Con la circolare n. 62/E del 29 dicembre 2008 l’Agenzia delle entrate ha fornito, alla luce dell’ordinanza della Corte di giustizia delle comunità europee del 16 gennaio 2008, chiarimenti sul trattamento tributario delle somme erogate dal datore di lavoro come incentivo all’esodo e istruzioni per la gestione del contenzioso pendente in materia.

 

Inizialmente l’articolo 19, comma 4-bis, del Tuir, nel testo valido fino al 3 luglio 2006, prevedeva l’applicazione di una aliquota agevolata sulle somme percepite a titolo di incentivo all’esodo volontario, pari alla metà di quella normalmente applicabile alle indennità di fine rapporto. Potevano usufruire di questa agevolazioni gli uomini che, al momento dell’esodo, avessero compiuto 55 anni e le donne 50.

 

Al riguardo i giudici comunitari si sono pronunciati con sentenza del 21 luglio 2005 (causa C-207/2004) valutando che il requisito soggettivo contenuto nella norma di diritto interno fosse in contrasto con i principi comunitari in materia di parità di trattamento tra uomo e donna, dettati dall’articolo 14 della direttiva comunitaria del 5 luglio 2006.

Il legislatore nazionale, uniformandosi ai principi comunitari, ha, quindi, abrogato con il decreto legge 223/2006 (articolo 36, comma 23), in vigore dal 4 luglio 2006, il comma 4-bis dell’articolo 19 del Tuir.

 

In seguito agli effetti derivanti dalla abrogazione, l’Agenzia delle entrate era intervenuta con risoluzione n. 112/E del 13 ottobre 2006, precisando che “... il legislatore ha ritenuto opportuno abrogare il comma 4-bis del Tuir, facendo salvi però i diritti di coloro che avevano già contrattato un piano incentivato di esodo”.

Con riferimento, poi, agli effetti della sentenza della Corte di giustizia della CE sui rapporti giuridici sorti nel periodo precedente all’emanazione della pronuncia, la risoluzione precisava che non potevano essere accolte le istanze di rimborso parziale prodotte dai soggetti di sesso maschile che avessero un’età compresa tra i 50 e i 55 anni al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro.

 

Successivamente, sulla questione è tornata a pronunciarsi la Corte di Bruxelles che con l’ordinanza del 16 gennaio 2008 (cause riunite da C-128/07 a C-131/07) ha ulteriormente precisato che “... il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione discriminatoria senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti della categoria sfavorita lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria”.

In virtù di quanto espresso dalla Corte Ue, l’Agenzia, con la circolare di oggi, ha chiarito che “... nei rapporti non ancora esauriti va applicata anche agli uomini (categoria sfavorita) la disciplina che era prevista per le donne (categoria favorita), non risultando più sostenibile sul punto la diversa tesi di cui alla risoluzione n. 112/E del 13 ottobre 2006.”

Pertanto, gli uffici dell’Agenzia sono stati invitati a riesaminare, caso per caso, le controversie pendenti in materia e, qualora ne ricorrano i presupposti, a provvedere, previa eventuale esecuzione del rimborso, all’abbandono del contenzioso.


Fonte: Agenzia Entrate

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