n.d.r.), ovvero della comunicazione definitiva contenente la<br /> rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei<br /> chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta”.<br /> Pertanto, se si effettua il pagamento entro 30 giorni dal ricevimento della<br /> comunicazione, la sanzione di omesso versamento viene ridotta al 10 per cento.<br /> La stessa riduzione al 10 per cento viene riconosciuta nel caso in cui il<br /> contribuente – per il quale è stato riscontrato un tardivo versamento - provveda al<br /> pagamento (in questo caso della sola sanzione) entro 30 giorni dal ricevimento<br /> della comunicazione di irregolarità.<br /> In assenza di pagamento l’Ufficio procede all’iscrizione a ruolo, che può<br /> essere impugnata con ricorso alla Commissione tributaria provinciale.<br /> In tale ipotesi, se il valore della controversia non è superiore a 20.000<br /> euro, il contribuente è tenuto a presentare preliminarmente istanza di mediazione<br /> ai sensi dell’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.<br /> In proposito si richiamano i chiarimenti forniti al punto 6.2 della circolare<br /> n. 9/E del 2012 in cui si è affermato che “qualora non vi siano margini per la<br /> riduzione della pretesa, l’Ufficio – ancorchè non obbligato – è legittimato a<br /> concludere un accordo di mediazione che confermi integralmente il tributo contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio della riduzione delle<br /> sanzioni irrogate”.<br /> Nei casi indicati nel quesito, pertanto, è consentito definire un accordo di<br /> mediazione che preveda, contestualmente al versamento del tributo omesso, il<br /> pagamento della relativa sanzione in misura ridotta al 12 per cento dell’imposta<br /> non versata (pari al 40 per cento del 30 per cento previsto dalla norma).<br /> Allo stesso modo si può addivenire a un accordo di mediazione per<br /> definire un tardivo versamento tramite pagamento della relativa sanzione ridotta<br /> al 40 per cento.<br /> <br /> D. Si chiede di precisare i rapporti intercorrenti tra la mediazione<br /> tributaria e la definizione agevolata delle sanzioni, con riduzione a un terzo,<br /> prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997.<br /> <br /> R. Si premette che la sanzione tributaria può essere irrogata tramite “atto<br /> di contestazione”12 ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997, ovvero, nel caso di sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, “con atto contestuale<br /> all’avviso di accertamento o di rettifica”13.<br /> Con riferimento a entrambi i procedimenti di irrogazione, è ammessa la<br /> possibilità di definire la sanzione con il pagamento, entro il termine previsto per<br /> la proposizione del ricorso, “di un importo pari ad un terzo della sanzione<br /> irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le<br /> violazioni più gravi relative a ciascun tributo” (comma 3 dell’articolo 16 e<br /> comma 2 dell’articolo 17 citati).<br /> In conformità alle disposizioni recate dall’ultimo periodo del comma 3<br /> dell’articolo 1714 del D.Lgs. n. 472 del 1997, la predetta definizione agevolata è<br /> sempre esclusa per le sanzioni riguardanti l’omesso o ritardato pagamento del<br /> tributo, indipendentemente dal procedimento di irrogazione utilizzato15.<br /> Limitatamente all’atto di contestazione notificato a norma dell’articolo 16,<br /> il comma 4 del medesimo articolo stabilisce che “Se non addivengono a<br /> definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido possono”,<br /> entro il termine per la proposizione del ricorso, “produrre deduzioni difensive. In<br /> mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione,<br /> impugnabile ai sensi dell’articolo 18”.<br /> Pertanto, a seguito di una sanzione irrogata con atto di contestazione,<br /> l’autore della violazione (o il coobbligato) può alternativamente, entro il termine<br /> per ricorrere:<br /> 1. definire la sanzione con il pagamento nella misura ridotta a un terzo;<br /> 2. presentare deduzioni difensive; in tale ipotesi, a norma del comma 7 dello<br /> stesso articolo 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997, l’Ufficio, nel termine di un<br /> anno dalla presentazione delle predette deduzioni, “irroga, se del caso, le<br /> sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni<br /> medesime”;<br /> 3. impugnare immediatamente l’atto innanzi alla Commissione tributaria<br /> provinciale.<br /> Qualora opti per l’impugnazione immediata dell’atto di contestazione<br /> ovvero per l’impugnazione del provvedimento di irrogazione notificato<br /> dall’Ufficio successivamente alle deduzioni difensive e il valore della<br /> controversia non superi i 20.000 euro, sussiste l’obbligo di presentare l’istanza di<br /> mediazione prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992.