La questione, risolta con sentenza pronunziata l'11 dicembre nella causa C-371/07, ha origine da una controversia che oppone due società danesi al ministero danese delle imposte e delle accise. La Danfoss è una società per azioni di diritto danese che produce e vende automatismi industriali usati per la regolazione termica e frigorifera e che vende cibo e bevande al personale nelle sue mense, che sono anche usate per fornire gratuitamente pasti nelle relazioni di affari durante le riunioni che si svolgono nei locali dell'impresa e, inoltre, pasti al personale durante le riunioni lavorative di detta società. L'Astra Zeneca è un'impresa farmaceutica che, nell'ambito delle sue attività di vendita e commercializzazione, invita medici e altri professionisti sanitari a riunioni organizzate per informarli sulle patologie nonché sul posizionamento e l'uso dei suoi medicinali. I pasti sono forniti gratuitamente ai partecipanti nella mensa dell'impresa, che è peraltro usata per la vendita di cibo e di bevande al personale.
Normativa comunitaria
L'articolo 17, n. 6 della sesta direttiva dispone che: "Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all'unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Fino all'entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva". Attualmente le norme comunitarie previste dall'art. 17, n. 6, primo comma, della sesta direttiva non sono state ancora adottate, in mancanza di accordo in seno al Consiglio in ordine alle spese per le quali possa essere prevista l'esclusione del diritto alla detrazione dell'Iva.
Normativa nazionale danese
In base alla legge danese (n. 102 del 31 marzo 1967), relativa all'Iva, le prestazioni di servizi non erano in via di principio soggette all'Iva, salvo che ciò fosse espressamente previsto dalla legge. In base alla medesima normativa, anche le prestazioni di servizi fornite nell'ambito della gestione di mense nelle imprese non erano soggette alla predetta imposta; da ciò derivava che queste ultime non beneficiavano di un diritto alla detrazione dell'Iva sui relativi acquisti. L'articolo 16, n. 3, della legge sull'Iva prevedeva: "L'imposta a monte non può comprendere l'imposta sugli acquisti e operazioni equiparate riguardanti: a) il vitto del proprietario e del personale dell'impresa (…) e) la rappresentanza e i regali". Successivamente, al fine di recepire la sesta direttiva, con legge n. 204 del 10 maggio 1978, entrata in vigore il 1° ottobre 1978, e modificativa della legge sull'Iva, le prestazioni di servizi sono state in via di principio, soggette all'Iva. Per tale motivo, la vendita di alimenti e bevande ad opera delle mense gestite dalle imprese è divenuta imponibile. Non sono state tuttavia apportate modifiche in relazione alle disposizioni relative all'esclusione del diritto alla detrazione per le spese di vitto e di rappresentanza, che figurano all'articolo 16, n. 3, della legge sull'Iva.
Nel novembre 1978, il Momsnævn, (commissione amministrativa di appello competente in materia di Iva) ha deciso che la base imponibile dell'Iva sulla fornitura di alimenti e bevande nelle mense di imprese doveva essere, in ogni caso, almeno pari al prezzo di costo calcolato sulla base dei costi di produzione, vale a dire il prezzo delle materie prime, i costi salariali relativi alla preparazione e alla vendita di detti alimenti e bevande e all'amministrazione delle mense.
Sulla scorta dell'evidenziata prassi amministrativa, veniva autorizzata la detrazione integrale dell'Iva versata a monte sulla fornitura dei pasti, come confermato tra l'altro da una circolare amministrativa del 31 ottobre 1983, concernente specificatamente le mense (la cosiddetta circolare "Iva-mense"), che recepiva l'orientamento del Momsnævn.
Le modifiche alla legge sull'Iva
La legge 18 maggio 1994, n. 375, ha apportato ulteriori modifiche alla legge sull'Iva. Tuttavia, l'impianto normativo è rimasto immutato, nonostante gli esposti orientamenti amministrativi, in merito all'esclusione del diritto alla detrazione, prevista dall'articolo 16, n. 3, della legge sull'Iva, e mantenuta senza modifiche sostanziali all'articolo 42, n. 1, punti 1 e 5, dell'ultimo provvedimento normativo. Invece, sulla scorta della menzionata prassi amministrativa, veniva esclusa l'applicazione delle norme in materia di prelievi alla fornitura a titolo gratuito di pasti da parte delle mense di imprese nelle relazioni di affari e al personale durante le riunioni di lavoro. Tale esclusione era fondata sulla circostanza che la fornitura era effettuata infatti contro un corrispettivo (fittizio) corrispondente al prezzo di costo, per cui i beni o le prestazioni di servizi non potevano essere considerati come "prelevati", poiché vi è prelievo soltanto in mancanza di corrispettivo per i beni o le prestazioni di servizi.
In alcune ordinanze emesse nel 1999, il Landsskatteret (Tribunale tributario) ha invalidato la prassi amministrativa, affermando infatti che le norme generali della legge sull'Iva in materia di calcolo dell'imposta sulle vendite dovevano, per non violare la sesta direttiva, essere applicate anche alle mense gestite da imprese. L'Iva sulle vendite doveva essere stabilita sul corrispettivo effettivamente riscosso, e non sul prezzo di costo. Per le società in esame, la prassi amministrativa vigente dal 1978 comportava che l'Iva era stabilita sul prezzo di costo della fornitura dei pasti. Tutti gli acquisti destinati alle mense erano considerati come usati ai fini delle operazioni imponibili, cosicchè l'Iva che grava sugli acquisti era integralmente detraibile dall'Iva dovuta dalle mense.
