Nella sentenza 22172/2013, la Corte di cassazione affronta la questione delle condizioni necessarie e sufficienti per poter escludere l’imponibilità ai fini Iva prevista per le operazioni di cessione all’esportazione di cui all’articolo 8 del Dpr 633/1972 o di cessione intracomunitaria di cui all’articolo 41, comma 1, lettera a, Dl 331/1993, attuate mediante il meccanismo della “triangolazione”, consistente in un’operazione complessa trilatera, che prevede il trasferimento di un bene a una ditta acquirente nazionale, che si incarica della spedizione o trasporto del bene alla ditta cessionaria comunitaria o estera.

Il caso peculiare posto al vaglio dei Supremi giudici riguardava un’operazione complessa, nella quale il cedente nazionale aveva fornito a una ditta residente nello stesso Stato beni mobili da questa concessi in leasing finanziario, senza la previsione di una clausola vincolante per entrambi i contraenti, al trasferimento in capo all’utilizzatore residente nel paese comunitario o extracomunitario - presso il quale il bene era stato materialmente consegnato - del diritto di disposizione del bene al momento del pagamento dell’ultima rata.
Ebbene, il Supremo collegio, nella esplicitazione del proprio convincimento, è partito dal concetto di cessione di beni ai fini Iva, così come qualificato dalla normativa nazionale (articolo 2, comma 1, Dpr 633/1972) e dalla normativa comunitaria, che considera cessione di un bene “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario” (articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva n. 388/77/Cee).
Dopo di che ha ribadito che, in base alla normativa nazionale (articolo 7, comma 1, lettera g; articolo 7-sexies, comma 1, lettera e); articolo 7-septies, comma 1, lettera f), Dpr 633/1972), alla giurisprudenza di legittimità (Cassazione, 8 febbraio 2000, n. 1362; 27 febbraio 2001, n. 2888) e a quella comunitaria (Corte di giustizia Ce, 21 febbraio 2008, n. C-425/06), il contratto di leasing, e in particolare di leasing finanziario, viene incluso tra le “prestazioni di servizi” ai fini dell’individuazione della territorialità.

Poste tali premesse, la Corte ha chiarito che, per poter considerazione un’operazione, anche realizzata con il meccanismo della triangolazione, come cessione intracomunitaria o all’esportazione, il requisito essenziale è quello della realizzazione dell’effetto traslativo del diritto in capo al cessionario estero, non essendo sufficiente che venga realizzato il mero trasferimento del bene materiale nel territorio dello Stato membro o nel paese extracomunitario.
E’ necessario, quindi, che venga trasferito il potere di disporre del bene. Solo in questo caso l’operazione risulterà non imponibile ai fini Iva.

A questo punto il Collegio ha valutato se, e a quali condizioni, alla luce di tali premesse, sia possibile qualificare come cessione all’esportazione o intracomunitaria non imponibile ai fini Iva, un’operazione di leasing finanziario attuata mediante triangolazione.
A questo proposito, i Giudici di legittimità hanno ricordato che la Corte di giustizia, in recenti pronunce, ha chiarito che, affinché un contratto di leasing possa qualificarsi come una cessione di bene (laddove di norma, come visto, questa operazione viene qualificata come prestazione di servizi), è necessario accertare se “vengano trasferiti all’utilizzatore gli attributi essenziali della proprietà del bene oggetto di leasing, in particolare qualora gli sia trasferita la maggior parte dei rischi e dei benefici inerenti la proprietà di quest’ultimo e la somma delle rate, interessi esclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene” (Corte di giustizia Ue, 16 febbraio 2012, n. C-118/11; Corte di giustizia Ue, 17 gennaio 2013, n. C-224/11).
E sulla scia di tale interpretazione, il Collegio ha precisato che è, quindi, necessario che l’effetto traslativo sia incluso nel programma negoziale, che deve prevedere come “normale” e vincolante per entrambi i contraenti l’acquisto del bene in capo all’utilizzatore estero al più tardi al momento del pagamento dell’ultima rata. Diversamente mancherebbe l’effetto traslativo, in quanto la proprietà del bene rimarrebbe in capo al concedente e, quindi, l’utilizzatore non potrebbe disporre del bene “uti domino”, così come, invece, richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della sesta direttiva e dall’articolo 2 del Dpr 633/1972, cui rinviano gli articoli 41 e 58 del Dl 331/1993 e l’articolo 8 del Dpr 633/1972.

Poiché nella specie i beni concessi in leasing ai soggetti residenti in paesi comunitari ed extracomunitari risultavano rimasti di proprietà del soggetto concedente, non essendo prevista nel contratto la cennata clausola vincolante di trasferimento del bene in capo all’utilizzatore, la Cassazione ha escluso che il mero trasferimento materiale del bene all’estero nel paese di residenza dell’utilizzatore potesse configurare una cessione all’esportazione o intracomunitaria non imponibile ai fini Iva.

Sulle operazioni triangolari e sui presupposti per qualificarle come operazioni all’esportazione non imponibili ai fini Iva, si veda Cassazione nn. 24964, 2590 e 21956 del 2010; n. 13951/2011; n. 2845 del 2012; nn. 14186, 20782, 23331 e 23735 del 2013.
Quanto invece ai requisiti per la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie, si veda Cassazione n. 20575 del 2011; nn. 3284, 13457, 13458, 13459, 23075, 23582 e 23583 del 2012; nn. 1670, 20776, 20980, 22127, 22128 e 22129 del 2013.


Fonte: Agenzia Entrate

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