Novità in materia di imposta sostitutiva dovuta per i mutui finalizzati all'acquisto, alla costruzione o alla ristrutturazione della "prima casa".

Per effetto delle modifiche apportate dalla Finanziaria 2008 agli articoli 18 e 20 del Dpr 601/1973:

l'aliquota ridotta, pari a 0,25% dell'importo del mutuo, si applica a condizione che la parte mutuataria renda nell'atto (o in allegato al medesimo) una dichiarazione attestante che si tratta di un finanziamento erogato per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili a uso abitativo, e relative pertinenze, per i quali ricorrono le condizioni per beneficiare dell'agevolazione "prima casa" (elencate nella nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte I, annessa al Dpr 131/1986)

in caso di decadenza dall'agevolazione "prima casa", il soggetto che ha chiesto il mutuo è tenuto a corrispondere la differenza tra l'imposta sostitutiva liquidata con l'aliquota del 2% e quella già pagata in misura ridotta, oltre alla sanzione pari al 30% di questa differenza

l'ufficio competente a riscuotere la maggiore imposta sostitutiva e a irrogare la sanzione è quello presso il quale è stato registrato l'atto di compravendita con agevolazione "prima casa" e l'avviso di revoca deve essere notificato nel termine di decadenza di tre anni dal verificarsi dell'evento che ha comportato la perdita dei benefici medesimi.

Cerchiamo di ricostruire i motivi che hanno indotto il legislatore a emanare la disposizione descritta al precedente punto 2.

L'imposta sostitutiva in esame è stata introdotta dagli articoli 15 e seguenti del Dpr 601/1973 e si applica ai finanziamenti a medio e lungo termine (cioè con durata superiore a 18 mesi), in sostituzione delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali, nonché delle tasse sulle concessioni governative. Il versamento all'Erario viene effettuato da parte degli istituti di credito mutuanti (soggetti passivi del tributo), non per ogni singolo finanziamento posto in essere, ma in modo cumulativo, sull'ammontare delle somme erogate nel periodo di riferimento (un semestre), sulla base di una dichiarazione presentata all'ufficio delle Entrate.

E' consuetudine, però, che i contratti di mutuo contengano specifiche clausole con le quali gli enti finanziatori fanno gravare l'imposta sui soggetti beneficiari dei mutui medesimi.

Prima del 31 luglio 2004, l'imposta sostitutiva si applicava nella misura dello 0,25%, indipendentemente dalla finalità per la quale il mutuo veniva erogato.

Con l'entrata in vigore della legge 191/2004, che ha inserito l'articolo 1-bis nel Dl 168/2004, è stata elevata al 2% l'aliquota da applicare ai finanziamenti che non si riferiscono all'acquisto della prima casa di abitazione, con la precisazione che per beni immobili diversi dalla prima casa si intendono quelli per i quali non ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all'articolo 1 della tariffa, parte prima, del Dpr 131/1986.

Come chiarito con la norma di interpretazione autentica dettata dall'articolo 2 del Dl 220/2004, l'aumento riguardava soltanto i mutui richiesti per finanziare l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di seconde case. Per tutte le altre tipologie di finanziamenti superiori a 18 mesi, compresi quelli che si riferiscono alla prima casa d'abitazione, continuava ad applicarsi l'aliquota dello 0,25 per cento.

Da quanto premesso, risultava evidente che, se il mutuatario usufruiva dell'aliquota ridotta, il mantenimento della stessa era subordinato alle vicende tributarie legate alla compravendita dell'immobile registrato con l'agevolazione "prima casa" (o al fatto che l'immobile costruito o ristrutturato possedesse le caratteristiche necessarie per beneficiare della medesima agevolazione).

Come è noto, le agevolazioni "prima casa" consistono nell'applicazione dell'imposta di registro nella misura del 3%, anziché in quella ordinaria del 7%, e nella tassazione in misura fissa a titolo di imposte ipotecaria e catastale (attualmente pari a 168 euro per ciascuna imposta), in luogo di quella proporzionale pari, rispettivamente, al 2 e all'1% del valore dell'immobile.