<br /> In ordine alle sanzioni irrogate contestualmente all’avviso di accertamento<br /> o di rettifica ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, l’autore della<br /> violazione può alternativamente, entro il termine per ricorrere:<br /> 1. definire la sanzione con il pagamento nella misura ridotta a un terzo;<br /> 2. impugnare il provvedimento.<br /> Ovviamente, la definizione della sanzione non impedisce l’impugnazione<br /> dell’atto impositivo relativamente al tributo e/o agli interessi. In tale ipotesi, se il<br /> valore della controversia non supera 20.000 euro16, il contribuente è tenuto a<br /> presentare obbligatoriamente l’istanza prevista dall’articolo 17-bis del D.Lgs. n.<br /> 546 del 1992.<br /> In sintesi, entro il termine per la proposizione del ricorso, il contribuente<br /> può definire la sanzione con la riduzione a un terzo, ai sensi del comma 2 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, e impugnare il tributo e/o gli<br /> interessi, previa presentazione dell’istanza di mediazione.<br /> Come già anticipato, stante l’espresso divieto contenuto nell’ultimo<br /> periodo del comma 3 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997, la definizione<br /> agevolata delle sanzioni in esame per omesso o tardivo versamento non è<br /> consentita neppure in sede di mediazione, tenuto conto di quanto precisato al<br /> punto 6.2 della circolare n. 9/E del 2012 circa l’impossibilità di un accordo in cui<br /> la “riduzione delle sanzioni sia più elevata di quanto consentito per effetto di<br /> acquiescenza in una fase amministrativa antecedente a quella della mediazione”.<br /> Resta inteso che, in ordine alle controversie di cui si tratta, di valore non<br /> superiore a 20.000 euro, il contribuente è comunque tenuto a presentare l’istanza<br /> ex articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che va, pertanto, esaminata<br /> dall’Ufficio al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per l’annullamento<br /> totale o parziale della sanzione17.<br /> <br /> D. Al punto 6.2 della circolare n. 9/E del 19 marzo 2012 si prevede la<br /> possibilità di un accordo confermativo della pretesa tributaria, con applicazione<br /> del beneficio della riduzione delle sanzioni al 40 per cento. Si chiede se l’Ufficio<br /> sia tenuto a formulare al contribuente una proposta di mediazione avente tale<br /> contenuto.<br /> <br /> R. La formulazione di una proposta di mediazione per il pagamento<br /> integrale del tributo, con beneficio della riduzione delle sanzioni, costituisce una<br /> facoltà e non un obbligo per l’Ufficio.<br /> Si ribadisce, tuttavia, che l’Ufficio non è legittimato a proporre un accordo<br /> di mediazione confermativo della pretesa tributaria, con il beneficio della<br /> riduzione delle sanzioni, ogniqualvolta la conseguente riduzione delle sanzioni<br /> sia più elevata di quanto consentito per effetto di acquiescenza in una fase<br /> amministrativa antecedente a quella della mediazione (cfr. punto 6.2 della<br /> circolare n. 9/E del 201218).<br /> <br /> D. La riduzione della sanzione al 40 per cento, che opera a seguito di<br /> mediazione tributaria, è tassativa oppure, in casi particolari, l’Ufficio può<br /> proporre l’applicazione di una minore riduzione?<br /> <br /> R. Se in sede di mediazione la sanzione accertata viene confermata oppure<br /> rideterminata (ove sia stata accertata in misura superiore al minimo edittale), in<br /> nessun caso è ammessa l’applicazione di una riduzione diversa (rispetto a quella<br /> al 40 per cento) della sanzione rispettivamente confermata o rideterminata.<br /> <br /> D. Si ipotizzi un avviso di accertamento con il quale si procede al<br /> recupero del tributo e alla contestuale irrogazione della sanzione nella misura<br /> massima edittale, pari, ad esempio, al 200 per cento dell’imposta accertata.<br /> Si chiede di conoscere quale sia, nella predetta ipotesi, la corretta modalità<br /> di applicazione del beneficio della riduzione della sanzione al 40 per cento, in<br /> caso di conclusione di un accordo di mediazione.<br /> Si chiedono, infine, chiarimenti sulle concrete modalità di determinazione<br /> delle somme dovute in caso di accordo di mediazione avente ad oggetto un<br /> provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie in misura superiore al<br /> minimo edittale.<br /> <br /> R. A seguito della presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17-bis del<br /> D.Lgs. n. 546, l’Ufficio deve preliminarmente verificare se sussistono i<br /> presupposti di legge per procedere all’annullamento dell’atto impugnato.