Ho una domanda in merito alla notifica di atti tributari per gli italiani residenti all'Estero.Sono una cittadina italiana residente in Belgio ed iscritta all AIRE dall'Ottobre 2005.Durante un mio recente viaggio in Italia, mi sono recata presso gli uffici della pubblica amministrazione per regolare la mia posizione sull' ICI per la prima casa, la cui tassa per l'anno scorso non era stata saldata in vista delle numerose modifiche ed interpretazioni sulla sua applicabilita' agli italiani residenti al'estero.Alla mia domanda sul perche' non mi fosse stato notificato il mancato pagamento, con mia sorpresa mi e' stato riferito che la pubblica amministrazione non si occupa di inviare notifiche di atti tributari ai cittadini residenti all'estero, poiche' non risultano piu residenti nel comune italiano, e che le notifiche sarebbero state inoltrate nel momento in cui sarei tornata ad abitare in Italia ed abbia ripreso residenza nel mio vecchio comune. Considerando che la mia iscrizione all Aire comporta il dovere da parte mia di indicare un indirizzo valido di residenza all'estero, mi chiedo se questo non possa essere abbastanza per ricevere eventuali notifiche di atti tributari? Esiste un modo per 'costringere' la pubblica amministrazione ad inoltrare eventuali notifiche presso il recapito estero?

1 commenti:

Il Commercialista in Rete ha detto... 7/3/09 18:55

Corte Costituzionale 7 novembre 2007 n. 366

La disciplina delle notificazioni in generale, ed in particolar modo di quellein ambito tributario, è da alcuni anni in continua evoluzione. Le repentine trasformazioni discendono non solo dagli interventi messi in atto dal legislatore, ma anche (e soprattutto) dai notevoli apporti giurisprudenziali, che hanno limato qua e là le asperità legislative, o sopperito aivuoti normativi delineando nuovi percorsi interpretativi, come ad esempio in materia di vizi di invalidità delle operazioni di notifica.In quest’ottica non sono mancati gli apporti della Corte Costituzionale, tesa per sua funzione a garantire che le disposizioni di legge non violino i precetti costituzionali. In materia di notifiche vengono in rilievo, in particolare, la tutela dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, senza alcuna disparità di trattamento tra contribuenti (art. 3 Cost.) e il pienoesercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.).Proprio un recente intervento della Consulta in materia di notifica di atti a cittadini italiani residenti all’estero (sent. n. 366 del 7 novembre 2007), appare destinato a far discutere in dottrina e tra gli operatori del diritto, non tanto per il pronunciamento di illegittimità di alcuni commi degli artt. 58 e 60 DPR 600/73 e 26 DPR 602/73 - sicuramente non inatteso e del tutto condivisibile - quanto per il fatto che esso si innesta in un quadro normativo modificato di recente dal legislatore, in modo del tutto peculiare, e sulle cui modifiche il Giudice delle leggi non si è potuto esprimere, trattandosi di argomento non oggetto di esame in quel giudizio. Il quadro di risulta, come si vedrà, appare non del tutto organico e forse suscettibile di ulteriori interventi; si profila infine delicato nella sua concreta applicazione.

L’impianto di base in tema di notifiche tributarie prevede una disciplina di carattere speciale, regolata dall’art. 58 del DPR 600/73 e imperniata sulla notificazione degli atti tributari nel territorio dello Stato ove si è prodotto ilreddito. In virtù di tale principio, e fino alla riforma operata dal legislatore nel 2006, la situazione del contribuente residente all’estero e iscritto all’AIRE (l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero) era parificata a quella del contribuente che non ha abitazione, ufficio o azienda nel domicilio fiscale.Ai fini delle regolarità della notifica, si imponeva di eseguire la notifica a lui destinata solo mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale (delluogo in cui si era prodotto il reddito) e l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo dello stesso comune (art. 60 primo comma lett. e) ).La chiusura del sistema era data dalla lettera f) del medesimo articolo, in forza del quale “le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151del codice di procedura civile non si applicano”.Il legislatore tributario, così facendo, escludeva il ricorso alle procedure dinotifica ai residenti all’estero prescritte per il rito civile, consistenti nella notifica effettuata tramite Consolato in applicazione di convenzione internazionale, oppure nell’affissione di una copia all’albo dell’ufficio giudiziario, nell’invio dialtra copia con raccomandata e contestuale consegna al P.M. di una terza copia per la trasmissione dell’atto al Ministero degli Affari Esteri, che ne cura la consegna al destinatario.

