Le professioni "musicali", nella loro accezione più ampia, ricomprendono una miriade di arti e mestieri di cui risulta praticamente impossibile fornire una catalogazione esaustiva. Da ciò discende un trattamento fiscale assolutamente peculiare in dipendenza della natura della prestazione svolta. In generale, risulta abbastanza evidente, facendo ricorso alle ordinarie regole di esperienza e buon senso, riferire le professioni di autore, compositore, interprete ed esecutore all'alveo del lavoro autonomo tratteggiato dall'articolo 53 del Tuir. In questo senso depone anche l'esercizio abituale di arti riportato testualmente nella medesima norma come elemento caratterizzante il regime.

Naturalmente, essendo il lavoro autonomo una macrocategoria reddituale, la stessa risulta essere assorbente rispetto ad altre prestazioni (ad esempio, co.co.pro.) per le quali siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegate all'attività professionale esercitata abitualmente. La mancanza di un esercizio continuato della professione, infatti, produce unicamente il passaggio delle determinazione dei singoli redditi dall'articolo 53 all'articolo 67, comma 1, lettera l) del Tuir quali redditi derivanti da prestazioni di lavoro autonomo professionale, ma non muta la natura del percettore. Il trattamento fiscale di pertinenza cambia poi a seconda che la prestazione sia eseguita da un soggetto fiscalmente residente in Italia o meno. In questo senso soccorrono la normativa interna e la prassi convenzionale.

Ulteriori accorgimenti fiscali, di natura agevolativa, riguardano, invece, i direttori artistici e i collaboratori di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche nonché l'utilizzazione economica di opere dell'ingegno. In entrambi, i casi è prevista, infatti, una determinazione forfetaria del reddito in considerazione dell'eminente bene sociale tutelato, ovvero la diffusione della cultura e dell'arte.

Infine, un'ultima notazione riguarda il regime speciale dei contribuenti minimi, il quale pur essendo rivolto ai lavoratori autonomi e agli imprenditori, per semplicità di gestione contabile e risibilità del prelievo fiscale, appare intrinsecamente diretto ad agevolare l'accesso al mercato del lavoro da parte di giovani artisti.

Direttori artistici e collaboratori tecnici per cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche

L'articolo 67, comma 1, lettera m, del Tuir, stabilisce che sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici e ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche […]. Il successivo articolo 69, comma 2, nell'avanzare i criteri di determinazione dei redditi summenzionati, asserisce che le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 67 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 7.500 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.

La ritenuta fiscale

Il fatto di far rientrare tali compensi nell'ambito dei redditi diversi di cui alla lettera m) comporta l'applicabilità del regime tributario agevolato recato dall'articolo 69, comma 2, del Tuir e dall'articolo 25, comma 1, della legge 133/1999. Quest'ultima norma stabilisce che, sulla parte imponibile dei redditi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera m), del Tuir, le società e gli enti eroganti operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta nella misura fissata per il primo scaglione di reddito dall'articolo 11 dello stesso Testo unico (23%), maggiorata delle addizionali regionale e comunale. La ritenuta viene applicata a titolo d'imposta per la parte imponibile dei suddetti redditi compresa fino a 20.658, 28 euro ed è a titolo di acconto per la parte imponibile che eccede il predetto importo.