<br /> Tale valutazione viene effettuata sia nelle ipotesi in cui l’istanza ha ad<br /> oggetto un atto impositivo con contestuale irrogazione di sanzioni, sia quando il<br /> contribuente intende proporre ricorso avverso un provvedimento di sola<br /> irrogazione sanzioni.<br /> In sede di mediazione, per quanto concerne in particolare la sanzione,<br /> l’Ufficio può verificare l’esistenza dei presupposti per procedere a una<br /> rideterminazione della misura della sanzione irrogata, riducendola ad esempio al<br /> minimo edittale.<br /> In tal caso, per effetto della conclusione dell’accordo di mediazione, il<br /> beneficio della riduzione al 40 per cento trova applicazione con riferimento alla<br /> sanzione così rideterminata.<br /> <br /> D. Si chiede di conoscere le modalità di rideterminazione della sanzione in<br /> sede di mediazione, nel caso in cui con l’atto impugnato sia stato applicato il<br /> cumulo giuridico previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997.<br /> <br /> R. L’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che “E’ punito con la<br /> sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un<br /> quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse<br /> disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più<br /> azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”.<br /> Inoltre, come previsto dal comma 7 del medesimo articolo 12, “la<br /> sanzione non può essere comunque superiore a quella risultante dal cumulo delle<br /> sanzioni previste per le singole violazioni”, vale a dire al cumulo materiale<br /> (somma aritmetica) delle sanzioni stabilite per ciascuna violazione.<br /> <br /> D. In data 2 aprile 2012, un contribuente riceve la notifica di un avviso di<br /> accertamento con il quale si richiede il pagamento di un’imposta pari a 16.000<br /> euro, oltre a interessi e sanzioni.<br /> Esaminato l’avviso di accertamento, il 10 aprile 2012 il contribuente<br /> presenta istanza di autotutela.<br /> In data 14 maggio 2012, effettua il versamento del tributo e delle sanzioni<br /> nella misura ridotta individuata ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19<br /> giugno 1997, n. 218.<br /> In data 15 maggio 2012, non avendo ricevuto comunicazioni in merito alla<br /> richiesta di autotutela, a mero titolo cautelativo notifica istanza di mediazione<br /> tributaria al competente Ufficio.<br /> Successivamente alla notifica dell’istanza di mediazione l’Ufficio<br /> provvede all’annullamento parziale dell’atto (con accoglimento parziale<br /> dell’istanza di autotutela ovvero in accoglimento dell’istanza di mediazione).<br /> Come va trattata, in questa ipotesi, l’istanza di mediazione tributaria?<br /> <br /> R. L’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997 prevede una riduzione20 delle<br /> sanzioni irrogate “se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di<br /> accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con<br /> adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso,<br /> le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione”.<br /> Ne consegue che, per ottenere la riduzione delle sanzioni in esame, il<br /> contribuente deve, in particolare,:<br /> - rinunciare ad impugnare l’atto;<br /> - provvedere a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le<br /> somme complessivamente dovute, tenendo conto della riduzione delle sanzioni.<br /> In considerazione di ciò, al punto 6.2 della circolare n. 9/E del 19 marzo<br /> 2012 si è precisato che “Nel procedimento attivato con la presentazione<br /> dell’istanza di mediazione non si applica l’articolo 15 del decreto legislativo 19<br /> giugno 1997, n. 218”.<br /> Ferma restando la validità in linea generale di quanto sopra affermato, si<br /> ritiene tuttavia che, nel caso di specie, avendo il contribuente effettuato il<br /> pagamento prima della notifica dell’istanza di mediazione, l’Ufficio attribuisce<br /> efficacia alla definizione operata dal contribuente ai sensi dell’articolo 15 del<br /> D.Lgs. n. 218 del 1997. Si osserva, invero, che costituisce condizione imprescindibile per<br /> l’operatività della definizione prevista dall’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997<br /> il versamento delle somme dovute effettuato dal contribuente prima della notifica<br /> del ricorso (nella specie, prima della notifica dell’istanza di mediazione), il cui<br /> termine è fissato dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992 in “sessanta giorni<br /> dalla data di notificazione dell’atto impugnato”. 