L’esclusione di tali procedure in materia fiscale era talmente imperativa, da far ritenere dalla giurisprudenza come “inesistente”, e dunque, non sanabile, una notifica effettuata con detti mezzi. Tuttavia, la procedura di notifica in Italia (deposito dell’atto nella casa comunale e affissione all’albo) degli atti destinati ai cittadini italiani residenti all’estero, prevista dal citato art. 60 comma 1 lett. e) ha iniziato pian piano a mostrare tutti i suoi limiti, specie in concomitanza con l’aumento dell’attività di accertamento nei confronti di cittadini italiani residenti all’estero. Sono infatti cresciute in via esponenziale le impugnazioni di atti da parte dei destinatari che, in mancanza di notificazioni o altri avvisi presso la residenzaestera, solo in via occasionale si accorgevano dell’esistenza di un attoimpositivo, il più delle volte all’esito di procedure di esecuzione forzata esperite su immobili di loro proprietà, situati in territorio italiano.L’esigenza di assicurare l’effettiva conoscenza degli atti tributari ai destinatari degli stessi si è poi imposta prepotentemente con l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, meglio conosciuta come “Statuto del contribuente” .Per cercare di ovviare al problema, l’allora Ministero delle Finanze, Direzione Centrale Riscossione, aveva emanato la circolare n. 16 del 27 gennaio 2000 con la quale - nell’imminenza del varo dello Statuto - “consideratal’esigenza di assicurare in modo tempestivo ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato una conoscenza effettiva, e non solo legale, degli attitributari ad essa diretti”, invitava gli uffici che avevano emanato gli atti “a darne comunicazione al destinarario medesimo all’indirizzo del paese estero di residenza, con avviso da inoltrare con posta ordinaria”.Va chiarito che tale comunicazione, in assenza di precise disposizioninormative, aveva mere finalità informative e, quindi era assolutamente priva di effetti legali, che discendevano, invece, esclusivamente dal compimento delleformalità di cui al citato art. 60 comma 1 lett. e) del D.P.R. n. 600/73.

Com’è noto, con il D.L. 4 luglio 2006 n. 223, meglio conosciuto come decreto “Visco-Bersani”, sono state introdotte rilevanti modifiche in tema di notificazione degli atti tributari, tra le quali la cristallizzazione del principio - cheormai si era fatto strada - della notifica degli atti tributari ai cittadini italiani residenti all’estero, presso la residenza estera.Il legislatore, con l’ articolo 37, comma 27, del D.L. 223/2006 (convertito in legge n. 248/2006) ha aggiunto al comma 1, dell’art. 60 DPR 600/1973, la lettera e-bis, traducendo in norma un cammino già avviato a livello di prassi, rispondendo inoltre alle sollecitazioni provenienti dalle istituzioni europee, per un rapido adeguamento della disciplina ai principi del diritto comunitario. La nuova lettera e-bis, attribuisce al contribuente la facoltà di comunicareal competente ufficio locale l’indirizzo estero dove intende ricevere la notificadegli atti tributari che lo riguardano.La possibilità di avvalersi di siffatta facoltà presuppone che il contribuentenon abbia la residenza in Italia, non vi abbia eletto domicilio (ai sensi della lettera d) dell'articolo 60, primo comma, DPR n. 600 del 1973) e non vi abbia costituito un rappresentante legittimato a ricevere, in sua vece, la notifica degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano.Qualora il contribuente intenda avvalersi della predetta facoltà, la notificazione degli atti tributari verrà effettuata con “spedizione a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento” all’indirizzo estero comunicato, fattasempre salva la possibilità che l’atto o l’avviso stesso venga consegnato in maniproprie del destinatario.Il predetto intervento normativo mantiene dunque ferma l’inapplicabilità al rito tributario dell’art. 142 del C.p.c., introducendo una peculiare forma di notifica dell’atto ai residenti all’estero, piuttosto snella, e consentendone l’utilizzo soltanto per quei cittadini che si siano avvalsi della facoltà dicomunicazione dell’indirizzo estero all’amministrazione finanziaria.In altri termini, l’Ufficio è obbligato per legge a tale nuova forma dinotifica solo in caso di previa e formale comunicazione pervenuta dal cittadino residente all’estero, rimanendo in tutti gli altri casi legittimato ad effettuare le procedure di cui all’art. 60 comma 1 lett. e), ossia il deposito nella casa comunale e successiva affissione all’albo (procedura, quest’ultima, applicabile fino al recentissimo intervento della Consulta, di cui si dirà oltre).Tant’è che con circolare 28/E del 4 agosto 2006 è stato precisato che “...posto che la comunicazione in parola costituisce per il contribuente una facoltà, nel caso in cui questi non intenda avvalersene l'ufficio locale notificherà gli atti secondo le ordinarie procedure previste dalle vigenti disposizioni normative, attenendosi alle istruzioni a suo tempo impartite con circolare n. 16/E del 27 gennaio 2000”.Prima dell’intervento della Consulta il sistema scaturente dalla riforma – al di là di ogni valutazione sulla residua compressione del principio costituzionale di effettiva conoscenza - presentava una certa organicità: soltanto nei confronti del contribuente “virtuoso”, che si avvaleva della facoltà di “comunicazione espressa” all’ufficio dell’indirizzo estero, era fatto obbligo perl’amministrazione di notificare l’accertamento presso tale residenza. Per tutti gli altri rimaneva in vigore l’originaria notifica presso la casa comunale, ex art. 60comma 1 lett. e), senza che il contribuente potesse dolersene.