Ambito applicativo

In relazione all'ambito operativo delle norme agevolative summenzionate, va chiarito che tali previsioni non operano né qualora le somme siano erogate sulla base di un rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra il direttore e il soggetto committente, né quando costituiscono il corrispettivo per l'esercizio della professione abitualmente svolta. Ancora, per quanto non sia immediatamente desumibile dal dato testuale del primo comma dell'articolo 67, che esclude dal novero dei redditi diversi solamente quelli percepiti "in relazione alla qualità di lavoratore dipendente" e non anche quelli che costituiscono redditi di lavoro dipendente, con la risposta al question time n. 5-01033 del 16 maggio 2007 è stato precisato che l'attrazione tra i redditi diversi non opera anche nell'ipotesi in cui i compensi siano corrisposti "sulla base di contratti di collaborazione riconducibili fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente". Nella medesima risposta è stato inoltre chiarito che "detti enti [che erogano i compensi ai direttori artistici, cioè i cori, le bande musicali e le filodrammatiche, n.d.r.] debbono avere quale scopo lo svolgimento di attività artistica o musicale a carattere dilettantistico e, nell'ambito di tale attività, devono essere rese le anzidette prestazioni del direttore artistico o dei collaboratori tecnici". Prosegue la risposta all'interrogazione parlamentare sottolineando, con particolare riferimento ai collaboratori tecnici, che "il tenore delle disposizioni in commento sembra riferirsi soltanto a quei soggetti che insieme al direttore artistico prendono parte direttamente alle manifestazioni artistiche e musicali organizzate da cori, bande musicali e filodrammatiche, offrendo contributi afferenti alla organizzazione tecnica delle manifestazioni stesse". Pertanto, conclude la risposta, non rientrano nell'ambito applicativo della lettera m) in commento "i compensi eventualmente percepiti per prestazioni di carattere amministrativo gestionale rese nei confronti dei cori, bande musicali e filodrammatiche".

Esempi applicativi

I compensi corrisposti per l'attività di docenza ai corsi formativi a un soggetto che riveste anche la qualifica di direttore artistico di un coro non costituiscono redditi diversi ex lettera m) dell'articolo 67 del Tuir e non possono, conseguentemente, beneficiare del regime fiscale di cui al successivo articolo 69, comma 2. Ciò in quanto manca un'espressa attrazione tra le due categorie e la norma agevolativa ha carattere tassativo.

Inoltre, e per altri versi, i compensi corrisposti da un'associazione culturale ai docenti di musica per lo svolgimento della loro attività d'insegnamento non costituiscono redditi diversi ex lettera m) comma 1 dell'articolo 67 e non possono, pertanto, beneficiare del regime fiscale di cui all'articolo 69, comma 2. Ciò in quanto le prestazioni sono rese in favore di un'associazione, non compresa fra i soggetti espressamente individuati dalla norma. In effetti, chi gestisce corsi di studio inerenti la musica, corsi di aggiornamento, oppure fornisce un servizio di documentazione, lettura, assistenza e orientamento nel campo della musica non può ricondursi fra i cori, le bande musicali o le filodrammatiche.

Redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo

L'articolo 53, comma 2, del Tuir prevede che "sono inoltre redditi di lavoro autonomo" i redditi "derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno". Tali redditi, ai sensi dell'articolo 54, comma 8, del Tuir "sono costituiti dall'ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese" ovvero del 40% se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni.

Il concetto di opera dell'ingegno

Il Codice civile (articoli 2575-2583) fissa i principi generali del diritto d'autore; è dunque necessario rifarsi alla disciplina più particolareggiata contenuta nella legge 633/1941 ("Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio") la quale, all'articolo 2, ne fornisce un elenco indicativo e individua nella creatività (necessità di apportare qualche novità al patrimonio culturale esistente), nella originalità (l'opera deve possedere caratteristiche di originalità che la differenzino rispetto ad altre consimili) e concretezza (l'opera deve essere espressa in forma idonea a essere resa pubblica e riprodotta) i requisiti essenziali che l'opera dell'ingegno, per poter essere definita tale e risultare quindi soggetta alla predetta tutela, deve evidenziare.

Trattamento fiscale

Sul piano generale, l'utilizzazione economica è da configurarsi alternativamente sia come cessione che come concessione in uso di un'opera. In effetti, nel momento in cui l'autore si spoglia della sua creatura, si esonera dall'impegno organizzativo futuro per la concreta utilizzazione della stessa; il cedente difatti delegherebbe il cessionario circa l'utilizzazione dell'opera, e il corrispettivo pattuito della cessione diventa una sorta di capitalizzazione anticipata del reddito stesso, percependo in anticipo dei frutti che avrebbe dovuto percepire anno per anno.

