Nel processo tributario, il presupposto dell'autorizzazione del responsabile del servizio del contenzioso della dr Entrate alla proposizione dell'appello da parte dell'ufficio locale contro la sentenza di primo grado, imprescindibile condizione di ammissibilità del gravame, ricorre anche quando la firma del relativo atto risulti illeggibile. Ciò che conta è la possibilità di ricondurlo a un soggetto abilitato a sottoscriverlo per conto del responsabile dell'ufficio competente.

A tali conclusioni è pervenuta la Corte di cassazione con la sentenza n. 26466 del 4 novembre 2008.

La controversia

Un contribuente impugnava davanti alla Ctp una cartella esattoriale emessa in seguito all'iscrizione a ruolo per Irpef e Ilor non versate.

I giudici di primo grado accoglievano il ricorso.

L'appello presentato dall'ufficio delle Entrate veniva dichiarato inammissibile dai giudici di secondo grado, sul presupposto che il ricorso non recava la sottoscrizione del responsabile del servizio, ma di un suo delegato, con l'apposizione di una semplice sigla che non ne consentiva l'identificazione.

L'Agenzia ha dunque proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell'articolo 52, comma 2, del Dlgs 546/1992, dal momento che i giudici di secondo grado, dichiarando inammissibile il gravame, non avevano adeguatamente considerato che la sottoscrizione di un atto presenta una finalità meramente identificativa del soggetto cui il documento è riferibile. Inoltre, tale funzione è pienamente soddisfatta anche da una semplice sigla, quando è comunque possibile risalire all'ufficio cui compete il potere di emanare l'atto nonché la persona legittimata a esercitare quel potere.

La sentenza

La Suprema corte ha accolto il ricorso dell'Amministrazione, cassando con rinvio la decisione impugnata ed evidenziando che il presupposto processuale dell'autorizzazione alla proposizione dell'appello principale da parte dell'ufficio locale, ricorre anche in caso di sottoscrizione illeggibile del documento di autorizzazione.

L'illeggibilità non determina, infatti, la nullità del documento, non essendo preclusa la possibilità d'identificazione del soggetto indicato come autore dell'atto e la sua riferibilità a soggetto abilitato a sottoscriverlo, anche per conto del responsabile dell'ufficio competente.

La sentenza, in linea con il costante e consolidato orientamento dei giudici di legittimità (cfr Cassazione, sentenze nn. 9600/2007, 19673/2004, 18878/2004, 15048/2004), offre lo spunto per alcune brevi considerazioni sull'istituto dell'autorizzazione alla proposizione dell'appello principale rilasciata agli uffici periferici dell'agenzia delle Entrate dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione regionale (articolo 52, comma 2, Dlgs 546/1992).

La Suprema corte ha evidenziato (cfr sentenza n. 10239/2001) le molteplici finalità alla base della predetta disposizione normativa, dovendosi riconoscere all'istituto dell'autorizzazione più funzioni:

interna all'Amministrazione, volta a garantire il controllo gerarchico di natura preventiva circa 'opportunità di proseguire il contenzioso

esterna, in quanto permette al contribuente d'individuare nell'Amministrazione finanziaria nel suo complesso il suo contraddittore, evitando il rischio di personalizzazione delle controversie

deflativa, in ossequio ai principi di economicità e buon andamento che devono regolare l'azione amministrativa, in quanto la medesima è preordinata alla realizzazione di un'oggettiva economia di giudizi evitando che si possano coltivare contenziosi dall'esito scontato, che espongono l'Amministrazione a una possibile condanna alle spese processuali in caso di soccombenza.

Gli effetti che si determinano senza detta autorizzazione si traducono nella declaratoria d'inammissibilità del gravame (nonostante una tale conseguenza non sia espressamente prevista dalla norma). L'autorizzazione all'appello, infatti, si configura come legitimatio ad processum e quindi è presupposto di validità del processo. Pertanto, la sua mancanza incide sulla capacità di stare in giudizio della parte processuale e determina l'inammissibilità dell'appello (cfr Cassazione, sezioni unite, sentenze nn. 6633/2003, 5604/2003, 10239/2001), rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

In tale ottica si comprendono le ragioni per cui la Suprema corte ha sancito che il giudice tributario ha il potere di verificare d'ufficio, sia in grado di appello che nel giudizio di cassazione, l'esistenza e la validità dell'autorizzazione trattandosi, appunto, di una condizione di ammissibilità del gravame, "senza che il controllo operato dall'organo giudicante circa l'avvenuto rispetto delle norme amministrative di azioni disciplinanti l'iter burocratico inteso al rilascio dell'autorizzazione, e la relativa decisione impinga nel difetto di giurisdizione, in quanto il giudice tributario ha il potere di risolvere incidentalmente le questioni attribuite alla competenza giurisdizionale di altro giudice, quando da tale risoluzione dipenda la decisione sull'oggetto del giudizio" (cfr Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 6633/2003).

Va tuttavia posto in evidenza che a determinare l'inammissibilità del gravame dell'ufficio finanziario periferico, per difetto di legittimazione processuale è unicamente la mancanza effettiva dell'atto di autorizzazione, non la sua irregolarità, o invalidità.

In tali ultime ipotesi, infatti, la Commissione regionale non solo può ordinare il deposito dei documenti necessari per la decisione della controversia (articolo 7, comma 3, Dlgs 546/1992), tra cui la delega eventualmente conferita dal responsabile ad altro funzionario, ma "deve invitare l'ufficio appellante a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi, a norma del comma 1 dell'art. 182 del codice di procedura civile, incidendo la mancanza della delega eventualmente conferita dal responsabile medesimo ad altro funzionario e la non leggibilità della sottoscrizione dell'atto di autorizzazione, sulla regolarità ed efficacia della costituzione della parte" (cfr Cassazione, sentenza n. 6633/2007).

È da escludersi, invece, che la mera illeggibilità della sigla apposta in calce al documento di autorizzazione sia inidonea all'identificazione del sottoscrittore e quindi determini la mancanza o l'invalidità dell'autorizzazione, poiché "una volta che tale autorizzazione risulti depositata, il giudice non può, in assenza di specifica contestazione del contribuente appellato, sindacare - anche nel caso di sottoscrizione illeggibile - la riferibilità di tale autorizzazione all'organo competente, dovendo presumersi - fino a prova contraria - la sussistenza del relativo potere in capo al funzionario che l'abbia rilasciata. Ciò in quanto l'illeggibilità della sottoscrizione non comporta la nullità del documento essendo, comunque, consentita la possibilità dell'identificazione del soggetto indicato come autore dell'atto e l'individuazione della provenienza dall'organo cui è attribuita la competenza".


Fonte: Agenzia Entrate

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