21<br /> <br /> D. Si consideri l’ipotesi della notifica di un atto, emesso dall’Agenzia<br /> delle entrate e rientrante nell’elenco di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del<br /> 1992, di valore complessivo - determinato ai sensi delle disposizioni di cui<br /> all’articolo 12, comma 5, del predetto decreto - superiore a 20.000 euro. Nel caso<br /> in cui intervenga un provvedimento di autotutela parziale in pendenza dei termini<br /> di proposizione del ricorso, per effetto del quale la controversia risulti di valore<br /> non superiore a 20.000 euro, il contribuente che intenda proporre ricorso è tenuto<br /> a notificare preventivamente l’istanza di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546<br /> del 1992?<br /> <br /> R. Sì, il contribuente è comunque tenuto a presentare l’istanza di<br /> mediazione, considerato che il valore della controversia (al momento<br /> dell’impugnazione) non è superiore a 20.000 euro.<br /> <br /> D. Si consideri l’ipotesi della notifica di un atto, emesso dall’Agenzia<br /> delle entrate e rientrante nell’elenco di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del<br /> 1992 e che il valore della relativa controversia risulti superiore a 20.000 euro.<br /> Nel caso in cui, successivamente alla notifica del ricorso giurisdizionale ma<br /> prima del deposito di quest’ultimo nella segreteria della Commissione tributaria<br /> provinciale, intervenga un provvedimento di autotutela parziale che riduce la<br /> pretesa tributaria a un valore non superiore a 20.000 euro, è applicabile l’articolo<br /> 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992?<br /> <br /> R. No, l’articolo 17-bis non è applicabile, atteso che il valore della<br /> controversia al momento dell’impugnazione è superiore alla soglia individuata<br /> dal comma 1 dello stesso articolo 17-bis. Alla controversia in esame possono,<br /> ovviamente, trovare applicazione le disposizioni in tema di conciliazione<br /> giudiziale.<br /> <br /> D. Nell’ipotesi in cui venga emesso un atto unico nei confronti dei<br /> soggetti aderenti al consolidato nazionale, ai sensi dell’articolo 40-bis del DPR n.<br /> 600 del 1973, come deve essere determinato il valore della controversia qualora<br /> la consolidante presenti il modello IPEC ai fini dello scomputo delle perdite del<br /> consolidato, successivamente alla notifica dell’atto unico?<br /> <br /> R. Come chiarito al punto 1.3.1 della circolare n. 9/E del 2012, il valore<br /> della controversia deve essere determinato sull’imposta accertata, senza tenere in<br /> considerazioni eventuali utilizzi di perdite. In ipotesi di avviso di accertamento<br /> che si limiti a ridurre o ad azzerare la perdita dichiarata, il valore della<br /> controversia è determinato sulla base dell’imposta “virtuale”, che si ottiene<br /> applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento<br /> all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o<br /> riportabile e quella accertata.<br /> Qualora, a seguito della rettifica della perdita, l’avviso di accertamento<br /> rechi anche un imponibile o, comunque, un’imposta dovuta, il valore è, invece,<br /> dato dall’importo risultante dalla somma dell’imposta “virtuale”, come prima<br /> calcolata, e dell’imposta commisurata al reddito accertato.<br /> I menzionati criteri di determinazione del valore della controversia<br /> trovano applicazione anche nel caso in cui sia notificato un atto unico di<br /> accertamento nei confronti di soggetti aderenti alla fiscal unit; in linea generale,<br /> quindi, il valore della controversia è determinato dall’importo del tributo<br /> accertato, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate.<br /> Qualora la consolidante si avvalga della facoltà, prevista dall’articolo 40-<br /> bis del DPR n. 600 del 1973, di “chiedere che siano computate in diminuzione<br /> dei maggiori imponibili derivanti dalle rettifiche … le perdite di periodo del<br /> consolidato non utilizzate”, presentando l’apposito modello IPEC “entro il<br /> termine di proposizione del ricorso”, il maggior imponibile accertato risulterà, a<br /> seguito del ricalcolo effettuato dall’Ufficio, diminuito o azzerato con le perdite<br /> del consolidato non utilizzate. In tale fattispecie, il valore della controversia deve<br /> essere determinato con riferimento all’imposta accertata nell’atto unico<br /> originario. Infatti, applicando i criteri esposti nella circolare n. 9/E del 2012, sulla<br /> perdita scomputata dovrebbe essere calcolata l’“imposta virtuale” (cui andrebbe<br /> sommata l’eventuale imposta rideterminata a seguito del ricalcolo) ottenendo<br /> esattamente l’importo accertato con l’atto unico originario.<br /> <br /> Per annotazioni ed esempi, consultare direttamente la fonte: Circolare Agenzia Entrate 3 agosto 2012 n. 33/E<br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br /> <br />

