La circolare n. 36/2013 è intervenuta a chiarire, sotto il profilo catastale e fiscale, numerosi aspetti che interessano gli impianti fotovoltaici. Tra questi, un’attenzione particolare è stata dedicata all’applicazione della disciplina delle società di comodo ai produttori di energia fotovoltaica.

La disciplina delle società non operative
La disciplina delle società non operative è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 30 della legge 724/1994, secondo cui si considerano di comodo, salvo prova contraria, le società che non superano il test di operatività, ossia quelle il cui ammontare di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi ordinari imputati a conto economico risulti inferiore al valore dei ricavi figurativi, calcolati mediante l’applicazione di prestabiliti coefficienti a determinati asset patrimoniali.
La ratio di tale disciplina risiede nel contrastare le “società di comodo” e, in particolare, di disincentivare il ricorso all’utilizzo dello strumento societario come schermo per nascondere l’effettivo proprietario di beni, avvalendosi delle più favorevoli norme dettate per le società. La norma intende scoraggiare, poi, la permanenza in vita di società, costituite senza finalità elusive, ma prive di obiettivi imprenditoriali concreti e immediati, cioè di società che, per diverse ragioni, non svolgono alcuna effettiva attività imprenditoriale.

I soggetti che rientrano nella disciplina delle società di comodo, in quanto società di capitali o società di persone, ovvero soggetti esteri con stabile organizzazione nel nostro Paese, e che non godono di alcuna causa di esclusione o disapplicazione automatica della disciplina, possono sottrarsi all’applicazione della stessa presentando un’apposita istanza di interpello.
In particolare, con la presentazione dell’istanza di interpello disapplicativo, è possibile dimostrare all’Amministrazione finanziaria le situazioni oggettive che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e/o del reddito minimo presunto (articolo 30, comma 4-bis, legge 724/1994).

L’applicazione della disciplina delle società non operative ai produttori di energia fotovoltaica
In linea di principio, la disciplina delle società non operative è applicabile a tutte le società, indipendentemente dal settore di appartenenza, quindi anche a quelle che operano nel settore delle energie rinnovabili e, in particolare, del fotovoltaico.
Nel settore delle energie rinnovabili ricorre comunemente la prassi di costituire società anche sotto forma di special purpose vehicle (Spv), partecipate da una società holding, aventi la finalità di sviluppare i progetti delle energie rinnovabili nonché di gestire la costruzione degli impianti.

Ogni società, una volta iniziata la propria attività di produzione e successiva cessione di energia, consegue ricavi che, sostanzialmente, sono riconducibili a due componenti: una componente incentivante, rappresentata dalla “tariffa incentivante” o dalla “tariffa premio autoconsumo”- a seconda che il soggetto benefici dei “conti energia” primo, secondo, terzo e quarto, oppure del quinto “conto energia” - e una componente “prezzo di vendita”.

La componente incentivante costituisce la fonte di ricavo principale per il soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico e consiste in un contributo erogato per un periodo di venti anni al soggetto responsabile dell’impianto.

Il prezzo di vendita, a cui è possibile collocare l’energia prodotta, dipende dalle condizioni di vendita dell’energia prescelte dal produttore. Tale vendita può avvenire con due diverse modalità: quella “indiretta”, stipulando una convenzione di ritiro dedicato con il gestore dei servizi energetici (Gse), e quella “diretta”, attraverso la vendita in borsa o a un grossista (contratto bilaterale).
Con la modalità di vendita “indiretta”, che rappresenta quella più utilizzata sia per la semplicità gestionale sia perché assicura una maggiore stabilità di prezzo rispetto a quella praticata sul libero mercato, il produttore s’impegna a vendere l’energia direttamente al Gse a un determinato prezzo, che può essere diverso a seconda della potenza dell’impianto.
In alternativa, è possibile vendere “direttamente” l’energia in borsa oppure a un trader/grossista di energia elettrica a un prezzo di cessione direttamente negoziato con quest’ultimo. Naturalmente, questo tipo di vendita è, di norma, utilizzato per collocare sul mercato le produzioni di energia provenienti da impianti di grande taglia.
Di conseguenza, appare evidente che, sul mercato di produzione e vendita di energia prodotta da fonte fotovoltaica, gli operatori non godono di piena autonomia, in quanto, generalmente, la vendita avviene a prezzi imposti, sulla base di specifici contratti stipulati con il Gse.

Considerato che, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione della disciplina delle società non operative, non si può prescindere dal particolare funzionamento di tale mercato, vanno accolte le istanze presentate dai produttori di energia elettrica da fonte fotovoltaica, nel caso in cui venga motivato, e adeguatamente dimostrato, che non sia stato superato il test di operatività per effetto di fattori esclusivamente “esogeni”.
In caso di vendita “indiretta”, quindi, i contribuenti potranno vedersi accolta l’istanza nel caso in cui riuscissero a dimostrare che la vendita dell’energia è avvenuta sulla base di specifici contratti stipulati con il Gse, che impone i prezzi di vendita.
In caso di vendita “diretta”, resta a carico dei contribuenti dimostrare, con idonea documentazione, le situazioni oggettive che non hanno permesso il conseguimento di ricavi almeno pari a quelli presunti per legge.

Nella circolare 36/2013, l’Amministrazione finanziaria dà anche indicazioni sui coefficienti da applicare per il calcolo dei ricavi presunti e del reddito minimo. In particolare, a parere dell’Agenzia, nel test di operatività i contribuenti dovranno applicare il coefficiente del 6% previsto per i beni immobili, indipendentemente dalla qualificazione – mobiliare o immobiliare – attribuita agli impianti fotovoltaici. L’indicazione poggia sulla considerazione che tali beni producono gli stessi ricavi indipendentemente dalla natura attribuita all’investimento per finalità tributarie. Analogamente, per il calcolo del reddito presunto, il coefficiente da applicare sarà sempre il 4,75 per cento.

Holding e disciplina società di comodo
Come già chiarito in precedenti documenti di prassi, in presenza di una holding che partecipa una o più Spv, l’indagine sull’operatività va trasferita in capo alle singole società partecipate.
In particolare, non è possibile procedere all’emanazione del provvedimento disapplicativo a beneficio di una holding, qualora sia stata rigettata l’istanza presentata da una (o più) delle società da essa partecipate.
Restano, infine, valide le cause di disapplicazione automatica – anche parziale – della disciplina, individuate, per le holding, dal provvedimento direttoriale del 14 febbraio 2008.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top