Con la recente sentenza n. 366 i giudici costituzionali, trovandosi a dover scrutinare le norme tributarie nell’assetto precedente alla novella introdotta dal D.L. n. 223/06, richiamando altre proprie pronunce - da ultimo la n. 360 del 19dicembre 2003 - hanno avuto modo di affermare che l’esigenza di garantire al destinatario dell’atto da notificare l’effettiva possibilità di una tempestivaconoscenza dell’accertamento notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto didifesa, costituisce un limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore. Per il giudice delle leggi, gli artt. 58 commi 1 e 2, secondo periodo, e 60,comma 1 lettere c), e) ed f) del DPR 600/73, censurati dai giudici tributaririmettenti, violano detto limite, perché, “…equiparando la situazione del contribuente residente all’estero e iscritto nell’AIRE a quella del contribuente che non ha abitazione, ufficio o azienda nel comune del domicilio fiscale, impongono di eseguire le notificazioni a lui destinate solo mediante il depositodi copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo dello stesso comune”.Il sistema normativo, prosegue la Corte, non garantisce “…al notificatarionon più residente in Italia l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, senza che a tale diminuita garanzia corrisponda un apprezzabile interessedell’amministrazione finanziaria notificante a non subire eccessivi aggravi nell’espletamento della procedura notificatoria”.Invece, le modalità di notificazione previste in via generale dall’articolo 142 del Codice di procedura civile – continua la Corte - assicurerebbero al notificatario l’effettiva conoscenza dell’atto a lui destinato, imponendo all’Amministrazione finanziaria di espletare la non troppo gravosa procedura di notifica presso la residenza estera risultante dall’AIRE.

I giudici hanno poi affermato, incidender tantum, che il legislatore nel2006 ha inteso “limitare” l’inconveniente, modificando il regime della notificadegli atti tributari ai cittadini italiani residenti all'estero.Pur non entrando nel merito della costituzionalità dell’interpolazione effettuata - estranea al pronunciamento – la Corte costituzionale non si è potuta esimere dal rilevare che il legislatore ha seguito la “diversa via”(rispetto all’art. 142 C.p.c.) della spedizione a “mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento” dell’atto tributario all’indirizzo estero che il contribuente ha facoltà di comunicare al competente ufficio locale. Ha chiarito che in tal modo, nel caso di iscrizione del contribuente all’AIRE, l’applicazione della disciplina censurata dal giudice rimettente resta circoscritta all’ipotesi in cui il contribuente abbia omesso di indicare al competente ufficio locale l’indirizzo estero per la notificazione degli atti tributari.La Corte ha concluso per l’illegittimità costituzionale del dettato normativo “…nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione all’AIRE, che le disposizioni contenute nell’art. 142 del codice di procedura civile non si applicano”.


Fonte: Fisac

 
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