Mediazione tributaria: risposta ai quesiti.

D. Si chiede di conoscere se, in caso di impugnazione di provvedimento concernente esclusivamente l’irrogazione di sanzioni tributarie, di...

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Bollo: validità del contrassegno telematico.

<br /> Esistono limiti temporali all’utilizzo dei contrassegni telematici che hanno sostituito le vecchie marche da bollo?<br /> <br /> La disciplina dell'imposta di bollo di cui al Dpr n. 642/1972 precisa, all'articolo 2, i termini entro i quali l'imposta deve essere corrisposta ma non prevede alcun termine di validità dei valori bollati.<br /> Pertanto, i contrassegni possono essere utilizzati indipendentemente dalla data dell'emissione stampata sugli stessi.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Bollo: validità del contrassegno telematico.

Esistono limiti temporali all’utilizzo dei contrassegni telematici che hanno sostituito le vecchie marche da bollo? La disciplina dell...

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L’accordo non estingue il debito e non blocca il sequestro preventivo.

<br /> In caso di accertamento, l’attivazione della procedura di rateazione delle somme dovute, prevista dall’articolo 3-bis del Dlgs 462/1997, non è sufficiente a impedire un provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dei beni del contribuente accertato, ma può legittimare soltanto una richiesta di riduzione della somma sequestrata in funzione dell’importo già versato.<br /> Questo l’interessante principio espresso dalla terza sezione penale della Cassazione nella sentenza 33587 del 31 agosto.<br /> <br /> Il giudizio di merito<br /> Un contribuente, indagato per il reato di omesso versamento Iva (articolo 10-ter del Dlgs 74/2000), anno di imposta 2009, per un importo superiore alla soglia di punibilità prevista dalla norma, propone ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale che, nel confermare il provvedimento del Gip, aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro preventivo – finalizzato alla confisca per equivalente – disposta su somme di denaro nella diretta disponibilità dello stesso.<br /> <br /> La richiesta di revoca si fondava sul presupposto che il mancato versamento dell’imposta dovuta era stata determinata da una provvisoria situazione di difficoltà economica dell’azienda, avallata anche dall’Amministrazione finanziaria, che aveva aderito alla richiesta di rateazione avanzata dal ricorrente, ai sensi dell’articolo 3-bis del Dlgs 462/1997 e corredata da garanzia fideiussoria a copertura di quanto dovuto. Peraltro, il contribuente aveva già provveduto a versare le prime due rate oggetto dell’accordo.<br /> <br /> Il Tribunale, nel respingere l’appello, riteneva che il pagamento di solo due rate del piano di ammortamento e il rilascio della polizza fideiussoria non potevano essere considerati equivalenti alla effettiva e definitiva estinzione del debito tributario (evento che renderebbe illegittimo il sequestro).<br /> <br /> In sede di legittimità, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 322-ter del codice penale (che disciplina la confisca per equivalente anche in campo tributario), nonché dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 462/1997.<br /> In particolare, il contribuente ritiene che la concessione della rateazione delle somme dovute a seguito di controlli formali e automatici, prevista e disciplinata dal richiamato articolo 3-bis, sia ostativa alla confisca per equivalente.<br /> Lamenta, inoltre, la violazione dell’articolo 319 del codice di procedura penale, che dispone la non applicazione del sequestro conservativo in presenza di idonea garanzia fideiussoria prestata dal debitore, nonché l’illegittimità del provvedimento di sequestro in quanto, poiché il procedimento penale è destinato a concludersi prima dell’estinzione totale del debito tributario – secondo il piano rateale approvato dall’ente creditore – la mancata rilevanza attribuita alla fideiussione darebbe luogo a una illegittima duplicazione sanzionatoria (ossia, confisca e fideiussione).<br /> <br /> Le motivazioni della Corte Suprema<br /> La Cassazione rigetta il ricorso, con argomentazioni puntuali e condivisibili, tuttavia, riconosce al ricorrente il diritto di ottenere la riduzione della somma sequestrata in relazione agli importi dallo stesso ratealmente versati.<br /> <br /> In generale, i giudici di legittimità ricordano che il sequestro disposto nei confronti di un soggetto indagato per reati tributari non può riguardare beni di importo superiore al profitto del reato per cui si procede, in quanto la ratio della confisca è quella di colpire l’accrescimento patrimoniale frutto dell’illecito e non una parte del patrimonio in quanto tale (Cassazione, sentenze 1893 e 45054 del 2011).<br /> Al riguardo, precisa ancora la Corte, è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 322-ter cp e 1, comma 143, della legge 244/2007, nella parte in cui, nel prevedere la confisca per equivalente anche per i reati tributari previsti dal Dlgs 74/2000, contrasterebbero, nel caso di sanatoria della posizione debitoria con l’Amministrazione finanziaria, con gli articoli 23 e 25 della Costituzione, in quanto la restituzione all’Erario del profitto del reato fa venir meno lo scopo principale perseguito con la confisca, escludendo la temuta duplicazione sanzionatoria (Cassazione, sentenza 10120/2010).<br /> <br /> In sostanza, lo scopo del sequestro non può che essere quello di colpire l’accrescimento patrimoniale nei casi in cui non sia possibile procedere direttamente nei confronti dei beni che rappresentano il profitto del reato e, nel caso di specie, tale profitto non può che coincidere con l’importo dell’Iva non versata.<br /> Da quanto detto, ne discende, secondo l’interpretazione della Corte, che “…le ragioni del sequestro possano venir meno solo con il completamento del pagamento rateale concordato…”, prima di allora “…il sequestro rimane legittimo, ferma restando la possibilità di ottenere riduzioni in ragione degli importi versati”.<br /> <br /> In altri termini, il mero accordo con l’Amministrazione finanziaria non è sufficiente – seppur seguito dal pagamento di alcune rate – ad escludere il provvedimento di sequestro, mancando l’estinzione dell’obbligazione tributaria, semmai, “…potrà giustificare la richiesta di revoca parziale per un valore corrispondente al versato dovendosi escludere la possibilità di confisca per il valore restituito”.<br /> Del pari, conclude la Corte, non si condivide l’assimilazione della garanzia fideiussoria prestata alla disciplina del sequestro conservativo (articolo 316 codice penale, per il quale invece rilevano espressamente le garanzie fideiussorie prestate).<br /> Infatti, mentre quest’ultimo istituto ha lo scopo di evitare che la res pericolosa, una volta lasciata nella disponibilità del reo, possa costituire un incentivo a commettere ulteriori azioni criminose, il sequestro per equivalente, invece, è finalizzato ad impedire che il reo continui a usufruire di quello che è stato il profitto del reato stesso.La garanzia fideiussoria, di fatto, attribuisce all’autore del reato la libertà di disporre del profitto ricavato dalla condotta criminosa – in violazione della ratio normativa – atteso che lascia “…il patrimonio dell’imputato invariato in quanto ad essere sottoposto a sequestro sostanzialmente finirebbe denaro del garante che, quindi, non è nella diretta disponibilità dell’imputato bensì del terzo”.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br 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L’accordo non estingue il debito e non blocca il sequestro preventivo.