Se invece l'atto di trasferimento è soggetto a Iva, l'acquirente corrisponde l'imposta usufruendo dell'aliquota agevolata del 4 per cento.

In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici "prima casa" prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, il contribuente decade dall'agevolazione e, conseguentemente, l'ufficio delle Entrate provvede a recuperare la differenza fra le imposte calcolate in misura ordinaria e quelle assolte in misura agevolata, irrogando, inoltre, una sanzione pecuniaria pari al 30% della suddetta differenza. Non si procede alla revoca dell'agevolazione qualora il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile agevolato, acquisti un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Se per la compravendita, oggetto del provvedimento di revoca, il contribuente si è avvalso di un mutuo che ha scontato l'imposta sostitutiva ridotta, la revoca si estende, ai fini fiscali, anche all'atto di mutuo, venendo meno il presupposto (l'acquisto prima casa) per l'applicazione dell'aliquota agevolata; pertanto, sarà dovuta una somma pari all'1,75% dell'importo erogato (cioè la differenza tra l'imposta sostitutiva applicata con l'aliquota del 2% e quella determinata con l'aliquota dello 0,25%).

A questo punto, però, sorgeva una difficoltà operativa, legata all'individuazione del soggetto nei confronti del quale si doveva procedere al recupero della maggiore imposta sostitutiva.

Infatti, in base alla riforma del 2004, ai tradizionali requisiti che caratterizzano il sistema dell'imposta sostitutiva (la durata del finanziamento e la qualità dell'ente finanziatore) ne veniva aggiunto un altro, quale l'effettiva destinazione del mutuo, da cui dipendeva la corretta determinazione dell'aliquota da applicare. Tale ulteriore elemento, però, come rilevato dagli operatori del settore(1), mal si conciliava con l'impianto dell'imposta in esame, in quanto, trattandosi di un elemento rientrante nella sfera soggettiva del mutuatario, trascurava il fatto che, ai sensi dell'articolo 17 del Dpr 601/1973, l'unico soggetto obbligato al pagamento dell'imposta sostitutiva è l'ente erogatore del finanziamento.

Appariva però improprio notificare al suddetto ente l'avviso di pagamento della maggiore imposta, per vicende da lui non conosciute e non direttamente controllabili.

Per superare tale criticità, gli uffici potevano ricorrere al comma 4 dell'articolo 20 del Dpr 601/1973, a norma del quale "per la rettifica dell'imponibile, per l'accertamento d'ufficio dei cespiti omessi, per le sanzioni relative alle omissioni o infedeltà della dichiarazione, per la riscossione, per il contenzioso e per quanto altro riguarda l'applicazione dell'imposta sostitutiva, valgono le norme sull'imposta di registro".

In forza di tale ampio rinvio, si poteva applicare l'articolo 57, comma 4, del Testo unico dell'imposta di registro (Dpr 131/1986), secondo il quale "l'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto a una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa", cioè, nella fattispecie in argomento, della parte mutuataria.

La Finanziaria 2008, con la modifica apportata all'articolo 20 del Dpr 601/1973, supera definitivamente i dubbi interpretativi generati dalla riforma del 2004, individuando in maniera puntuale, nell'ipotesi di revoca dei benefici, la parte mutuataria quale soggetto tenuto al pagamento della maggiore imposta sostitutiva e della relativa sanzione.

NOTE:

1) Cfr studio del Consiglio nazionale del notariato n. 75/2004/T: "Considerazioni in ordine alla nuova aliquota prevista per i finanziamenti a medio/lungo termine". Secondo lo studio, stante la diversità tra soggetto passivo dell'imposta sostitutiva e soggetto a cui è imputabile la decadenza dall'agevolazione "prima casa", laddove la decadenza sia imputabile a comportamenti successivi e non a dichiarazioni mendaci, appariva discutibile il recupero della maggiore imposta da parte dell'Amministrazione finanziaria, in aggiunta a quella già pagata dall'istituto di credito.

Fonte: Agenzia Entrate - Eugenio De Pisi e Remigio Romani

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