La controversia dinanzi alla Corte di Giustizia
Ciò posto, il giudice del rinvio ha chiesto in sostanza se la clausola di "standstill", prevista dall'articolo 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva, consenta a una Amministrazione fiscale di opporre a un soggetto passivo l'esclusione del diritto di detrazione dell'Iva versata a monte, nella fattispecie in esame un divieto di detrarre l'imposta a monte che grava sulle spese di vitto del personale dell'impresa e sulle spese di rappresentanza, mentre tale esclusione, benché prevista nel diritto nazionale prima dell'entrata in vigore della detta direttiva, non era, in pratica, applicabile alle prestazioni fornite dalle mense, stante la mancanza di assoggettamento a Iva, (fino al 1° ottobre 1978), delle prestazioni e, successivamente, vigendo una prassi amministrativa (dal mese di novembre dello stesso anno) che tassava tali prestazioni nella misura del loro prezzo di costo in contropartita del diritto alla detrazione integrale dell'Iva versata a monte.
Il diritto a detrazione Iva secondo la costante giurisprudenza
Secondo consolidata giurisprudenza, il diritto alla detrazione previsto agli artt.17 e ss. della sesta direttiva costituisce parte integrante e principio fondante del meccanismo dell'Iva e, pertanto in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Esso si esercita immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte. Qualsiasi limitazione del diritto alla detrazione dell'Iva incide sul livello dell'imposizione fiscale e deve applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri. L'articolo 17, n.2, della sesta direttiva afferma, in termini espressi e precisi, il principio della detrazione da parte del soggetto passivo degli importi fatturatigli a titolo di Iva per i beni ceduti o i servizi prestati allo stesso, qualora tali beni o servizi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili. Il principio in esame è tuttavia temperato dalla previsione derogatoria contenuta nell'articolo 17, n. 6, della sesta direttiva e, segnatamente, al secondo comma dello stesso n. 6. Gli Stati membri sono infatti legittimati a mantenere in vigore le rispettive legislazioni interne esistenti in materia di esclusione del diritto alla detrazione alla data di entrata in vigore della sesta direttiva, finché il Consiglio non adotti le disposizioni previste dalla predetta disposizione normativa. Allo stato attuale, il diritto comunitario non prevede infatti alcuna disposizione che elenchi le spese escluse dal diritto alla detrazione dell'Iva.
La portata della deroga
Pertanto, laddove la normativa di uno Stato membro modifichi in senso restrittivo, successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, l'ambito delle esclusioni esistenti ponendosi in linea con gli obiettivi della sesta direttiva, deve ritenersi che tale normativa ricada a pieno titolo nella deroga prevista dall'articolo 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva, non configurandosi una violazione dell'articolo 17, n. 2. Viceversa, una normativa nazionale non può considerarsi in linea con la deroga consentita dall'articolo 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva, costituendo pertanto violazione dell'articolo 17, n. 2, della stessa se mira a estendere, successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, l'ambito delle esclusioni esistenti allontanandosi così dall'obiettivo di questa direttiva.
L'entrata in vigore della direttiva Ue in Danimarca
Ciò posto, in base a quanto detto in precedenza, al momento dell'entrata in vigore della sesta direttiva in Danimarca, le norme nazionali relative all'esclusione del diritto alla detrazione dell'Iva versata a monte di cui all'articolo 16, n. 3, della legge sull'Iva non erano applicabili alle prestazioni fornite dalle mense di imprese. Pertanto, l'esclusione del diritto alla detrazione di cui trattasi non era, al momento in cui la sesta direttiva è entrata in vigore in Danimarca, effettivamente applicabile alle spese relative ai pasti forniti gratuitamente dalle mense di imprese al personale e nei rapporti di affari, in ossequio ai principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
La conformità tra normativa comunitaria e nazionale
D'altra parte, come si è ricordato in precedenza, non è conforme alla normativa comunitaria una normativa nazionale che abbia l'effetto di estendere, successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, la sfera delle esclusioni esistenti, allontanandosi quindi dagli obiettivi perseguiti della più volte citate direttiva. Con riferimento alla fattispecie in esame, si evidenzia che, nell'istituire, tramite una prassi amministrativa che è rimasta in vigore dal novembre 1978 fino al 1999, un diritto alla detrazione integrale dell'Iva versata a monte relativa alla fornitura di alimenti e di bevande da parte delle mense di imprese, l'Amministrazione danese non era legittimata ad introdurre successivamente una limitazione al diritto della detrazione di tale tassa. È opportuno infatti evidenziare che, nel contesto applicativo ed interpretativo dell'articolo 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva, devono essere presi in considerazione non soltanto gli atti legislativi veri e propri, ma anche gli atti amministrativi, incluse le prassi amministrative delle autorità pubbliche dello Stato membro in questione.
Le conclusioni della Corte
Pertanto, alla luce delle precedenti considerazioni, un corretto inquadramento del predetto articolo 17, n. 6, secondo comma, impedisce ad uno Stato membro di applicare, successivamente all'entrata in vigore della direttiva, un'esclusione del diritto a detrazione dell'Iva a monte gravante sulle spese legate ai pasti forniti gratuitamente dalle mense di imprese nei rapporti di affari e al personale durante riunioni lavorative, mentre, al momento di detta entrata in vigore, tale esclusione non era effettivamente applicabile a tali spese, in vigenza di una prassi amministrativa che tassava le prestazioni fornite dalle mense nella misura del loro prezzo di costo, in contropartita del diritto a detrazione integrale dell'Iva versata a monte.
Fonte: Agenzia Entrate
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