In caso di accertamento, l’attivazione della procedura di rateazione delle somme dovute, prevista dall’articolo 3-bis del Dlgs 462/1997, no...

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Pensione a carico della gestione separata: a quali condizioni?

<br /> Domanda<br /> Un professionista è iscritto alla gestione separata INPS dall'entrata in vigore della Legge 335/95. Dal 1993 percepisce una pensione INPDAP di insegnante. Se non potrà chiedere la totalizzazione, avrà diritto ad una pensione supplementare al compimento dei 65 anni o, in alternativa, potrà ottenere il rimborso dei contributi versati?<br /> <br /> Risposta<br /> Dal 1° gennaio 2012 i requisiti per ottenere la pensione a carico della gestione separata sono:<br /> <br /> - 66 anni di età e un minimo di 20 anni di anzianità contributiva;<br /> <br /> - diversamente, 70 anni di età e almeno 5 anni di contribuzione effettiva.<br /> <br /> Tuttavia, affinchè la pensione possa essere liquidata l'importo della prestazione non può risultare di misura inferiore a 1,5 volte l'ammontare annuo dell'assegno sociale INPS; tale condizione non è richiesta qualora la pensione venga richiesta in presenza di una età di 70 anni con almento 5 anni di contribuzione effettiva.<br /> <br /> Nei casi suindicati si avrà la liquidazione di una pensione autonoma. Diversamente, qualora siano accreditati meno di cinque anni di contribuzione, in presenza di una pensione già liquidata in via autonoma (INPDAP), sarà possibile richiedere espressamente la liquidazione di una pensione supplementare.<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: IPSOA</i><br />

Pensione a carico della gestione separata: a quali condizioni?

