È soggetto Irap il consulente fiscale che esercita la propria professione con l’ausilio di un solo assistente e che svolge un’attività produttiva rispondente ai requisiti di autonoma organizzazione. Spetta al contribuente che chiede il rimborso dimostrare di non trovarsi nella condizione che richiede l’applicabilità della norma.

Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza n. 29146 dell’11 dicembre 2008.

 

Il fatto

A seguito di sentenza di primo grado favorevole al contribuente, la competente Commissione tributaria regionale respingeva l’appello dell’ufficio fiscale, che aveva disconosciuto il rimborso dell’Irap versata per gli anni 1998-2001 a un libero professionista, esercente attività di consulente fiscale. Il giudice dell’appello, in particolare, negava la sussistenza di struttura organizzativa nonostante avesse accertato che il contribuente esercitava la professione “con l’ausilio di un solo collaboratore”.

Avverso la sentenza del riesame, l’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione. I motivi di impugnazione con i quali l’Amministrazione censurava il giudicato sfavorevole erano due:

violazione della normativa istitutiva dell’imposta regionale sulle attività produttive (sotto il profilo del presupposto impositivo)

vizi di motivazione.

 

La Suprema corte, decidendo la vertenza nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo del professionista sulla scorta delle seguenti considerazioni di diritto.

 

La decisione della Cassazione

Il Collegio ha ritenuto fondata la censura della violazione della normativa istitutiva dell’Irap sotto il profilo del presupposto impositivo, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha negato l’assoggettamento al tributo sostanzialmente per mancanza di struttura organizzativa, non è conforme al consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, in base al quale (articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera c), del Dlgs 446/1997) l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 49, comma 1, del Tuir è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata (ex plurimis, sentenze nn. 3673, 3676, 3678, 3680, 5011 del 2007).

 

Ad avviso della Corte, ricorre il requisito dell’“autonoma organizzazione” al verificarsi delle seguenti condizioni:

che il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse

che lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Di conseguenza, costituisce onere del contribuente che richiede il rimborso dell’imposta, asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni elencate.

 

L’autonoma organizzazione

La questione dell’imposizione all’Irap del lavoro autonomo, che ha dato luogo a un’accesa disputa sin dal momento della sua istituzione tra contribuenti e Amministrazione finanziaria, registra un recente intervento della stessa Cassazione (sentenza 27959/2008), laddove il giudice di legittimità argomenta che non ha ragione di sussistenza il rilievo secondo cui “qualsiasi attività di lavoro autonomo implica comunque organizzazione”, come pure è destituito di fondamento l’altro postulato che privilegia l’esonero dal tributo per tutte le categorie professionali “protette” sulla scorta di una pretesa “insostituibilità” della figura del professionista e del suo intuitus personae.

 

Per la Suprema corte, infatti:

il presupposto impositivo (valore aggiunto prodotto o Vap tassabile) esige un “contesto organizzativo autonomo” quale “struttura di supporto” (ad esempio, dipendenti, segretaria, collaboratori, studio personale attrezzato, eccetera, che sia in grado di realizzare un “incremento potenziale” alla produttività propria dell’“auto organizzazione” del lavoro personale)

restano esclusi dal raggio di azione dell’Irap quei fattori di produzione trascurabili e marginali che - secondo il comune sentire - appaiono incapaci di fornire un effettivo quid pluris al lavoratore autonomo (come libri, cellulare-fax, mezzo personale di trasporto, computer, abitazione-studio, eccetera)

è compito di ogni giudice di merito valutare caso per caso il requisito dell’autonoma organizzazione, con un mero accertamento di fatto, al tendenziale fine di individuare l’“eventuale surplus” che crea valore aggiunto rispetto alla sola attività intellettuale.

È in effetti con la sentenza 156/2001 che la Corte costituzionale ha dichiarato che l’assoggettamento all’Irap del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, è pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva, essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta. Tuttavia, la Consulta, mentre ha ritenuto l’elemento organizzativo connaturato alla nozione di impresa, ha previsto la possibilità di ipotizzare attività professionali svolte in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui.

A seguito della pronuncia della Corte costituzionale, si è posto il problema di individuare per i lavoratori autonomi la nozione di attività autonomamente organizzata, da cui ne è scaturito il dibattito non ancora sopito.


Fonte: Agenzia Entrate

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