Riguardo al profilo dell'imposizione sul reddito delle persone fisiche, tale fattispecie è idonea a produrre redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo qualora l'utilizzazione stessa sia effettuata da parte dello stesso autore o inventore e sempre che tali redditi non siano conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali. Diversamente, se l'utilizzazione è effettuata da altri soggetti (eredi, legatari o cessionari) si produrrà in capo a questi ultimi un reddito diverso ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera g), del Tuir; tale ultima norma, infatti, facendo salvo il disposto di cui all'articolo 53, comma 2, lettera b), del Tuir, riguarda esclusivamente i soggetti che cedono i diritti d'autore e che non siano gli autori e inventori (ad esempio, eredi o cessionari dei diritti) e sempre che i redditi "non siano conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali".

Ai fini dell'imposizione sul reddito delle persone fisiche, il corrispettivo percepito per la cessione del diritto d'autore da parte del suo titolare rappresenta reddito assimilato a quello di lavoro autonomo, sempre che non sia conseguito nell'esercizio di un'impresa commerciale.

Pertanto, il relativo reddito, dovrà essere dichiarato nel modello Unico nella sezione III, quadro RL, rigo 25. Si precisa che, per i soggetti che possono utilizzare il modello 730, tali redditi dovranno essere dichiarati nel rigo D3. Al contrario, andranno inseriti nel rigo RL13 del modello Unico i redditi derivanti dall'utilizzazione economica di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, che sono percepiti dagli aventi causa a titolo gratuito (ad esempio, eredi e legatari dell'autore o inventore) o da soggetti che abbiano acquistato a titolo oneroso i diritti alla loro utilizzazione. Per gli acquirenti a titolo gratuito, il reddito va dichiarato nell'intera misura, senza deduzione di spese. Per gli acquirenti a titolo oneroso, va dichiarato l'importo percepito, forfetariamente ridotto del 25 per cento.

Regime dei contribuenti minimi

I commi da 96 a 117 dell'articolo 1 della legge 244/2007 (Finanziaria 2008) disciplinano, a decorrere dal 1° gennaio 2008, un regime fiscale semplificato e agevolato (regime dei "contribuenti minimi") per i soggetti la cui attività d'impresa, artistica o professionale sia riconducibile, in base ai requisiti ivi definiti, alla nozione di "attività minima". In ragione di ciò, si considerano contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:

•nell'anno solare precedente:

1.hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30mila euro

2.non hanno effettuato cessioni all'esportazione

3.non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati

•nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15mila euro.

Le persone fisiche che intraprendono l'esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime dei contribuenti minimi comunicando, nella dichiarazione di inizio di attività di cui all'articolo 35 del Dpr 633/1972, di presumere la sussistenza dei requisiti suesposti. Sul reddito determinato ai sensi del comma 104 si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionale e comunale pari al 20 per cento.

Minimi e prestazioni occasionali

La circolare 13/2008 dell'agenzia delle Entrate ha precisato che il limite dei 30mila euro per l'accesso o la permanenza nel regime dei minimi è riferito ai ricavi o compensi percepiti nell'esercizio di imprese, arti o professioni. In questi termini, i compensi di lavoro autonomo occasionale, qualificabili come redditi diversi ai sensi dell'articolo 67 del Tuir, non rilevano per la verifica del superamento del limite dei 30mila di ricavi o compensi.

Musicista lavoratore autonomo che svolge cessione di diritti d'autore

La risoluzione dell'agenzia delle Entrate 311/2008 ha espresso il principio in base al quale la rilevanza dei compensi percepiti per la cessione di diritti d'autore è collegata ai fini dell'applicabilità del regime dei "minimi" alla posizione del contribuente nel suo insieme e non alla specifica attività svolta. Di modo che la cessione del diritto d'autore - realizzandosi nell'ambito dell'attività professionale e avendo per oggetto l'opera di cui successivamente viene concesso ad altri il diritto allo sfruttamento economico - riconduce i relativi proventi nella sfera del reddito professionale. In buona sostanza, lo stretto legame tra l'attività normalmente svolta (nel caso del musicista) e la cessione dei diritti d'autore (di riproduzione delle proprie opere musicali) contribuisce a dimensionare e caratterizzare l'attività normalmente svolta dal contribuente, giustificando l'attrazione nel reddito professionale in regime dei "contribuenti minimi" anche dei redditi conseguiti tramite la cessione dei diritti d'autore. Con la conseguenza che la concorrenza di tali proventi nel reddito di lavoro autonomo potrà determinare la fuoriuscita dal regime speciale, qualora si verifichi il superamento del limite dei 30mila euro di compensi. Peraltro, la risoluzione ha conseguentemente precisato che "qualora la cessione di diritto d'autore avvenga durante la permanenza nel regime agevolato, l'operazione soggiace all'obbligo di certificazione dei compensi prevista per tale regime dall'art. 1, comma 96, della legge n. 244 del 2007 ed è soggetta all'imposta sostitutiva prevista dal successivo comma 105".