Domanda Un professionista è iscritto alla gestione separata INPS dall'entrata in vigore della Legge 335/95. Dal 1993 percepisce una pe...

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Due pesi, due misure, due sentenze. Cioè, il giudicato non si estende.

<br /> Come da orientamento consolidato della Cassazione, in caso di impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’Iva e delle imposte sui redditi e fondati sull’inesistenza soggettiva di operazioni commerciali, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega automatica efficacia di giudicato nell’altro. La questione sulla detraibilità dell’Iva può essere risolta, infatti, secondo accertamenti di fatto differenti da quelli riguardanti la deducibilità dei costi ai fini delle imposte sui redditi (cfr. Cassazione n. 25200 del 2009, n. 15396 del 2008 e n. 16816 del 2008). Pertanto, una lite può essere coperta dall’efficacia del giudicato di una precedente sentenza, resa tra le stesse parti, solo quando la controversia in corso abbia ad oggetto il medesimo rapporto giuridico e non quando l’accertamento del giudice investa singole questioni di fatto o di diritto.<br /> <br /> Sentenza n. 14058 del 3 agosto 2012 (udienza 20 giugno 2012)<br /> Cassazione civile, sezione V - Pres. MERONE Antonio - Est. SAMBITO Maria Giovanna Concetta<br /> Iva – Operazioni inesistenti – Rettifica - Accertamento relativo a singole questioni di fatto o di diritto – Sentenza passata in giudicato – Inefficacia in altro giudizio<br />

Due pesi, due misure, due sentenze. Cioè, il giudicato non si estende.

Come da orientamento consolidato della Cassazione, in caso di impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivame...

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Trascrizione della sentenza dell’avvenuta usucapione.

<br /> La trascrizione della sentenza di acquisto della proprietà di immobili usucapiti dal defunto mentre era in vita è da considerare costitutiva del diritto di proprietà?<br /> <br /> L'usucapione costituisce un modo di acquisto della proprietà a titolo originario e si perfeziona con il decorso di un periodo di tempo predeterminato dalla legge, durante il quale il bene da usucapire deve essere posseduto ininterrottamente.<br /> L'acquisto del diritto per usucapione avviene per legge, nel momento in cui matura il termine previsto dalle norme del codice civile (articoli 1158 e seguenti).<br /> L'accertamento per via giudiziale dell'intervenuta usucapione dà luogo a una sentenza accertativa, avente natura dichiarativa e non costitutiva (cfr Cassazione del 5 febbraio 2007, n. 2485 e Cassazione del 19 marzo 2008, n. 12609).<br /> La trascrizione, in base all'articolo 2651 del codice civile, della sentenza da cui risulta acquistato per usucapione la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi ha, pertanto, natura di pubblicità-notizia, in quanto assolve allo scopo di garantire completezza ai pubblici registri (cfr circolare dell'Amministrazione finanziaria n. 37/1991).<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Trascrizione della sentenza dell’avvenuta usucapione.

La trascrizione della sentenza di acquisto della proprietà di immobili usucapiti dal defunto mentre era in vita è da considerare costitutiv...

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Occultamento della contabilità.

<br /> Nel caso di occultamento o distruzione delle scritture contabili, il giudice può legittimamente contestare il reato di evasione per mezzo di infedele dichiarazione Iva avvalendosi direttamente delle risultanze del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza nonché ricorrere all’accertamento induttivo ex articolo 39 Dpr 600/1973 per la determinazione del maggior imponibile.<br /> Questo il principio enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza 33504 del 30 agosto.<br /> <br /> Il fatto<br /> A seguito di verifica fiscale condotta nei confronti di una società, la Guardia di Finanza constatava l’indicazione di elementi passivi nella dichiarazione Iva, di ammontare tale da eccedere le soglie di punibilità e far scattare in capo al rappresentante legale pro tempore il reato di infedele dichiarazione di cui all’articolo 4 del Dlgs 74/2000.<br /> La Corte d’appello, confermando la sentenza del tribunale di primo grado, condannava il contribuente per il reato ascrittogli.<br /> Contro la sentenza in oggetto l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, adducendo come motivo principale la carenza di motivazione della pronuncia di condanna in ordine alla prova della fittizietà degli elementi passivi esposti in dichiarazione.<br /> A riguardo, l’imputato sosteneva che nel corso del procedimento non era emersa alcuna prova che dimostrasse che egli avesse indicato in dichiarazione elementi passivi fittizi, in quanto la mancata esibizione delle scritture contabili, occultate dalla parte, non avrebbe permesso agli agenti della Guardia di Finanza di poter verificare la legittimità del comportamento, con la conseguenza che sarebbero venuti meno gli estremi per ritenere penalmente rilevante la condotta.<br /> Con un ulteriore motivo di ricorso l’imputato lamentava che i giudici d’appello non avevano considerato la precedente condanna, emessa a suo carico da un diverso tribunale, in ordine al reato di occultamento e distruzione di documenti contabili ai sensi dell’articolo 10 del Dlgs 74/2000.<br /> Secondo la tesi di parte i reati di occultamento e di evasione per mezzo dell’infedele dichiarazione erano sostanzialmente coincidenti e, pertanto, quest’ultimo non era più perseguibile per il principio del ne bis in idem.<br /> La Corte di cassazione, ritenendo infondato il ricorso in merito ai summenzionati motivi, ha proceduto al rigetto dello stesso.<br /> <br /> La decisione<br /> Con la sentenza in commento la sezione penale della Corte di cassazione torna a pronunciarsi in tema di reati da evasione fiscale, focalizzando il giudicato sull’utilizzabilità delle prove e della procedura per la determinazione dell’imponibile non dichiarato e della correlata imposta evasa.<br /> L’imputato lamentava che i giudici della Corte d’appello non avessero adeguatamente considerato il fatto che le scritture contabili non erano presenti in sede di verifica perché andate smarrite.<br /> Secondo la tesi difensiva tale circostanza non avrebbe consentito all’organo verificatore di provare che la società aveva inserito elementi fittizi nella propria dichiarazione Iva.<br /> Ciò avrebbe comportato, pertanto, la mancanza di prova circa l’illegittimità del comportamento tenuto dal contribuente e la conseguente mancanza degli estremi per poter ritenere penalmente rilevante la sua condotta.<br /> Il giudizio della Corte di legittimità è stato tranchant sul punto, giudicandolo manifestamente infondato.<br /> A supporto della tesi il Collegio ha richiamato l’interpretazione secondo cui “nell’accertamento dei reati tributari e, in particolare, ai fini della prova del reato di dichiarazione infedele, il giudice può fare ricorso legittimamente ai verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa e può fare altresì ricorso all’accertamento induttivo dell’imponibile, secondo il disposto dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973, quando non sia stata tenuta o sia stata tenuta irregolarmente la contabilità imposta dalla legge.”<br /> Tali principi rientrano in un filone giurisprudenziale già confermato con le sentenze 28053/2011 e 5786/2007, secondo cui l’irregolare tenuta della contabilità legittima l’utilizzo in sede penale di indizi di reato appartenenti al diritto tributario, se il delitto ne è di diretta derivazione.<br /> In altre parole, a determinate condizioni il processo verbale di constatazione assume piena valenza probatoria sia in ambito fiscale che in ambito penale.<br /> Seguendo lo stesso principio, a parere dei giudici di legittimità il metodo induttivo, di derivazione squisitamente tributaria, è correttamente utilizzabile anche in ambito penale per la determinazione dell’imponibile non dichiarato e per la quantificazione della correlata imposta evasa, quando non è possibile trovare riscontro nelle scritture contabili e amministrative, “scritture che secondo la ricostruzione dell’imputato, erano andate smarrite senza, tuttavia, alcuna verosimile indicazione delle modalità di tale smarrimento e in assenza di denuncia sul punto.”<br /> <br /> Se si opinasse diversamente, peraltro, si giungerebbe alla non condivisibile conclusione che una condotta di per sé delittuosa, quale è l’occultamento delle scritture contabili, produrrebbe in capo al responsabile un ingiustificato vantaggio, dato che sarebbe impossibile verificarne la condotta delittuosa.<br /> In merito al secondo motivo di ricorso, riguardante la pretesa identità tra il delitto di infedele dichiarazione e quello di occultamento delle scritture contabili, per il quale era già intervenuta sentenza di condanna, la Corte di cassazione ha deciso per la sua infondatezza, rilevando che tra le due condotte vi è un’evidente diversità.<br /> Infatti, “l’occultamento e distruzione delle scritture contabili costituisce un antefatto che non necessariamente deve ricorrere per la commissione del reato di cui all’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, reato che può essere realizzato anche senza occultamento o distruzione di scritture contabili.”<br /> <br /> <br /> <i>Fonte: Agenzia Entrate</i><br />

Occultamento della contabilità.

Nel caso di occultamento o distruzione delle scritture contabili, il giudice può legittimamente contestare il reato di evasione per mezzo d...

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