Redditi prodotti in forma associata

L'articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, stabilisce che le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici. La norma svolge una funzione di raccordo con i precedenti commi 1 e 2 dello stesso articolo, per cui i redditi delle società semplici residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili.

Come precisato dalla risoluzione 142/2008, l'equiparazione del regime fiscale applicabile alle associazioni professionali a quello previsto per le società semplici, deriva dalla presenza dei medesimi elementi costitutivi (esercizio in comune di un'attività produttrice di reddito, volontà contrattuale di dividere gli utili e conferimento di beni e servizi). Da ciò discende che l'articolo 53 del Tuir ricomprende nel novero dei redditi di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni anche quelli scaturenti dall'esercizio in forma associata. Il reddito prodotto dallo studio associato determinato in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 54 del Tuir viene attribuito ai singoli associati, indipendentemente dalla percezione effettiva, in forma di reddito di partecipazione (articolo 5 del Tuir).

Trattamento fiscale del musicista lavoratore autonomo transnazionale

Il primo comma dell'articolo 53 del Tuir individua la categoria dei redditi di lavoro autonomo tra quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Il successivo periodo del medesimo comma risalta l'insormontabile distinzione tra l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo e quella di impresa.

Ciò posto, l'esecuzione della prestazione professionale tipica all'interno dello stato di residenza o in un paese diverso delimita anche i confini del trattamento tributario dei relativi compensi. In effetti, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera d), del Tuir, si considerano prodotti in Italia i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato. Di converso, l'articolo 25, comma 2, del Dpr 600/1973 stabilisce che sui compensi di lavoro autonomo corrisposti a soggetti non residenti deve essere operata una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 30%, anche per le prestazioni effettuate nell'esercizio di impresa. Sono esclusi dal prelievo i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate da soggetti residenti all'estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

A tal proposito, occorre ricordare che l'articolo 75 del Dpr 600/73 prevede che nell'applicazione delle norme relative alle imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia. Le vigenti convenzioni internazionali stipulate dall'Italia per evitare le doppie imposizioni, in conformità all'articolo 14 del modello Ocse, prevedono che i redditi che un soggetto residente di uno stato ritrae dall'esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto nello stato di residenza del prestatore, a meno che questi non disponga di una sede fissa stabile in Italia.

Professionisti stranieri in Italia

Per il trattamento fiscale da applicarsi in Italia sulle prestazioni di lavoratori autonomi stranieri, la normativa interna prevede sostanzialmente due articoli:

•articolo 23, comma 1, lettera d), del Tuir, il quale prevede che i redditi di lavoro autonomo, tra i quali rientrano anche quelli derivanti da attività artistiche dei non residenti, si considerano prodotti in Italia se le prestazioni da cui derivano sono realizzate nel territorio dello Stato

•articolo 25, comma 2, del Dpr 600/1973, il quale dispone che sui compensi di lavoro autonomo, corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 30 per cento.

Ne discende che il soggetto straniero che svolge attività artistiche nel nostro paese sia tassato, tramite ritenuta alla fonte, indipendentemente dalla forma con cui esercita la sua attività, salvo che non esista una Convenzione sulle doppie imposizioni che disponga diversamente.

La normativa interna

Nei confronti dei non residenti che effettuano prestazioni di lavoro autonomo verso sostituti d'imposta residenti, la disciplina fiscale italiana impone l'effettuazione della ritenuta del 30% a titolo d'imposta.

Il concetto di "soggetto non residente" è recato dall'articolo 2, comma 2, del Tuir, per le persone fisiche, e dall'articolo 73, comma 3, del Tuir, per le persone giuridiche, oltre a essere stato definito e ampliato dalla giurisprudenza e dalla prassi in presenza di determinate condizioni di fatto.

Si evidenzia che nell'ambito del lavoro autonomo devono essere sottoposti alla ritenuta, anche i rimborsi spese, in quanto rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 53 del Tuir.

Se la prestazione di lavoro autonomo è effettuata fuori dal territorio nazionale, il compenso non è assoggettato a ritenuta, indipendentemente dalla circostanza che i servizi resi siano utilizzati in Italia.

Il regime convenzionale

La normativa interna è destinata a non essere applicata in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni vigente fra l'Italia e lo Stato estero di residenza del prestatore. L'articolo 75 del Dpr 600/1973 dispone infatti: "Accordi internazionali - Nell'applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia". Il modello Ocse, cui usualmente tali Convenzioni fanno riferimento, determina la tassazione dei redditi di impresa nello Stato dove l'impresa ha sede, a meno che non vi sia la presenza, in altro Stato, di una sua stabile organizzazione (articolo 7); il reddito derivante dalle "professioni indipendenti" (ovvero dall'esercizio di lavoro autonomo, secondo i canoni della legislazione italiana), autonomamente regolato dall'articolo 14 del modello Ocse fino al 29 aprile 2000, è oggi considerato assoggettato alle previsioni dell'articolo 7, sebbene le convenzioni stipulate dall'Italia continuino a fare riferimento al concetto di base fissa previsto dall'articolo 14 per i redditi di natura professionale.

I redditi prodotti da stabili organizzazioni

Se il compenso viene corrisposto a una stabile organizzazione italiana (riconducibile, per sua natura, a un soggetto non residente) non sarà assoggettato a ritenuta, poiché la stabile organizzazione sconta l'imposizione nel territorio nazionale. Con riferimento a quest'ultima eccezione, si osserva che essa dovrà essere interpretata letteralmente come riferita alle sole prestazioni imprenditoriali. Ciò sia perché l'espressione "stabile organizzazione", ormai tipizzata nel nostro ordinamento dall'articolo 162 del Tuir, si riferisce esclusivamente ad attività di natura imprenditoriale, sia perché nel caso di "base fissa" (con cui si indica l'autonomo centro di imputazione di interessi giuridico-tributari sito nel territorio nazionale e svolgente attività di lavoro autonomo) scatterebbe l'ordinario obbligo di ritenuta previsto nei confronti dei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo nel territorio dello Stato.

Questo perché la norma di cui all'articolo 25, comma 2, ricalca il disposto dell'articolo 23 del Tuir, comma 1, lettere d) ed e), che assoggetta a imposizione, specularmente, i redditi derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato, e in particolare, con riferimento al reddito d'impresa, soltanto quelli prodotti mediante stabili organizzazioni.

Il ruolo delle Convenzioni

Laddove vi sia una Convenzione internazionale tra l'Italia e lo Stato estero di residenza del prestatore, si evidenzia che dovrà essere controllato il concetto di residenza considerato dall'accordo internazionale, concetto che può differire o essere maggiormente esteso rispetto alla normativa interna. L'articolo 4 Ocse ricomprende espressamente in tale definizione anche situazioni di fatto quali il cosiddetto "centro di interessi vitali"; con riferimento ai redditi di lavoro autonomo (definiti dal modello Ocse come "professioni indipendenti"), le Convenzioni stipulate dall'Italia prevedono una elencazione delle fattispecie, anche se non esaustiva, in ossequio al modello Ocse vigente fino al 29 aprile 2000. Ad esempio, la Convenzione Italia-Georgia, sottoscritta a Roma in data 31 ottobre 2000, precisa all'articolo 14 che "l'espressione "libera professione" comprende in particolare le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili".

Sempre con riferimento ai redditi di lavoro autonomo, talune Convenzioni stipulate dall'Italia stabiliscono un criterio suppletivo per la tassazione nel paese estero; ad esempio, la recente Convenzione Italia-Ghana sottoscritta in data 19 febbraio 2004 e in vigore dal 5 luglio 2006 stabilisce, al suo articolo 14, che il contribuente residente è tassato anche nell'altro Stato contraente ove vi dimori "per un periodo o periodi pari o superiori a 183 giorni complessivi nell'arco di un periodo di dodici mesi che inizi o termini nel corso dell'anno fiscale considerato; in tal caso, i redditi sono imponibili nell'altro Stato ma unicamente nella misura in cui sono percepiti in corrispettivo di attività esercitate in detto altro Stato". Particolarmente per il caso delle "professioni indipendenti", appare quindi opportuno, dopo l'esame della normativa nazionale, il controllo sulla eventuale sussistenza di Convenzioni internazionali tra l'Italia e lo Stato di interesse, per verificare i requisiti elencati.

Il concetto di residenza

L'articolo 2, comma 2, del Tuir, stabilisce che "ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile". Pertanto, gli elementi che determinano la residenza fiscale in Italia sono:

•l'iscrizione nelle anagrafi comunali della popolazione residente

•il domicilio nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 43, comma 1, del codice civile

•la residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 43, comma 2, del codice civile.

Dal dettato testuale della norma emerge chiaramente che i suesposti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti: è pertanto sufficiente il verificarsi di uno solo di essi affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia. In tal caso, pertanto, occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio, per il richiamo espresso del citato articolo 2, comma 2, del Tuir, e all'interpretazione che di esse ha fornito la Corte di cassazione.

La residenza è definita dal codice civile come "il luogo in cui la persona ha la dimora abituale". Pertanto, è possibile affermare che essa è determinata dall'abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono a instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l'elemento soggettivo della volontà di rimanervi, la quale, estrinsecandosi in fatti univoci evidenzianti tale intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento (Cassazione, sentenza 791/1985). Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che, affinché sussista il requisito dell'abitualità della dimora, non è necessaria la continuità o la definitività (Cassazione, sentenze 2561/1975, 5292/1985). Cosicché l'abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del territorio dello Stato, purché conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l'intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (Cassazione, 1738/1986). Secondo quanto previsto dall'articolo 43 c.c., il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito "la sede principale dei suoi affari ed interessi".

La documentazione richiesta dalla prassi convenzionale

Se viene applicata una Convenzione che prevede un trattamento più favorevole rispetto al Dpr 600/1973 (ovvero che non contempla l'imponibilità del reddito del percettore in Italia, escludendo quindi l'obbligo di ritenuta, o che determina la ritenuta a un'aliquota inferiore), tale trattamento sarà applicato dal sostituto d'imposta previa consegna, da parte del prestatore di servizi, di un attestato dell'autorità fiscale straniera certificante l'esistenza delle condizioni richieste ai fini dell'applicazione del regime convenzionale, ovvero la residenza fiscale nello Stato estero e l'imponibilità in tale Stato dei redditi a questo imputabili. Inoltre, il prestatore dovrà consegnare al sostituto d'imposta una dichiarazione relativa al periodo di complessiva permanenza in Italia nell'anno solare e la dichiarazione di non possedere in Italia una stabile organizzazione o base fissa.

Assenza di una Convenzione e finalità della documentazione

Ove non sia presente una Convenzione contro le doppie imposizioni e il sostituto non ritenga di dover effettuare la ritenuta, la risoluzione ministeriale prot. 762 del 3 febbraio 1977, per il caso di una prestazione di lavoro autonomo, precisa che il sostituto d'imposta "dovrà acquisire la necessaria documentazione (certificato dell'autorità straniera attestante che il professionista è residente ai fini fiscali nello Stato estero, dichiarazione del beneficiario di aver effettuato la prestazione a favore della impresa italiana nello Stato estero) … per giustificare la mancata trattenuta sulle somme corrisposte al professionista in parola e non incorrere, quindi, nella responsabilità che la vigente legislazione addossa al sostituto d'imposta". La risoluzione ha anche evidenziato "l'opportunità che le imprese nazionali che versano all'estero somme a professionisti ivi residenti per prestazioni effettuate nello Stato straniero avvertano i professionisti stessi che è nel loro interesse produrre la menzionata documentazione la cui acquisizione è condizione necessaria per la non effettuazione della ritenuta".

Fonte: Agenzia Entrate

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